LE STORIE DI IERI
La “Real Casa de’ Matti” che piacque a Dumas
“Il nuovo metodo di guarire i pazzi, da me per la prima volta introdotto nella Reale Casa de’ Matti, è assai difficile a comprendere, difficilissimo a praticare. Ciascun uomo sensibile, umano e di tenero cuore troverà dentro se stesso i principi dai quali derivano le basi del cennato metodo. Questi principi sono la pietà, la compassione, la carità, la commiserazione e, quel che più vale, l’innata tendenza ad amare i suoi simili.” Era in base a tale encomiabile ordine di idee che a Palermo, nel 1835 e da diversi anni, il barone Pietro Pisani gestiva quello che fu il primo ospedale psichiatrico della città. Ubicato in un ex convento di Teresiane, oggi in fondo alla via che del colto aristocratico porta il nome. Manicomio tanto progredito da venire citato da Alessandro Dumas nel “Conte di Montecristo” e da essere ricordato da Michele Palmieri di Miccichè come “il più avanzato d’Europa nel Paese più arretrato d’Europa”. E tutto questo a buon diritto ove si pensi che prima di essere assistiti in quell’edificio i matti di Palermo e provincia sopravvivevano in orribile promiscuità con i tisici e con ogni genere di malati contagiosi nell’antico nosocomio di San Giovanni dei Lebbrosi. Il temuto “Santu Giuvanni” nel quale finivano inevitabilmente quanti costituissero un sia pur minimo pericolo, o comunque un’anomalia da emarginare, per i palermitani cosiddetti sani del Settecento.
Oggi di quell’ospedale resta un edificio d’aspetto austero, che tra l’altro servì fino a qualche anno fa da carcere militare, davanti al quale innumerevoli palermitani passano senza alzare gli occhi verso alcuni particolari tuttavia leggibili. Come il lungo affresco di Antonio Riolo che rappresenta la Ragione che restituisce i suoi doni ai matti. Malati amati e ben vestiti dal barone che volle l’edificio corredato pure da un orologio e da una meridiana sotto ai quali curiose scritte denunciano con evidenza il mondo di sofferenza umana che l’ex convento accolse. Sicuramente con successo in diversi casi. Perché se nel reale borbonico manicomio gli ammalati continuarono ad essere suddivisi in “maniaci, dementi, malinconici e idioti”, è altrettanto vero che Pietro Pisani riuscì a crearvi un reparto molto particolare e di buon auspicio. Giusto il Reparto di convalescenza. Dal quale sarebbe uscito anche l’amabile Roberto. E poco importa se con le scarpe e sotto il cappotto del suo illuminato guaritore.
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