ECCELLENZE
Un tour magico tra le colline della città dello Stretto: dove nasce il "vino dei due mari"
La notizia dell’avvio dei lavori del Ponte sullo Stretto ha preoccupato i viticoltori perché le aree cantierate interessano molti vitigni di una delle tre doc messinesi
I colli messinesi
Infatti secondo la disciplinare DOC, l’area geografica di coltivazione del Faro ricade proprio in quelle sezioni del macro-progetto del ponte e delle opere accessorie in cemento. Molte colline del versante ionico saranno infatti interessate e in alcuni casi "ridisegnate" da qui ai prossimi decenni a causa del nuovo piano stradale annesso al Ponte.
Il Faro è un vino tipicamente messinese, meno noto della Malvasia e altrettanto meno noto del mamertino, le altre due doc messinesi che interessano il fronte tirrenico.
Il Faro è il vino della città di Messina e rappresenta un prodotto in crescita grazie anche al lavoro del Consorzio omonimo che tanto sta facendo per portare queste cantine al Vinitaly del prossimo 14 aprile. Parente stretto del mamertino, il faro è il fratello ionico.
I vitigni utilizzati sono quelli della vicina Etna ma "contaminati" dall’atmosfera marittima: Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio dominano quindi la scena dello Stretto.
Solo rossi, dunque, nella DOC Faro, con un affinamento minimo prescritto di un anno, durante il quale il rovere assume un rilievo sempre crescente. Di un rubino concentrato con frequenti sfumature granate, il Faro è un rosso di razza e carattere, mediterraneo ma sottile ed elegante, ampio al naso, con profumi di frutta matura rossa e scura, sottobosco, confettura, spezie.
In bocca è strutturato, ricco, generoso, caldo, avvolgente, con un tannino setoso, morbido e vellutato. Oltre ai due nerelli possiamo trovare in misura inferiore il Nocera e il sangiovese. Rispetto ai vini siciliani più corposi si attesta sotto il 12% di alcol ed è un vino facilmente abbinabile ai formaggi stagionati o ai primi con sughi particolarmente densi.
Un modo per conoscere una porzione di territorio siciliano poco celebrato dalle guide turistiche ma che può diventare un volano culturale per scoprire sentieri, sapori, abbazie e borghi abbandonati.
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