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Tra mito e devozione: la città in Sicilia che si "accende" per l’Arcangelo che la protegge

La figura maestosa, intrecciata con miti e leggende, è simbolo di protezione e speranza per il popolo nisseno. Ogni racconto sembra sospeso tra realtà e mistero

Roberta Barba
Storico dell'arte
  • 29 settembre 2024

San Michele Arcangelo

Caltanissetta si accende di una luce particolare ogni anno, quando la città rinnova la sua devozione secolare verso San Michele Arcangelo, il suo patrono.

La figura maestosa, intrecciata con miti e leggende, è diventata il simbolo di protezione e speranza per il popolo nisseno. Ogni racconto che lo riguarda sembra sospeso tra realtà e mistero, tramandato di generazione in generazione, come un filo d'oro che attraversa il cuore della città.

Le radici di questa profonda devozione affondano in un'antica leggenda, dove il destino di Caltanissetta e quello dell'Arcangelo si intrecciarono per sempre.

Si narra che, secoli fa, Fra Francesco Giarratana, un frate cappuccino ebbe un'esperienza mistica: l'Arcangelo Michele gli apparve, promettendo protezione eterna alla città e ai suoi abitanti.

Fu un momento che segnò l'inizio di un legame spirituale indissolubile, una sorta di patto sacro tra cielo e terra, che ancora oggi infonde un profondo senso di sicurezza nei cuori dei nisseni.
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Uno degli episodi più toccanti e significativi di questa relazione risale al 1625, quando la peste nera colpì duramente la città. La disperazione dilagava, le famiglie erano divise e le strade si riempivano di silenzio e paura. Ma proprio in quel momento oscuro, secondo la leggenda, San Michele intervenne miracolosamente. Si dice che difese le mura della città, impedendo ai malati di oltrepassarle e diffondere il contagio.

Addirittura, si narra che impedì l’accesso in città ad uno dei malati che tentava di violare le difese, manifestando la sua presenza in modo tangibile e potente.

Fu allora che Caltanissetta, riconoscente e commossa, scelse San Michele come suo patrono. Eppure, prima di quel fatidico 1625, il protettore della città era un’altra figura: un crocifisso ligneo molto antico, conosciuto come Cristo Nero.

Nonostante il passaggio di patronato a San Michele, la devozione per il Cristo Nero non si è mai affievolita, e ancora oggi il suo culto rimane vivo, a testimonianza della profonda spiritualità dei nisseni.

Ogni anno, l’8 maggio, Caltanissetta celebra l’apparizione di San Michele con una solenne processione, mentre il 29 settembre si svolge la festa vera e propria in suo onore.

La città si trasforma: le strade si riempiono di colori, di preghiere e di canti, e la statua dell’Arcangelo, imponente e solenne, viene portata in trionfo per le vie della città.

Questa scultura, risalente al 1600 e opera di Stefano Livolsi, uno scultore di Nicosia, raffigura l’Arcangelo con corazza ed elmo, pronto a sconfiggere il male rappresentato dal diavolo che schiaccia sotto i suoi piedi. Ogni dettaglio di quella statua racconta una storia di vittoria, di luce che trionfa sulle tenebre.

Ma dietro la maestosità di questa celebrazione c'è anche una storia umana e misteriosa. Si racconta che lo scultore Livolsi, incaricato di creare il volto del Santo, incontrasse continue difficoltà. Nessuna delle sue creazioni sembrava adeguata a catturare la bellezza e la potenza dell'Arcangelo.

Esausto, si addormentò di fronte alla sua opera incompleta, e al risveglio trovò il volto del Santo miracolosamente plasmato, perfetto e divino, come se una mano celeste avesse completato il suo lavoro. In questa occasione, la città non è solo spettatrice, ma protagonista di un rito che celebra non solo la devozione, ma la speranza e la gratitudine.

La festa di San Michele non è solo un evento religioso, ma un'esplosione di devozione popolare, un’occasione in cui il sacro e il profano si mescolano in un abbraccio collettivo. La processione è aperta dai bambini, vestiti con il tradizionale costume del Santo, seguiti da una banda musicale che accompagna i passi lenti e solenni dei fedeli.

La caratteristica principale di questa manifestazione è la devozione tangibile di chi, per grazia ricevuta, segue il fercolo del Santo a piedi scalzi, in un gesto di ringraziamento e penitenza.

Le grida di "E gridammu tutti! Viva u Principi San Michele Arcangilu!" risuonano nelle strade, unendo voci e cuori in una preghiera collettiva che si eleva verso il cielo. In questo rito si fondono sacro e profano, tradizione e fede, in un'esplosione di devozione popolare.
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