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Un "castello nordico" nel cuore dell'Olivuzza: l'ultimo colpo (di coda) dei Leoni di Sicilia

Un notevole capolavoro Liberty nato semplicemente sia dalla fantasia del suo progettista, che aveva "studiato" Gaudì e dalla vita cosmopolita dei Florio

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 9 settembre 2024

Villino Florio all'Olivuzza a Palermo

Sorge nell'antico "piano dell'Olivuzza", dove un tempo sorgeva il parco di villa Butera-Wilding e dove su una montagnola vi era stata costruita una coffee house a forma di tempietto neoclassico, simile al tempietto del "casino Pignatelli" all'Acquasanta o al tempietto di Villa Tasca.

Nel 1899 i Florio, avendo acquistato un'ulteriore parte della vecchia proprietà della principessa Butera e parte della proprietà del generale svizzero Boucard, fecero costruire quello che noi conosciamo come il Villino Florio all'Olivuzza, che sostituì il progetto di un monumentale palazzo, abbandonato dai Florio perché era già in atto la costruzione di Villa Igiea.

Il Villino Florio, abitato da Vincenzo e dalla moglie Annina Alliata dal 1909 al 1911, anno della morte di Annina, sembrerebbe l'ultimo "colpo di coda" della famiglia siciliana più chiacchierata del XIX e XX secolo.

Già, perché il Villino Florio, che ospitò personalità internazionali come il Kaiser Guglielmo II di Prussia e Germania e la moglie, l'imperatrice Vittoria Augusta II, i reali d'Inghilterra Edoardo VII e la regina Alessandra, segna, non soltanto il punto più alto dall'art nouveau a Palermo e del suo maggiore esponente, Ernesto Basile, ma anche il punto di non ritorno della dinastia Florio, ovvero "la caduta degli dei".
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Da un punto di vista formale si tratta di un capolavoro liberty nato semplicemente sia dalla fantasia del suo progettista, il quale aveva di recente visitato Barcellona da dove sicuramente tornò pregno della lezione di Gaudì, sia probabilmente ispirato anche dalla vita cosmopolita dei suoi committenti.

Oltrepassata la cancellata di ingresso in ferro battuto, che potrebbe essere lo scenario di una pagina scritta dai fratelli Grimm, il Villino appare come un castello nordico, con rimembranze gotiche e inserti romanici (le colonnine) e rinascimentali (utilizzo del bugnato), aggraziato da volumetrie sinuose, da ornamenti in legno e ferro battuto che traggono evidentemente spunto dalla natura e dalla magia delle fiabe (capriate e torretta cilindrica).

Così mentre l'esterno si rivela una lezione di storia dell'architettura (eclettismo basiliano), gli interni invece poggiano tutti su una straordinaria coerenza stilistica. Arredi design e dettagli sono liberamente pensati e adattati da Ernesto Basile in ogni minimo particolare, grazie soprattutto alla sapiente collaborazione delle ditte Mucoli e Golia-Ducrot.

Gli elementi fitomorfi si stagliano dappertutto tra le stanze dell'edificio: dalla carta da parati alle boiseries, al caminetto, alle sovrapporte lignee, alle vetrate tiffany, al passamano della scala, fino agli incredibili ornati dei soffitti.

Purtroppo, se da un lato ancora una volta i Florio si dimostrarono all'altezza del loro nome e dei loro tempi, regalandoci un ulteriore patrimonio culturale, dall'altro «Sarà proprio la lottizzazione e vendita del villino e dell'intero parco dell'Olivuzza a dare il segnale concreto della parabola discendente che, nonostante tutti gli sforzi profusi, porterà nel breve volgere di poco meno di un ventennio al completo declino di Casa Florio» e con essa perfino il declino urbanistico della nostra città all'insegna del cemento.

«La notte del 24 novembre 1962 la villa venne semidistrutta da un incendio di origine dolosa, ventiquattro ore dopo aver subito un attentato con una bomba anticarro trovata in uno dei viali del giardino, disinnescata in tempo.

Nell'incendio che ha inizio nel piano secondo per poi diffondersi in tutta la villa, andarono distrutti oltre a quasi tutti i mobili disegnati dal Basile, tutti i rivestimenti lignei interni realizzati in gran parte dalle ditte Golia e Ducrot. Nel 1975 il Villino Florio venne acquistato per la somma di 140 milioni di lire, dall'Ente per i Palazzi e le Ville di Sicilia, istituito con L.R. del 20 aprile 1967.

Nel 1984, in seguito alla cessazione dell'attività dell'Ente, Villino Florio passò al Demanio della Regione e fu consegnato in gestione alla Soprintendenza di Palermo, dal 2020 è gestito dal Centro regionale per l'inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali».

A partire dal 1975 il Villino Florio è stato più volte restaurato e sebbene tra il 2015 e il 2016 le polemiche susseguitesi al "restauro" del giardino storico abbiano fatto molto discutere, oggi il villino Florio è uno dei monumenti visitabili più interessanti del nostro patrimonio storico-culturale che vale la pena conoscere.

(Per approfondimenti confronta Ernesto Basile architetto, Edizioni la Biennale di Venezia, 1980; Sulle orme dei Florio di G. Corselli d'Ondes e P. D'Amore Lo Bue; I Florio, storia di una dinastia imprenditoriale di O. Cancila; Il piano dell'Olivuzza di Eleonora Continella; I Florio e il grande parco dell'Olivuzza del C.R.I.C.D.)
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