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Come nasce (e cresce) l'unghia del sarto: e pensare che in Sicilia l'avevano solo i nobili

In Sicilia, così come in Cina, l'unghia del sarto era un tratto distintivo della classe nobiliare e del "dolce far niente": vi raccontiamo origini ed evoluzione di un antico vezzo

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 18 aprile 2022

Una scena del film "Grosso guaio a Chinatown"

Secondo uno studio condotto dalla facoltà di ricercologia applicata dell’Università dell’Oaglio, l’87% delle donne preferisce l’uomo con l’unghia del sarto, il restante 13% opta per un piatto di pasta asciutta preferibilmente senza sporcare i fornelli.

Se “unghia del sarto” vi suona strano, sappiate che sotto questa denominazione risponde quella raffinatissima e splendida usanza maschile, che la fashion week di Milano «può accompagnare solo», di lasciarsi crescere l’unghia del mignolo oltre misura, per apparire più belli e masculazzi. Nonostante i tentativi della buon costume, anche ben riusciti, di far cadere nell’oblio questo vezzo carnevalesco, tale usanza ha attecchito abbondantemente al sud e più specificatamente nella cultura siciliana.

Ricordando questa poco apprezzata costumanza, magari le signore donne staranno storcendo il muso sdegnandosi per il cattivo gusto della controparte mascolina; tuttavia vorrei rimembrare, per par condicio, tendendo presente che di nulla bisogna farsi meraviglia, dato che negli anni '80 circolavano più permanenti e spalline di gommapiuma che scarola. E dato che a nessuno mai sarebbe venuto in mente di scrivere un articolo su una delle usanze più antisesso della storia della Via Lattea - e io posso perché il mio psicoterapeuta ha chiesto alla redazione di assecondarmi - ce ne occupiamo noi perché, come dice lo scrittore statunitense Arthur Bloch (autore di libri sulla nota Legge di Murphy, cioè quella cosa che si condivide nelle bacheche Facebook senza avere la benché minima idea di cosa sia) «È un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur lavarlo».
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Andiamo al sodo. Partiamo dal fatto che anche se si chiama “unghia del sarto” la questione non ha nulla a che fare con la sartoria in generale (a meno che qualche sarto per i fatti suoi non lo usasse per recidere il filo della spagnoletta). L’accostamento all’antica arte del taglio e cucito è invece da collegarsi alla capacità di distinguersi, con quel segno, come persona dedita a lavori di "raffinatezza e precisione".

Scendendo un po’ più a fondo nello studio del fenomeno scopriamo per esempio che il male in questione era diffuso nelle varie parti del mondo più di quanto noi stessi crediamo. Per una qualche non specifica congiunzione astrale, i luoghi dove questa usanza sembra essere più radicata sono Cina e Sicilia (tant’è che si sta pensando di abbandonare il progetto del ponte Messina-Reggio Calabria e farne direttamente uno Messina-Pechino).

Secondo gli antropologi, quelli seri, l’origine di questo costume sarebbe da rintracciarsi nelle più alte classi sociali della Cina Imperiale per poi diffondersi in tutto l’estremo Oriente. In Giappone, per dirne una, era prassi per i ricchi mercanti, i santoni e i nobili, far crescere il mignolo per ostentare la loro caratura sociale. Stessa cosa in Thailandia, dove chi esibiva il mignolo del sarto era colui che si poteva permettere di non lavorare nelle risaie.

Discorso a parte è quello sulla diffusione dell’unghia lunga negli Stati Uniti. Nella terra rock & roll e delle Cadillac, infatti, la pratica arriva solamente negli anni '60, con l’avvento della cultura hipster: il coke-nail (letteralmente unghia per la cocaina) veniva utilizzato come misurino per la somministrazione della droga da aspirazione (in molte scuole è ancora vietato farselo crescere onde evitare ogni tipo di associazione).

In Sicilia, per concludere, si è sempre detto che questa usanza avesse una matrice nobiliare legata a una certa agiatezza e voglia di apparire. In buona sostanza, siccome il nobile si doveva allattariare, cioè gongolare, si permetteva di farsi crescere l’unghia del sarto in modo da rendere visibile a tutti il proprio stile di vita dionisiaco dalla quale era esclusa ogni tipo di attività manuale.

Poi, dato che il povero vuole sempre fare il ricco, per un certo spirito di emulazione, anche chi aveva più debiti che capelli in testa cominciò a farselo crescere per dare a vedere che se la passava buona. Oggi questa usanza sembra quasi essere sparita del tutto (anche se qualche estremista radicalizzato resiste ancora) e il suo ricordo è confinato a elementi da taverna o spiaggia, vari ed eventuali, tipo u zu’ Totuccio chiddu ra chiesa.

Per non dimenticare, poiché sarebbe gravissimo errore, è da segnalare l’utilizzo che nei secoli se n’è è fatto in Sicilia di questo bene. Il titolare della cattedra di “Totucciologia chidda ra chiesa” dell’Univesità dell’Oaglio ci ricorda a tal proposito che veniva utilizzato dai siciliani per ripulire i denti dai residui di cibo e stappare i tappi di cerume dalle orecchie.
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