TROPPA GRAZIA
La Sicilia che non amo
Le elezioni annoiano. I manifesti che ricoprono le città sono ormai dei dinosauri dove i candidati vengono messi con le spalle al muro. Al contrario, quando passa in tv, questa umanità candida si muove con agilità lottando per avere l’ultima palora. Sui muri la soluzione ai problemi sta tutta in uno slogan e la dialettica nasce dall’accostamento casuale fra un candidato più o meno mascariato e una pornostar di grido o un detersivo superconcentrato. Alcuni slogan elettorali, però, andrebbero premiati per il loro candore.
Prendiamo quello che dice: “La Sicilia che non amo. È disoccupata, è paralizzata, invecchia”. Già, se si rivoltassero come dei calzini, chissà che odori che uscirebbero da questi manifesti. Il principio di non contraddizione sembra non valere quando si scrive o si fa proprio uno slogan. Che significa? Che se scrivo che mi piacciono i calzini puliti, allo stesso tempo intendo dire che non mi piacciono i calzini sporchi.
E se non si trattasse di una dichiarazione d’amore, ma di un velato invito orgiastico? Una sorta di “accupigghiupigghiu elettorale”? Ma sì, finiamola con questi cattivi pensieri, che tanto se si libera un piccolo posticino nell’orgia anche per noi, possiamo pure sostenere che il principio di non contraddizione è una pratica eversiva. Una cosa dicono che sia certa: se l’amore scatta, la politica riscatta. Come una sorta di contatore dell’Enel che conteggia gli scatti due alla volta. In dialetto bergamasco si direbbe “cornuti e mazziati”.
In collaborazione con Pizzino (www.scomunicazione.it)
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