ITINERARI E LUOGHI
Aveva 16 tra ponti e viadotti e 5 gallerie: l'antica ferrovia in Sicilia (che non esiste più)
Un tuffo nel cuore della provincia trapanese e non, quella che dai profumi della Nocellara belicina porta dritti all’entroterra. Un lungo tragitto dentro la ruralità
L'antica ferrovia tra Castelvetrano e San Carlo
Il progetto presentato dal Gal Valle del Belice ha ottenuto - dopo ben due anni di trattative - parere positivo da parte della Rfi (Rete Ferroviaria Italiana).
Quante volte abbiamo provato l’ebbrezza di camminare su dei binari o visitare vecchie stazioni? Nella giostra dei desideri/volontà proprio la linea ferroviaria Castelvetrano-San Carlo entra di diritto nella possibilità di ricordare, con le dovute attenzioni, grazie alla camminata, la sua importanza.
Allo stesso tempo, la nostra diventa pura immaginazione di un periodo “passato” diverso, molto difficile. Sono tanti i tratti percorribili o almeno, suggestivi dal punto di vista panoramico.
Un tuffo nel cuore della provincia trapanese e non, quella che dai profumi della Nocellara belicina porta dritti all’entroterra. Un lungo tragitto dentro la ruralità. Durante le "brevi" o "lunghe passeggiate", il compito dei curiosi è informativo e conoscitivo.
Inizialmente, l'obiettivo posto era di gran lunga più ampio della sua esecuzione materiale e doveva abbracciare tre province. Dalla città dell’Efebo doveva raggiungere San Carlo e poi due possibili deviazioni.
La prima sino a Palermo, ed esattamente presso la stazione di Sant'Erasmo, mentre la seconda doveva collegare San Carlo con Burgio e una prosecuzione ad anello per Magazzolo e ritorno via Sciacca, Menfi e (atto conclusivo) Castelvetrano. Tutto questo per consentire l'interscambio delle merci.
Non venne completata per mancanza di fondi e (udite udite) lentezza dei lavori. La linea - tra mille difficoltà e insidie varie - fu protagonista di fatti gravi come la morte del grande costruttore Marco Rosazza.
Nella rivisitazione di alcune situazioni passate, non dimentichiamo il nostro compito d’intrepidi curiosi. Infatti, un altro tratto interessante (da consigliare) da non sottovalutare era la fermata a Rampinzeri e prosecuzione dentro il territorio (oggi coperto dal bosco di Sinapa) di grande elevazione naturalistica.
Cogliere l’attimo per non dimenticare! Sì, come i duri attacchi da parte dei sindaci belicini nei confronti dello Stato e in particolare, il Ministro dei Trasporti, che in più occasioni e senza validi motivi decise di sopprimere parte o addirittura l'intera linea ferroviaria.
Nell'importante convegno organizzato a Salaparuta il 5 settembre del 1958, l'allora vicesindaco (di Castelvetrano), avv. Gaspare Lentini, accompagnato dal parlamentare Franco Mogliacci, prese parola e criticò aspramente l'operato dello Stato, reo di limitare le attività della Sicilia occidentale. Il rischio di una chiusura anticipata stava prendendo corpo vistosamente.
Si creò un Comitato Esecutivo che desse forza alla protesta e ribattesse - con l'aiuto della stampa - all'errore di valutazione da parte del ministero incaricato.
Di quei giorni rimangono solo le fonti scritte e noi, curiosi del momento, scegliamo la via maestra, quella della visita (ricordo). Le stazioni di Gibellina, le opere infrastrutturali e il punto esatto della fermata a Salaparuta raccontano i drammi subiti nel tempo. Entrano in scena alcune date fondamentali.
Queste testimoniano le mille controversie di una regione fin troppo "controversa". Il primo tratto sino a Partanna fu concluso e inaugurato il 20 giugno del 1910. La prosecuzione verso Santa Ninfa il 28 marzo 1914 e Gibellina il 28 febbraio 1917.
