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Storia di una voce ritrovata: i diritti e la musica dal punto di vista dei giovani siciliani

L'esperienza di uno dei partecipanti a "Sing Your Rights", il laboratorio artistico che dai diritti crea musica, relazioni, e voglia di ripartire al grido di "uguaglianza e libertà"

Laddove la pandemia ha riempito i pensieri portando via le forze, laddove la fantasia finisce e rimane la cruda realtà, proprio lì si trova “Sing Your Rights”... o almeno lo si è trovato per me.

Per chi non sapesse di cosa stia parlando “Sing Your Rights” è un laboratorio artistico facente parte del Progetto “Youth sing Europe”, promosso dall’Associazione “Rock10elode” con il contributo del Parlamento Europeo e il patrocinio dell’Assemblea Regionale Siciliana con l’intento mirabile di sensibilizzare e portare il più possibile dentro le nostre vite i diritti fondamentali dell’Unione Europea, quali uguaglianza, libertà, solidarietà, e così via.

Dico "intento mirabile" non casualmente, e i molteplici fatti di cronaca dell’ultimo anno sanno giustificare questa mia scelta: sensibilizzare va ancora fatto, soprattutto perché chi è stato già sensibilizzato possa a sua volta sensibilizzare, così da creare quella catena per la quale, da amico ad amico, da padre in figlio, un giorno si arrivi ad ottenere quel benessere sociale che tanto auspichiamo.
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E noi non abbiamo perso tempo! Capitanati dal rapper Picciotto (Christian Paterniti) insieme all’aiuto di Carmelo Piraino, Claudio Terzo, e Angelo Ganazzoli, abbiamo accettato di trattare un tema così importante con ciò che ci viene meglio fare, la musica, nonostante tutte le difficoltà che questo periodo ci riserva, in primis l’obbligo della videoconferenza come unico mezzo di scambio.

Ora, ammetto che sarà puro autocompiacimento portato dal fatto che anch’io ho preso parte al gruppo dei 30 ragazzi di età compresa tra i 16 e i 30 anni aderenti al laboratorio, ma concedetemi questo piccolo spazio per respirare ad ampi polmoni il successo di quello che all’inizio sembrava un obiettivo impossibile: la stesura di un unico testo, un unico grido, un unico messaggio che valesse per ognuno di noi.

A questo punto potrei lasciarmi andare all’esaltazione di questo brano proseguendo sulla falsariga di un mr. Vanità, ma sfortunatamente non lo sono e preferisco lasciare il giudizio a voi lettori che tra qualche tempo, seguendo i social di “Rock10eLode”, potrete ascoltare con le vostre orecchie il risultato finale.

Piuttosto vorrei riallacciarmi all’inizio del mio discorso partendo proprio da una frase del ritornello: “Qui nessuno è libero”. Come dicevo, quindi, “Sing Your Rights” si è trovato per me nel posto giusto al momento giusto, proprio quando cominciavo a perdere l’ossigeno.

Ebbene forse vi starete chiedendo cosa possa mai aver passato un ragazzo di 17 anni a tal punto da mancargli l’ossigeno, ed in realtà credo che sappiate anche la risposta.

Bene, lungi da me fare paragoni tra le sofferenze umane, soltanto per me la pandemia è stata il cemento di quattro mura, le occhiaie di una dipendenza mai esistita, l’apatia di un ego ingordo d’importanza, e la rabbia delle poche relazioni frantumate, come vetro. Ecco, proprio quando il calendario ha cominciato a scorrere senza che me ne rendessi conto, lì “Sing Your Rights” mi ha teso la mano.

Mi ha teso la mano perché mi ha permesso di ricordare quello che amo e perché lo amo, mi ha permesso di stringere relazioni in un momento in cui le nuove relazioni sono quanto di più utopico possa esistere, mi ha permesso di ricordare per cosa è giusto dare la propria voce e la propria anima.

È vero, siamo tutti diversi, è inutile negarlo, ma senza diversità quanto banale sarebbe questo posto? E senza libertà che ne sarebbe del nostro essere individui?

Ecco allora che sì, la nostra città sarà anche luogo di numerosi disastri, ma lo sarà anche di molte più numerose occasioni che dobbiamo imparare a cogliere e a valorizzare, proprio come “A Song For Europe” che mi ha insegnato, un’altra volta, che una vita è grande anche solo se spesa in difesa dei diritti fondamentali, perché al di là di ogni cosa siamo tutti umani. “Meglio liberi tutti”.

Gabriele Majorana
Cantautore
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