SPORT
Ci ha tenuto incollati alla tv e ci ha fatto sognare: Salvatore Antibo, campione nello sport e nella vita
Unico bianco capace di battere anche gli africani, nell’anno che mi consentì di stargli vicino per scrivere il libro, mi resi conto di che pasta d’uomo fosse: granito e tenera argilla
Salvatore Antibo
«Ora finalmente - ha dichiarato Antibo, appena dimesso dall'Ospedale Germaneto di Catanzaro – potrò ragionevolmente sperare in una migliore qualità di vita!».
E pochi come me che gli sono stato vicino quasi giorno per giorno, per scrivere e pubblicare (Mi.To.Press.ed.) le "sue confessioni" nel libro Col vento nei capelli, può capire quanto la sua malattia – l'epilessia silente, meglio conosciuta come Il piccolo male - lo abbia fatto soffrire, soprattutto dopo il grave incidente dell’estate dell’ ’89 quando, viaggiando in auto sulla Palermo-Sciacca con la sua compagna Rosanna Munerotto, la macchina si schiantò contro un albero.
Nell’anno che mi consentì di stargli vicino per scrivere il libro, mi resi conto che pasta d’uomo fosse: di granito quando gareggiava, di tenera argilla, sia pur profumata, nella vita di tutti i giorni.
Antibo è un "ragazzo" perdutamente innamorato della corsa, al punto che la prima cosa che disse, alla collega mezzofondista Rosanna Munerotto appena si rese conto di essere stato preso dal classico “colpo di fulmine, fu: «… E poi, sappilo, tu mi hai già preso il cuore, ma solo quella parte che non appartiene alla mia prima ragione di vita: correre».
L'aveva appena conosciuta al Sestriere dov'era in ritiro con la Nazionale Azzurra prima delle Olimpiadi di Seul del 1988. D'impulso, perché lui è fatto così, preso da subitanea passione, si presentò e le dichiarò, papale papale, il suo amore. Ciò detto, si girò e riprese ad allenarsi, come nulla fosse.
Rosanna ci rimase così male che poi cercò di evitarlo ma Salvatore … rimediò giusto con quelle parole: “… E poi, sappilo, tu mi hai già il cuore…”. L’aneddoto spiega meglio di un trattato di psicologia che tipo fosse Salvatore: un ragazzo impulsivo, dal cuore grande e generoso, nelle piccole e grandi vicende della vita.
Un ragazzo sincero, incapace di una sola bugia, anche la più innocente, e forse anche per questo molto, molto prudente prima di confidarsi con chicchessia. La mia prima impressione fu quella che non si fidasse di nessuno e, quindi, che scrivere la sua biografia, com’era nei miei programmi, diventava un'impresa. E invece…
Invece bastò toccargli le sensibilissime corde del suo amor proprio per conoscerlo davvero com'era fatto dentro. E in quella fine del 2001, quando cominciai a scrivere di lui, poco a poco, con l’aiuto prezioso del suo maestro Gaspare Polizzi, riuscii ad ottenere la sua fiducia e le sue confidenze, anche le più delicate e private.
Una delle quali era quella dell'orgoglio ferito: «Ho dato la vita per la maglia azzurra - mi confidò a più riprese e tra una pausa e l’altra dovuta alle ricorrenti crisi del piccolo male – per non avere in cambio nulla, nemmeno la gratitudine che si deve a un atleta che ti ha portato in dono medaglie e trofei prestigiosi, come ho fatto io».
E invece nel 2004 – sarà stato, chi lo sa, anche merito del mio libro – in ossequio alla "legge Onesti", gli venne assegnato un vitalizio che, con gli effetti benefici della recente operazione, gli renderà più vivibile la sua vita.
Che è la vita di un grande campione del mezzofondo, unico bianco capace di battere anche gli africani, detentore per decenni dei record italiani di 5 e 10 mila metri, quest'ultimo battuto dopo 30 anni da Yemaberhan Crippa (italiano di origini etiopi), nel 2019.
E Salvatore Antibo, uomo dal cuore grande, fu tra i primi a congratularsi con lui.
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