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Un set visto da vicino: parla Giovanna Cossu

  • 15 maggio 2006

Uscito nelle sale alla fine del mese di aprile, "Il regista di matrimoni" è l’ultima fatica cinematografica di Marco Bellocchio.
Il film, amato da molti e incompreso da tanti, procede attraverso scene oniriche e volutamente irrisolte, quasi sospese e spezzettate, attraversando tanti temi, dal matrimonio senza amore, alla crisi creativa ed esistenziale di un artista, dalla “sindrome del Gattopardo” che permea la società siciliana, dalla ricerca della bellezza, al film nel film. I personaggi, tratteggiati in un “non finito” che lascia allo spettatore la scelta sul loro essere ed il loro apparire, vedono nei ruoli principali: Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina.

Al set siciliano - tra Villa Palagonia a Bagheria, Caccamo e Cefalù - ha preso parte anche un gruppo di esperti attori locali, reclutati con provini partiti alcuni mesi prima dell’inizio delle riprese fissato per la primavera 2005. Tra loro, Giovanna Cossu, palermitana, formatasi al Teatés, più volte sui palcoscenici cittadini in produzioni d’avanguardia ed al Centro Amazzone, e con all’attivo un’altra breve esperienza cinematografica, questa volta con Aurelio Grimaldi in "Iris", girato qualche anno fa ad Ustica. Ne "Il regista di matrimoni" è la claudicante zia dello sposo della principessa interpretata dalla Finocchiaro. Con lei abbiamo chiacchierato della settimana trascorsa a Caccamo a girare la scena in chiesa quando, con un artificio, viene svelato l’amore clandestino tra i due protagonisti. A lei il regista ha affidato una battuta che dice tutta l’importanza attribuita dal padre della sposa, nobile decaduto, al film del matrimonio della figlia: lasciare qualcosa a nipoti e pronipoti a ricordo dello “splendore che fu”.

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Giovanna ci ha raccontato della grande professionalità e signorilità di Bellocchio e di quella simpatica inciampata sul set che l’ha portata a cadere tra le braccia del Maestro. E, ancora, delle lunghe attese tra una ripresa e l’altra, della frenetica attività di costumisti e truccatori, della presenza costante sul set del produttore, di Castellitto, concentrato nella parte al punto da sembrare distaccato, ma invece assolutamente calato nel personaggio da viverlo a tempo pieno, sposandone nevrosi e atteggiamenti. Ma soprattutto ci ha confessato la magia, vera, reale, del fatidico “ciak, si gira!” impresso alla scena dalla voce stentorea del regista, capace di creare un silenzio totale che porta in un’altra dimensione, quella della finzione. “Il segnale del ciak spezza il tempo e introduce in un altro tempo.

Quello che hai intorno assume un nuovo aspetto e subito, anche per pochi istanti, anche se poi la scena si dovrà ripetere e ripetere ancora, si crea un incanto, per cui non ci si accorge più di quanti della troupe rimangono sullo sfondo, degli operatori che cominciano a filmare, e rimane solo l’emozione autentica che si crea davanti alla cinepresa. Gli occhi che riprendono sono tanti, da tante visuali e solo il regista sa cosa passa davvero sulla pellicola. Dunque fare cinema non è meno diretto del fare teatro. E se al teatro è tutto finto, il cinema si fa quasi sempre in luoghi reali con un grandissimo lavoro di équipe”. E’ per questo che Giovanna si augura altre occasioni per viverlo.

Per leggere la recensione di Francesco Puma sul film di Bellocchio clicca qui

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