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Prodotti eccellenti ma nessuno lo sa: se a fregare la Sicilia è la mancanza di dialogo

Potremmo imparare le lezione dei 363 caseifici di Parmigiano Reggiano (sì, sono tanti): un marchio collettivo aiuterebbe il commercio ma noi siamo individualisti

Giovanni Callea
Esperto di marketing territoriale e sviluppo culturale
  • 1 febbraio 2019

L'oliva di Sicilia o Nocellara del Belice

Il fallimento della Sicilia nei numeri dell’Emilia-Romagna: i due prodotti alimentari simbolo dell’Italia sono senza dubbio il prosciutto crudo di Parma ed il Parmigiano.

Il Parmigiano è prodotto da 363 caseifici che trasformano il latte di 244mila vacche di 3500 allevamenti, utilizzando il 15% del latte prodotto in Italia, e realizzando oltre tre milioni di forme.

Sono 145 aziende le aziende produttrici di prosciutto crudo di Parma, che sono collegate con 4mila allevamenti e che realizzano oltre 8 milioni di prosciutti l’anno.

I consorzi di tutela hanno un ruolo importante nel posizionamento del marchio collettivo e nella commercializzazione.

Pensiamo al Barolo, un vino prodotto con Nebbiolo in purezza e che difficilmente si può trovare sul mercato a meno di 20 euro a bottiglia. Mentre il nebbiolo, non certificato come Barolo (che di fatto è lo stesso vino) si trova facilmente sotto i 10 euro a bottiglia.

La Sicilia è leader nazionale nella produzione di vino, olio, olive, grano e ortofrutta, con una serie infinita di specificità, che purtroppo difficilmente superano la diffusione locale.
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Basti pensare che si trova in Sicilia la più grande coltivazione di una monocultivare in tutta Europa: la Nocellara del Belice, cultival di olio della Sicilia occidentale.

Abbiamo eccellenze e specificità di ogni genere, però siamo inconsistenti sui mercati, talmente che i nostri produttori hanno difficoltà a spuntare prezzi superiori ai costi di produzione, ad esempio per il grano e spesso anche per le arance.

Eppure le questioni sul glifosato, l'inquinante del grano, dovrebbero indurre i consumatori a riflettere e dare grande valore alle nostre produzioni.

Il punto è che il valore ed il prezzo sono due cose distinte. E se una cosa ha valore, ma non sei in grado di difendere e raccontare quel valore, non avrai riconosciuto quel valore come prezzo sul mercato.

Questo lavoro lo si fa insieme, e non gli uni contro gli altri, come insegnano i 363 caseifici di Parmigiano Reggiano ed i 145 produttori di prosciutto crudo di Parma.

In Emilia-Romagna c’è una lezione aperta, indirizzata a tutti i nostri produttori, ed anche ai nostri amministratori. La lezione si chiama cooperazione.

Lo sfrenato individualismo di noi Siciliani non porta lontano ed è forse il momento di prenderne atto ed agire conseguentemente.”
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