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Sono rari, non li trovi a Pantelleria ma alle porte di Palermo: cosa sono i "dammuseddi"

Antiche abitazioni di pietra, capolavori di architettura e ingegneria della tradizione araba in Sicilia. Un esempio raro e mirabile di architettura che sfidano il tempo

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 10 settembre 2023

Un "dammuseddo" a Misilmeri (foto di Filippo Barbaria)

Il dammuso, emblema stesso del territorio siciliano, nell’immobilità del tempo costituisce la dinamicità di un manufatto che si presta a ogni tipo di interpretazione, dall’incerta datazione della sua struttura all’origine del suo stesso nome.

Il termine, infatti, deriverebbe dal latino “domus” (casa) o dall’arabo “dammus” (edificio a volta), fino al “dammusu”, che in dialetto siciliano, vuol dire tetto (ma nella Sicilia centro orientale indica la parte della tipica casa storica modicana, buccherese e dei Monti Iblei, costituita da una grotta naturale adibita a locale di servizio).

Nel trapanese con efficace sintesi è la tradizionale casa dell’isola di Pantelleria, che trarrebbe le sue origini nell’architettura Fenicia, cui si farebbero risalire i primi esemplari di piccole dimensioni costruiti solo di pietra e un impasto di terra e acqua.

Dopo la dominazione bizantina e la ripresa dei commerci, venne introdotta la calce che consentì di rendere impermeabili le coperture e di migliorare le tecniche di costruzione. Furono però i romani a trasformare il tetto, fino ad allora piano, in una cupola, adattamento propedeutico alla raccolta delle acque.
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La cupola, infatti, oltre a rendere il tetto più sicuro dalle infiltrazioni, consentiva di canalizzare la pioggia nelle cisterne per costituire le riserve d’acqua da usare durante la lunga e secca estate.

Il vero momento di svolta per l'architettura dei dammusi in Sicilia fu però la colonizzazione da parte degli Arabi che modificarono la pianta delle strutture abitative che da circolare diventò quadrangolare e scoprirono la tecnica dello squadro murario.

Tale tecnica permise loro l'allineamento di più unità cellulari e questo favorì la creazione di un tessuto edilizio compatto. Sempre agli Arabi si deve la rivalutazione dei materiali locali come la pietra lavica e il tufo vulcanico.

Altra importante modifica riguardò le volte che furono perfezionate e innovate divenendo il loro elemento fondamentale e caratteristico. I dammusi – e le costruzioni rurali in genere - sono stati costruiti e modificati per secoli dai contadini seguendo leggi che raramente, ed in modo secondario, avevano a che fare con concetti o capricci di carattere estetico, obbedendo a quelle poche regole dettate da esigenze vitali e di economia.

Esempi di tali architetture rurali sono ancora visibili anche nel territorio di Misilmeri e più precisamente nella contrada “Pantaleo”, con una struttura presumibilmente risalente al XV secolo, che ha dato anche nome al luogo detto in gergo locale “dammuseddi”, poi italianizzato e indicato nelle carte topografiche con “Case Damopeli”.

Particolarmente evidente è il fatto che si trovino in mezzo ad un terreno agricolo, su di un’altura che presenta anche una completa vista sull’intera vallata, segno tangibile di controllo sul territorio circostante.

Il materiale per la costruzione dei dammusi, è stato ricavato dallo spietramento del terreno della zona e posto in opera a secco adottando l’antica tecnica di riempimento a sacco per i grossi spessori. Proprio lo spietramento consentiva lo scavo del terreno e quindi il tracciamento successivo anche delle fondazioni, non molto profonde, intorno ai 50 cm.

Sulle fondazioni sono state alzate poi le murature perimetrali che raggiungono spessori di circa 1 metro dove all’interno delle quali si sono ricavati piccoli spazi connessi all’uso dei dammusi.

L'eccezionale spessore di muri oltre ad essere necessario per assorbire le spinte delle cupole, concepite per permettere la canalizzazione (ancora oggi visibile) dell'acqua piovana verso la cisterna, posta in prossimità del dammuso, permetteva di isolare l'interno dalla temperatura esterna in modo da consentire di creare un ambiente fresco d'estate e caldo d'inverno.

Tante pietre messe insieme determinavano la fattura tipica all’esterno, proprio a testimoniare che l’agricoltore non badava all’eleganza, ma alla funzionalità della sua abitazione, capace di contenere una famiglia dedita alla coltivazione della terra. L’unità abitativa che veniva utilizzata come ricovero giornaliero per chi lavorava i campi lontano dalla residenza è costituita da un solo vano coperto da una volta con una porta d’ingresso e una finestrella.

Il tetto non presenta più la sua tipica e originaria forma a copula in quanto trasformato in piano nell’ultimo secolo. Comunicante a quello principale si affiancava un altro piccolo dammuso, oggi andato completamente diruto.

Alcuni elementi vegetazionali caratterizzavano lo spazio sul retro dove si utilizzava, riciclandola, l'acqua della cisterna (oggi non più visibile) e dove si coltivavano ortaggi e qualche albero da frutto come fichi, albicocche, gelsi, mandorle, susine, pere e mele, pesche, ficodindia.

L'evoluzione della tipologia, in forma, dimensioni e tecniche diverse, non collegabile ad eventi storici quanto piuttosto alle situazioni locali, rende i dammusi di Misilmeri un esempio raro e mirabile di architettura che sfida ogni tempo e che completa il paesaggio di un patrimonio architettonico da salvaguardare e valorizzare.
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