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Memoria della Sicilia e “Dovere di Cronaca”

  • 2 maggio 2006

Dai morti di mafia, ai bambini sfrontati dei vicoli della Kalsa. Dai comitati dei lenzuoli, alle giovani madri, icone di una terra dolente. Fino al 14 maggio a Roma nell’ambito del Festival di fotografia, la mostra “Dovere di cronaca” – all’Istituto Nazionale per la Grafica, Calcografia, Via della Stamperia, 6 (nei pressi della Fontana di Trevi); orario da martedì a domenica dalle 10 alle 19; biglietti intero 6 euro, ridotto 4 euro; info 06.69980257 - racconta attraverso gli scatti di Letizia Battaglia e Franco Zecchin un pezzo di storia della Sicilia. E' un racconto per immagini degli anni (dal 1975 al 1993) in cui la criminalità organizzata in Sicilia sparava ancora, e tanto.

“Abbiamo contato fino a cinque omicidi al giorno” ha raccontato tante volte Letizia Battaglia parlando del periodo in cui, insieme a Zecchin, tutti i giorni saliva sulla Vespa e correva per le strade di Palermo a documentare la guerra di mafia per conto del quotidiano “L'Ora”. Sono frammenti di vita concitati quelli fermati da Battaglia e Zecchin. Uomini colpiti dalle pallottole nelle proprie auto o nelle bettole della Vucciria. Perché alla mafia si erano ribellati, o perché non ne avevano rispettato le regole. E, sempre presenti, in questi scatti, le donne e i bambini. Madri, mogli e sorelle disperate, urlanti un dolore al quale difficilmente sanno dare una spiegazione. E bambini pensosi ad osservare precocemente una morte che fin da subito insegna cosa fare e cosa no a Palermo: quando devi parlare e quando devi “stare muto”, altrimenti “ti ci fanno stare gli altri”.

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C'è anche tanta miseria in queste immagini. La miseria nella quale la mafia affonda le sue radici e sulla quale prospera. La miseria che permette di allevare piccoli spacciatori e futuri killer. Ma non c'è spazio per lo snobismo morale in questi lavori, in particolar modo in quelli di Letizia Battaglia. E' un punto di vista esente da quelle accuse di pietismo che spesso vengono rivolte alla fotografia sociale. Il suo è uno sguardo complice, lo sguardo di chi, di quelle donne, e di quei bambini, conosce bene le condizioni e le storie di vita. In “Dovere di cronaca”, tuttavia, c'è posto anche per il racconto della speranza. La speranza dei palermitani onesti che non è morta in via Isidoro Carini, come scrisse il giorno dell'assassinio di Dalla Chiesa una mano rabbiosa e sconsolata. La speranza animata dalle catene umane e dai comitati dei lenzuoli. La primavera di Palermo.

Poi, di recente, il silenzio. La mafia non spara più e diventa sempre più difficile contrapporsi pubblicamente ad essa, ed anche, fotografarla. Tutto in apparenza è pacificato. E' forse per questo che sia Letizia Battaglia che Franco Zecchin lasciano Palermo. Che scatti fare in una città in cui regna la calma piatta? Ma la Sicilia è terra di contraddizioni, e nel bel mezzo della pax mafiosa spuntano i ragazzi di Libera Terra, che coltivano i terreni confiscati ai boss, e quelli di Addiopizzo, che sostengono i commercianti che si ribellano alle estorsioni. Forse ci sono nuovi fermenti nella società civile siciliana, forse c'è bisogno che nuovi scatti li raccontino. Chi lo sa, forse è per questo che Letizia l'anno scorso è ritornata.

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