MISTERI E LEGGENDE
“Cu niesci arriniesci!”: ecco il siciliano che sbancò a Parigi grazie al gelato e a un cafè
Quest'uomo, Procopio dei Coltelli, aveva la testa che funzionava e, il tempo di imparare il francese, apre nel 1686, quindi a 35 anni, il caffè più famoso e più antico di Parigi
Francesco Procopio dei Coltelli
«Ma io a vogghio!». «Teccà, mancia! Lo vedi appena t’allordi a magliettina... prima ti scanno io e poi, appena arrivamo a casa, ti faccio dare u resto da tuo padre. Io no ca pozzu fare lava e stendi, lava e stendi...».
Chi a Palemo non ha mai assistito a questa scena sta mentendo spudoratamente! Ma lasciamo stare lì mamma e figlio e facciamoci una passiata in via Maqueda. Proprio in questa via, all’altezza di palazzo Quaroni, all’interno dell’aria omonima ristrutturata qualche anno fa, nel 2017 viene intitolata una piazza ad un signore chiamato Francesco Procopio Cutò, meglio conosciuto dai suoi contemporanei come Procopio dei Coltelli.
Ecco, se non fosse stato per questo signore non avreste mai potuto assistere alle scena descritta sopra, ma nemmeno arrifriscarvi la dentiera quando d’estate, per il caldo, cadono gli uccelli morti (beato cu sa scapulìa) e voi vi liccati u cono. Che ci crediate o no - ma tanto a cu ci interessa -, questo, anche se non è proprio così e lo vedremo, è l’uomo che inventò il gelato.
L’unica cosa che si sa di sicuro è che viene battezzato il giorno dopo (cioè il 10 febbraio), nel complesso parrocchiale di Sant’Ippolito di Palermo, che è una chiesa che se scendete al mercato del Capo, venendo da Porta Carini, e chiedete a qualcuno piedi piedi, ve la fa trovare a una manciata di passi sulla sinista (professionale sta descrizione della chiesa ah?!).
Il documento del battesimo, ancora conservato negli archivi, è intestato a Francesco Procopio di Cutò (quindi il cognome quello era): il perché della questione Cutò/Dei Coltelli lo spieghiamo qualche rigo più in basso se avete la pacienza di leggere. Invece, tornando un attimo alla questione della natalità, sulla quale non voglio mettere mano perchè se scrivo che è nato a Palermo gli amici trezzoti, giustamente, mi dicono “mbare ma chi spacchio dici!?”, se dico al contraio i palermitani... lassamu perdere.
L’unica domanda che mi riservo è: che cosa mangiava lo scecco dei genitori di Francesco Procopio, visto che in 24 ore da Aci Trezza lo porta a Palermo e già sono tutte cose pronte per il battesimo, compresi gli invitati? Comunque, spieghiamo meglio, non che è proprio inventò il gelato, si dice così come si dice che Cleopatra era bella; Cleopatra bella era?
Andatevi a leggere gli studi sulla moneta ritrovata e vedete ca pareva Antonio de Curtis, in arte Totò, ca’ parrucca. Diciamo piuttosto che, siccome Procopio a vent’anni emigrò dalla Sicilia per andare a Parigi, diffuse la raffinata arte del gelato, già viva nella nostra terra, in tutta la Francia.
E proprio mettendo piede in Francia che si arrovellerà il rebus linguistico (‘mpapocchio diremmo noi) che, artocigliandosi come un seprente mitologico tra fisica e metafisica, porterà alla transizione che trasformerà Cutò in “Dei Coltelli”.
La parola coltelli, infatti, in francese si scrive “couteaux” e si pronuncia quasi uguale a Cutò (e pure noi non babbiamo quando diciamo cuté-ddu); portemmo quindi dire che ai francesi, solo perchè il mischino si chiamava Cutò, gli parse che questo in qualche modo doveva essere una sorta Giorgio Mastrota del tempo che vendeva coltelli o peggio ancora che era arrivato l’arrotino.
Avutru che cuteddi, quello aveva la testa ca funzionava e, il tempo di insegnarsi anticchia i francese, apre nel 1686, quindi a 35 anni, Le Cafè Procope, il caffè più famoso e più antico di Parigi e forse d’Europa. In men che non si dica diventa un’istituzione e fra i clienti che lo frequenteranno possiamo citare addirutta Voltaire, Balzac, Napoleone, Robespierre, Hugo, Diderot, Benjamin Francklin e Garibaldi.
No, babbìo, Garibaldi no; ma siccome unni andava andava quello aveva l’abitudine di farsi una pennichella, vedi tutte le targhe riportano “qui ha dormito Garibaldi”, potremmo assurgere che: o non è improbabile che magari pure là un pezzo di sonno se lo è fatto, oppure, tesi molto più probabile soffriva di narcolessia. Garibaldi a parte, anche se Procopio dei Coltelli non può dirsi il vero inventore dei gelati, si può certo dire che fu grande innovatore; il suo locale, infatti, era pieno così, tanto che, come usiamo dire noi, manco i picciuli si poteva contare.
Se non gli possiamo appioppare la stella di inventore gli possiamo certo attaccare quella di visionario: ebbe infatti l’intuizione di correggere i gelati con lo zucchero al miele e un pizzico di sale (che rende sempre tutto meno sdignuso). Al cafè de Procope, inoltre, venivano servite granite di vari gusti; e pure se i francesi lo trovavano geniale, vaglielo dire agli arabi cosa era lo Sherbet che loro già accucchiavano unendo ghiaccio, limone e zucchero.
Insomma, se non possiamo considerare Francesco Procopio dei Coltelli (stu nome mi piace troppo assai) un Cagliostro dedito all’imprenditoria, possiamo sicuramente affermare che fu l’incarnazione del detto: “Cu niesci arriniesci!”
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