Dopo l’apertura del tratto Gibellina-Salaparuta-Poggioreale il 20 luglio 1922, fu inaugurata sul versante opposto la San Carlo-Santa Margherita Belice il 28 ottobre 1928 e tre anni dopo la linea fu interamente percorribile con l’inaugurazione della S. Margherita Belice–Salaparuta.
I primi treni impiegati (quattro coppie) nel 1910 rappresentavano un traguardo di gran spessore. Appartenevano alla categoria dei locotender Gruppo 20, classificati successivamente in R401 e costruiti in Germania dalla Schwartzkopff.
Con il loro rodiggio 0-4-0 si rivelarono troppo aggressive e provocarono diversi deragliamenti sin dai primi utilizzi. A partire dal 1912 furono sostituiti dai treni R301 e mandati in Cirenaica. Gli R301 e 302 furono affiancati a partire dal 1928 e per alcuni anni da un'automotrice sperimentale da 45 posti a sedere e costruita dalle officine FS di Firenze con motore Van.
Nel 1950 presero corpo le automotrici RAL-n 60. I treni a vapore raggiungevano una velocità massima di 30 km/h, mentre gli RAL-n 60 fino a 50 km/h. Venivano regolati mediante l'impiego della Dirigenza Unica. Le stazioni erano affidate a degli incaricati, detti assuntori, che però non avevano competenze di circolazione.
A esse provvedevano il personale dei treni, il macchinista e capotreno, collegandosi direttamente con il Dirigente Unico. Il segnalamento era assente, tranne nelle stazioni di Castelvetrano e nei passaggi di Santa Ninfa e San Carlo.
Ed è proprio San Carlo che merita una considerazione a parte.
In questa piccola frazione, appartenente al comune di Chiusa Sclafani, si chiudeva il cerchio. Dopo tanti anni è stata riqualificata la zona. Rimane ben poco del passato e, unitamente ai documenti in possesso, la comunità prova a rinverdire il periodo florido. Il 31 gennaio del 1959 cessò (di vivere) una parte dell’intera linea.
Con rammarico e tanta desolazione, il tratto che collegava Salaparuta con San Carlo venne soppresso. Invece, il primo tratto che collegava Castelvetrano con Salaparuta scrisse la parola fine dopo il terremoto del 15 gennaio 1968. Tutto a causa della distruzione di una parte dei binari in prossimità del comune belicino.
Rimase attivo il breve passaggio Partanna-Santa Ninfa. Con la cessazione di gran parte del collegamento, i treni furono ritirati presso il deposito sito a Castelvetrano. La Partanna-Santa Ninfa rimase operativa fino al 1972 e senza ulteriori spiegazioni venne a sua volta rimossa. Con gravi danni economici! È possibile immortalare parte delle opere intatte.
Erano 16 tra ponti e viadotti, senza dimenticare le cinque gallerie, di cui una abbastanza lunga (mt. 500 in prossimità di Rampinzeri). Sono presenti anche 36 case cantonali e 352 opere d'arte minori.
È giusto menzionare le vecchie fermate: Partanna al km 10,800, Santa Ninfa al km 16,500, Rampinzeri al km 18,760, Gibellina al km 25,510, Salaparuta – Poggioreale al km 28,600, Cusumano al km 35,900, Belice (viadotto a sei arcate) al km 40,300, Santa Margherita Belice al km 48, Sambuca di Sicilia al km 54,800, S. Giacomo al km 64,100 e l'arrivo a San Carlo.
È difficile trovare una logica a tutto. L’invenzione di nuovi mezzi ha accelerato l’estinzione dei treni, specialmente delle tratte meno battute. La costruzione di strade e autostrade ha "malinconicamente" messo da parte i mezzi di trasporto lenti.
Il progetto porterà alla rivisitazione, nonché conoscenza di luoghi e paesaggi colorati e vivaci. Il senso del dovere ci spinge ad afferrare il concetto di eredità storica, senza dimenticare le bellezze (anche strutturali) che hanno reso speciale la nostra regione.
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