STORIE
Suonano nelle notti di dicembre fino all’alba: i musicanti siciliani della novena di Natale
Le senti arrivare come un suono antico che viene da lontano riempie i vicoli e le strade. Le novene erano attese come un avvenimento e lo sono ancora oggi in tante parti della Sicilia
I musicanti della novena a Leonforte (foto di RESET cafè)
Celebrata nei giorni prima del Natale i suonatori di strumenti a fiato girano durante le ore notturne suonando melodie e intonando canti in dialetto che inneggiano alla natività come una preghiera melodica, o soltanto con la musica.
Il nome ci arriva dal medioevo dal latino novenus (nono), e indicava una manifestazione musicale e oratoria destinata alla preparazione di una ricorrenza solenne e tra queste il Natale. Una suggestione che assume nomi diversi nei differenti paesi dove ancora si manifesta: ninnaredda, nuvena, ciaramedda, sono i nomi più diffusi e usati per indicarla.
Questa tradizione si rinnova ogni anno e come ogni anno ad una certa ora della sera, o della notte, i musicanti si riuniscono in un cortile e da li partono per scendere dentro le vie illuminate dai lampioni fermandosi di volta in volta danti alle case dove sulla porta li aspettano le famiglie riunite ad attendere. In origine era questo, si entrava nelle case e davanti alla scenografia del presepe si inneggiavano i canti e le melodie che si concludevano con un’offerta in cibo semplice come i dolci come i cucciddati ripieni o qualche altra preparazione tipica locale.
Le novene erano attese come un avvenimento, una festa del quartiere o del cortile e rappresentavano come ancora oggi un momento di condivisione e convivialità, intorno al quale si unisce la comunità e che si conclude con cibo, elemento di unione per antonomasia che non può mai mancare, con vino e liquori a disposizione di tutti, musicanti e ospiti.
Se oggi i musicisti sono spesso giovani che hanno dimestichezza con gli strumenti, in passato erano ambulanti, pastori, contadini e in ogni caso persone del popolo, dei ceti più basso della popolazione, poveri ma anche disabili - famosi erano gli Orbi a Palermo - che suonavano in cambio di qualche offerta e che durante le feste si riunivano per l’occasione, suonando qualche strumento tradizionale. Uno degli strumenti più noti era la grande “zampogna a chiave” ancora oggi usata e diffusa costruita con la pelle del ventre di pecora, dove si inserivano tre canne, la ciaramella, ovvero una canna di legno con buchi, e ancora trombe, flauti o friscalettu.
Per assistere, godere della magia e dell’atmosfera di questi piccoli spettacoli popolari a cielo aperto e in notturna bisogna spostarsi nei borghi e con l’occasione lasciarsi coinvolgere da questi canti e suoni che diventano una immersione nella tradizione natalizia, autentica, dove si trova l’identità fra luoghi delle comunità.
Sulle zone montane, ma anche costiere della Sicilia, come a Cefalù ad esempio, è ancora in uso, o a Petralia Soprana dove è proprio un gruppo di giovani che ancora tramanda questa usanza e la conserva, ripetendo ogni anno questo rito che si rinnova ed è di buon auspicio, che si può ascoltare nelle notti di dicembre fino all’alba, nonostante il freddo o anche la neve che diventano però la scenografia perfetta per l’atmosfera natalizia.
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