ITINERARI E LUOGHI
Tutti lo ricordano: il Padiglione Greco (da salvare) alla Fiera del Mediterraneo di Palermo
Fu realizzato su progetto degli architetti Alexandra e Demetrio Moretis nel 1953 quando il polo fieristico era ancora sinonimo di eccellenza nell'intero bacino del Mare Nostrum
Illustrazione dal libro "La Fiera del Mediterraneo a Palermo. Un manifesto tra internazionalismo e tradizione"
Del sogno culturale-economico di Gianni Morici, storico primo direttore della Fiera, oggi rimangono le fotografie bianco e nero, la nostalgia di generazioni di palermitani e una decina di padiglioni abbandonati ad ogni forma di degrado immaginabile ma ancora in possibilità d’esser salvati e valorizzati.
Dal 2010 infatti, il dato oggettivo che l’intera area muoia lentamente giorno dopo giorno è cosa assai più che nota, ma né il comune in quanto proprietario dell’area, né la Regione che detiene o deteneva la direzione dell’ex Ente Fiera, hanno battuto un colpo in direzione di un piano di restauro e valorizzazione dei padiglioni storici. L’unica notizia che circola è quella che vede la sostituzione del padiglione industriale usato nell’ultimo anno come Hub vaccinale in un polo congressuale ma nessun piano particolareggiato dell’area pare esser stato preventivato.
Il padiglione greco, interessante sotto il profilo stilistico nel richiamo formale al tipico frontone dei templi greci qui colorato di azzurro e in struttura di cemento armato, potrebbe diventare ove venisse restaurato, un piccolo avamposto culturale di matrice espositivo in uso alla frizzante comunità ellenica siciliana, nel rapporto biunivoco Italia/Grecia, rinsaldato dall’ottimo gesto fortemente voluto dalla Regione Siciliana di restituzione in patria ellenica del piccolo frammento del Partenone in possesso del Museo Archeologico Salinas.
Forse aprire e stimolare il dibattito attorno a questo piccolo edificio, apparentemente dimenticato persino dalla storia, salvarlo e valorizzarlo restituendone l’uso a tutta la comunità, potrà rappresentare il primo passo verso quella consapevolezza di cui l’intera area ha bisogno dopo questa brutta parentesi di pianificazione e sensibilità sul nostro strepitoso patrimonio culturale architettonico.
Al degrado si sostituisca la ragione, alla demolizione e all’abbandono si voglia sostituire un ragionato piano particolareggiato che salvi le decine di padiglioni ancora presenti nell’area, da integrare con nuova architettura di qualità, spazi verdi e servizi.
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