STORIA E TRADIZIONI

HomeNewsCulturaStoria e tradizioni

Avrebbe potuto vivere a Palermo: Leopardi e l'appuntamento (mancato) con la Sicilia

Se la miniserie su Raiuno si è presa delle licenze, la storia riporta uno scambio epistolare con intellettuali siciliani che avrebbero realizzato un sogno del poeta

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 14 gennaio 2025

Giacomo Leopardi

Sarebbe potuto succedere ma non è successo, Leopardi avrebbe potuto raggiungere la Sicilia, se non fosse stato ormai alla fine della sua vita, troppo debole e malato per affrontare il viaggio.

La salute, l’amicizia con Antonio Ranieri da alcuni ritenuta di tipo omosessuale, da altri omoaffettiva, il tormento amoroso per Fanny, gli impedirono di ipotizzare il viaggio.

Eppure studiosi siciliani avrebbero voluto affidargli un corso semestrale all’Università di Palermo. Vi furono contatti con Mortillaro e Tommaso Gargillo siracusano, come hanno dimostrato due studiosi saccensi che hanno a lungo studiato L’archivio di Napoli, nel 2020.

Gargillo fu il primo a istaurare un rapporto, del resto a Palermo circolava un’edizione palermitana dei Canti. Una lettera del suo monumentale Epistolario, datata 26 luglio 1836, è indirizzata a Palermo al Marchese di Villarena Vincenzo Mortillaro.

Il poeta scrive "ho ricevuto il dono ci cui Ella mi ha voluto onorare, e gliene rendo le maggiori grazie che io posso… ". Mortillaro gli aveva inviato un volume della sua raccolta, contento di aver avvicinato "la gloria dell’età moderna". Nella risposta Leopardi parla della difficoltà che ha nel leggere.
Adv
"Se gli occhi me lo consentissero, mi distenderei maggiormente circa i suoi Opuscoli…Mi conservi sempre la sua amicizia …mi adoperi se vaglio a servirla senza riserbo… costantemente suo devotissimo obbligatissimo servitore Giacomo Leopardi".

È una lettera che va oltre i semplici ringraziamenti si sente l’apprezzamento che nutre per lo studioso. La lettera numerata 919, può farci sognare e immaginare cosa sarebbe stata una visita del Poeta sull’Isola.

La vita a Napoli non gli procurò benefici. Il suo corpo era ormai molto provato. Questo stato di malattia diffuso c’è da chiedersi se non abbia contribuito anche il matrimonio tra consanguinei dei genitori, Monaldo e Adelaide erano cugini.

Senza dimenticare la vita chiusa tra le mura della casa, lo "studio matto e disperatissimo" trascorso nella biblioteca paterna.

Il senso di oppressione instaurato dai genitori che contribuì notevolmente al suo malessere psicologico, con la madre che dovette far fronte al dissesto finanziario del padre che intraprese un fallimentare allevamento di mucche da latte.

Chiuso, in un mondo, cupo, governato da un profondo integralismo religioso, ristrettezze, fecero nascere nel giovane un anelito di libertà in bilico tra limite e infinito.

Se nella miniserie sulla Rai, le licenze sono state tante, per alcuni troppe, tanto da paragonare il lavoro ad una Telenovela Brasiliana, bisogna dire però che ci ha restituito un Leopardi senza il cliché della gobba puntando su una verve quasi scanzonata e giocosa, scoprendo una certa briosità, rispetto a un poeta troppo a lungo considerato dagli studenti, triste e malinconico.

È certo che l’immaginazione dello sceneggiatore è stata notevole, tanto da trasformare Giacomo in una specie di Cyrano de Bergerac. Nella realtà non furono mai scritte lettere a Fanny fingendosi Antonio Ranieri.

Anche sulla sepoltura del poeta, si è preferito accettare una versione che invece ha sempre fatto nascere più di qualche dubbio. Nella ricognizione delle ossa nel 1900 non fu trovato il cranio, e parte dello scheletro.

Rimase il sospetto che il corpo finì nella fossa comune come la maggior parte di quelli che in quell’anno morirono di colera, si pensa che Ranieri abbia inscenato un funerale “a bara vuota” e che il corpo finì con altri al Cimitero delle Fontanelle.

Se tutto questo è stato possibile in una serie, perché non immaginare cosa avrebbe fatto Leopardi in Sicilia? Lo avremmo potuto vedere impegnato a condurre le sue lezioni, finissimo conoscitore delle lingue antiche ma anche straordinario studioso di Storia e Letteratura.

Sicuramente avrebbe coltivato la sua passione per i sorbetti e confetti, da goloso era capace di pranzare con questi nonostante soffrisse di diabete, ed in Sicilia la gelateria e la dolceria non ha eguali.

L’avremmo potuto vedere camminare, seppur lentamente, per le vie eleganti di Palermo raggiungendo i caffè di allora. Avrebbe sicuramente partecipato come ospite di riguardo a raffinati salotti letterari; avrebbe ritrovato la profumata Ginestra e i luoghi vulcanici, forse avrebbe ripensato a questa pianta "contenta dei deserti, amante di luoghi tristi abbandonati", avrebbe passeggiato sull’Etna tra cenere e coccinelle. Non più Vesuvio ma la Montagna madre e dea dei siciliani.

Chissà se si sarebbe legato ad un nuovo amico, forse meno discusso come fu Ranieri che dopo la morte del poeta riscosse una cambiale sottoscritta dal Poeta e che lo descriverà in "Sette anni di sodalizio con Giacomo" come ingordo e ipocondriaco.

Affermò di averlo mantenuto, quando fu l’esatto contrario, il piccolo mensile inviato dalla famiglia mantenne Ranieri e la sorella.

Forse si sarebbe legato a qualcuno in grado di curarlo, aiutandolo anche economicamente, un gentiluomo siciliano. Ci sarebbe stato anche qui un triangolo amoroso? Sicuramente il poeta avrebbe "cantato" la bellezza delle donne siciliane, un’Aspasia tenera, affettuosa con dignità e orgoglio.

Chissà cosa avrebbe scritto accarezzato dal dolce vento carico del profumo di zagara e gelsomino. Non lo sapremo mai, eppure la Sicilia la troviamo anche nello Zibaldone dove a proposito dello studio sulle lingue il Poeta fa un’analisi sulla sopravvivenza del greco a discapito del latino.

Leopardi morì la sera del 1837 per una serie di complicazioni che vanno dalla pericardite, diabete, congestione, asma e forse anche colera. Sappiamo che il giorno della morte pranzò con un chilo e mezzo di confetti, una cioccolata, una minestra e una granita.

Antonio Ranieri raccolse le sue ultime parole "Addio Totonno, non veggo più luce".

La Sicilia resterà un sogno, purtroppo.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI