ATTUALITÀ
Movimento Territorio, intervista ad Alice Anselmo
Alice Anselmo, avvocato, docente di diritto amministrativo, è il quinto ospite della nostra rubrica "Young Politics", dedicata al sentire politico più giovane
Alice Anselmo, avvocato civilista, docente di diritto amministrativo all'Università Kore di Enna, responsabile regionale Donne del Movimento Territorio, candidata alle regionali del 28 ottobre nella Lista Crocetta Presidente, è il quinto ospite della nostra nuova rubrica "Young Politics", dedicata al sentire politico più giovane (Gianpiero Trizzino, Erasmo Palazzotto, Vincenzo Di Trapani e Manfredi Lombardo).
Quali sono i primi tre provvedimenti su cui punterebbe una volta eletta all’Assemblea con Rosario Crocetta candidato alla Presidenza della Regione siciliana?
La grave crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando rende necessario prima di tutto approntare misure reali per le emergenze esistenziali delle famiglie, dei deboli, dei poveri, dei disabili, i grandi dimenticati in questo tempo di crisi. Sicuramente si deve procedere ad una razionalizzazione e conseguente riduzione della spesa pubblica ed improduttiva: non soltanto tagli ai privilegi della politica perché sono tante le caste in gioco. Bisogna anche mettere mano ad una riforma di tutti i processi burocratici amministrativi con ottimizzazione dei tempi di attesa e semplificazione delle formalità.
Lei è responsabile regionale Donne del Movimento Territorio di Nello Dipasquale. Secondo alcune stime, in Sicilia l’occupazione femminile è al 34,7%, fino ai 64 anni, mentre scende al 17 % per le giovani donne. Numeri impressionanti. Come risolvere questo fenomeno?
Si risolve con una presa di coscienza collettiva, gli strumenti tecnici che possono pure essere approntati (che necessariamente richiedono un ripensamento ed un investimento in alcuni servizi di welfare rivolti alle famiglie come i servizi di assistenza ai bambini e a quelli di cura degli anziani) non libereranno da soli la donna siciliana dal ghetto in cui è rinchiusa. Oggi le donne sono discriminate dai datori di lavoro, per esempio, perché hanno la “curiosa idea” di mettere al mondo i figli dimenticando però che più figli, più lavoro giovanile nel futuro, più risorse per la previdenza ed assistenza. Abbandonare questa mentalità sotterranea, significa dare più spazio all'umanità, fare un favore alle donne e a tutti. Così facendo l’occupazione femminile da obiettivo si potrà trasformare in risorsa per lo sviluppo.
Donne nelle istituzioni. La rappresentanza femminile nelle istituzioni si attesta sotto il 4 % alla Regione e nei 43 comuni siciliani con più di 25mila abitanti il tasso raggiunge l’8,2%. La politica siciliana è sempre più maschile. Secondo lei perché?
Perché vincono i maschi, vincono le donne cooptate dai maschi o che si adattano a un clima maschile. Penso che la donna debba riappropriarsi della sua ricchezza specifica, non per concorrere con modelli maschili, ma per vivere in pieno la sua dignità di persona e di genere. Non si tratta di vantare diritti negati come avveniva negli anni Settanta, piuttosto si tratta di sensibilizzare l’opinione pubblica e modificare una cultura politica che, ancora oggi, considera l’uomo il legittimo protagonista della gestione dello Stato. E’ proprio per superare questo gap che nel programma di Rosario Crocetta si parla dell’introduzione del doppio voto di genere in tutti gli organi elettivi.
Per i giovani siciliani non sembra esserci spazio nel mondo del lavoro. I giovani siciliani cercano “fortuna” lontano dalla propria terra. Come fermare questa fuga sempre crescente?
Cominciando una rivoluzione pacifica e silenziosa che veda finalmente i giovani protagonisti sulla scena. E non comprimari del burattinaio di turno che muove i fili. Il resto, lavoro compreso, verrà da sé se uno riesce a scommettere su se stesso. Ovviamente anche le Istituzioni devono fare il loro dovere investendo su una seria formazione universitarie e post-universitaria lontana dalle quelle logiche clientelari che rendono le procedure di reclutamento e di carriera poco trasparenti e non permettono ai più meritevoli di emergere.
Recentemente, su un quotidiano locale, il giornalista Francesco Merlo ha proposto di abolire lo Statuto speciale della Regione Siciliana. Secondo Merlo, “l'Autonomia ha prodotto un ceto parassitario senza uguali in Europa che non gestisce risorse locali”. Condivide la sua analisi? È giusto abolire lo Statuto oppure andrebbe invece potenziato?
Da studiosa del diritto pubblico non posso condividere l'esemplificazione populistica fatta da Francesco Merlo. Purtroppo lo Statuto, ipotizzato come volano dinamico dello sviluppo in relazione alle particolari esigenze della nostra isola, è stato utilizzato dai vari politici di turno regionali e nazionali come mero strumento di attuazione di una politica assistenziale e clientelare; mezzo di gestione di potere e non passe-partout per attuare positivamente un principio solidaristico vero, unica finalità di una politica tesa al servizio dei cittadini. Senza dubbio il sogno di una nuova stagione dell’autonomia non potrà non tenere conto dei candidati giovani su cui non pesano i conflitti di interesse e le pressioni delle lobbies. Un ultimo inciso, il richiamato giornalista pone attenzione solo a quello che è accaduto in Sicilia ma seguendo la sua logica ed applicandola all’intera Nazione allora dovremmo, ad esempio, abolire lo Statuto ordinario della Regione Lazio.
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