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Da sempre avvolta nel mistero: villa Salerno nascosta sulla via da Palermo a Monreale

Ha una lunga storia la villa seicentesca che un tempo godeva di un enorme parco adornato di statue, fontane e ninfei: andiamo alla scoperta di questo monumento

  • 5 febbraio 2019

Villa Salerno - Pietratagliata vista dall'alto

Nel quartiere Mezzomonreale di Palermo si trova Villa Salerno Santa Margherita, ormai abbandonata da almeno quarant'anni.

Chi passa da quelle parti in auto per andare alla Rocca o a Monreale, neanche si accorge di questo gioiellino perché coperto da un muro e da alcuni alberi, solo i residenti della zona, appassionati o storici si chiedono da tempo che fine farà questa splendida villa abbandonata.

L'interessante edificio si trova nella parte alta del Corso Calatafimi al numero civico 634 (sopra la Circonvallazione, praticamente di fronte alla via Pietragliata Santa Margherita).

Tante sono le storie che ruotano attorno all'edificio, negli vari anni si è detto che sarebbe dovuto diventare un hotel di lusso, poi che sarebbe stata restaurata per diventare una villa da ricevimenti, poi ancora che sarebbe dovuta essere venduta a degli estimatori stranieri. Tutte leggende. Lo stato dell'arte è l'abbandono.

Villa Salerno costituisce uno dei più estesi edifici dell'agro Palermitano ed è, probabilmente, il rifacimento di un preesistente edificio seicentesco.
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La sua storia documentata, nulla si conosce degli originari proprietari, inizia nei primi anni del Settecento, quando, nel 1722, la villa fu acquistata dal generale Oliviero Wallis, comandante delle truppe austriache in Sicilia.

Per la severa monumentalità delle sue forme è uno degli esempi più significativi di edilizia da villa del tardo Seicento. Wallis poté godere di questa bella residenza suburbana solo durante il decennio del governo austriaco; dopodiché, allontanatosi definitivamente dalla Sicilia, la rivendette al principe di Santa Margherita, Tommaso Palermo, il quale ne definì la costruzione attorno al 1737.

Costruzione che però non venne mai portata a termine, come si nota da una certa incompiutezza della facciata e soprattutto del retroprospetto, rimasto sempre grezzo.

Evidenti caratteri di architettura secentesca vanno ricercati nel maestoso impianto della costruzione e in alcuni elementi stilistici propri dell’epoca, quali le due eleganti volute di raccordo fra la loggia e i corpi di fabbrica laterali.

Una mole imponente, contenuta entro linee semplici e severe, si alleggerisce nell’agile slancio del loggiato centrale, incassato a filo di facciata, originariamente aperto e ideato quale elegante raccordo fra le due ali affiancate dell’edificio.

La villa rappresenta un "unicum" nell’architettura suburbana di Palermo, sia per l’inconsueto impianto planimetrico (che non prevedeva la presenza di corpi bassi attorno alla corte murata), sia per l’originale linguaggio figurativo, fatto di solidità e armonia delle proporzioni.

La parte del retroprospetto, rimasta come già detto incompiuta, appare spoglia e quasi dimessa. Grande cura invece fu posta nella recinzione del parco retrostante la villa, ideata in funzione quasi scenica, con un un’alta ringhiera ricopiata, su scala maggiore, sulla balaustra di villa Rammacca a Bagheria.

Questo parco, un tempo adornato di statue, fontane e ninfei era attraversato nel senso della lunghezza da un "berceau" su pilastri di tufo, al di là del quale si stendeva un vasto frutteto ripartito in settori che variavano secondo il mutevole andamento del terreno: il parco con flora e frutteto erano attraversati da un grande viale rettilineo, in asse con la villa.

Oggi, naturalmente, questo giardino è scomparso, con tutta la sua pace bucolica.

Lasciata in abbandono dai suoi dimenticati proprietari per decenni, la villa è stata privata di gran parte del parco, dove sono sorti, negli anni Ottanta del novecento, complessi condominiali di edilizia sovvenzionata.

*Informazioni storiche tratte dai libri: "Palermo la Città ritrovata - Itinerari fuori le mura" di Adriana Chirco e "Bagli e Ville di Palermo e dintorni - Conca D'Oro e Piana dei Colli" di Giulia Sommariva, entrambi editi da Dario Flaccovio Editore.
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