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Sono professoresse, tutte donne e siciliane: chi sono le Klostès, le "sarte dell'Antropop"

Naviganti, il mare, le preghiere espresse con riti propiziatori e gli scongiuri che ripercorrono tempi remoti. Un mondo primigenio che fonde diversi generi musicali

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 29 luglio 2024

Impetuosa come un’eruzione, ritmata al pari della lava inarrestabile ed esplosiva come una colonna di fuoco. A Catania oltre a mamma Etna c’è un altro fenomeno che travolge, coinvolge e lascia il segno: sono le Klostès.

Un gruppo musicale catanese di sole donne, tutte docenti, nate "fra i favolosi anni ‘60 e gli scintillanti ‘80": Novella Novelli (voce e percussioni), Luisa Biondo (arpa, chitarra, voce e percussioni), Eleonora Bonincontro (oud e percussioni) e Annamaria Castrogiovanni (voce, chitarra, mandolino, marranzano e percussioni).

Il nome particolare deriva dal greco antico: κλωστή e richiama la filatura della lana attraverso la rotazione del fuso. E proprio da un incontro a casa di Eleonora per scoprire quest’arte il gruppo si ritrova a ordire trame di note mediterranee.

«La prima esibizione avviene nel 2021 quando ancora il loro focus sono esclusivamente i pezzi della tradizione siciliana - dicono le Klostès - sefardita e garganica. Ma ben presto Eleonora ha iniziato a scrivere i testi Luisa, Anna e Novella a musicare, armonizzare, arrangiare».
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Così, dopo la fase di sperimentazione arrivano le canzoni collimate nel primo album: Mari. Amuri. Scungiuri, «dall’aspetto sartoriale, disegnate come un abito che deve stare bene a ciascuna«» e che racchiudono il fuoco ardente di una terra fatta di miti, storie d’amore e pulsioni antiche.

In questo album non mancano pure i naviganti, il mare, le preghiere espresse con riti propiziatori e gli scongiuri che ripercorrono tempi remoti. Un mondo primigenio in cui quel che colpisce, insieme alle note e voci madide di nostalgia, è la commistione di generi: dal cantautorato siciliano, al folk e world music, fino al pop, jazz e musica rinascimentale.

Generi che si fondono in Antropop, un progetto dalla dimensione musicale e narrativa “strettamente correlata alla genesi dei brani, improntati alla lettura antropologica di fatti e riti, vite e pulsioni, di strumenti di lavoro e di rapporto fra sacro e pagano nei tempi e nei luoghi antichi”.

L’intento del progetto è intimo: riconnettere gli ascoltatori alle proprie radici ancestrali con uno sguardo a quanto narrato da studiosi di antropologia e di etnomusicologia, il tutto corredato dall’essenza della terra natia.

Questa Sicilia «Centro di un immaginario portolano - dicono - luogo in cui rotte e razze continuano a mescolarsi in un unicum di spazio e di tempo immobile. Ed è molto importante che emerga questa particolare forma di sicilianità, ma proprio perché tanti sono gli apporti».

E proprio il siciliano, che assume le vesti di rivendicazione culturale nei loro brani, viene contaminato da altre lingue, in particolare il greco "radicato in ondate diverse a partire dalle fondazioni coloniali del VIII sec. a.C".

Tale fusione, quasi ultraterrena e controcorrente, si fa largo nell’ambiente musicale, dove la band ha fatto i conti anche con il pregiudizio e la predominanza di band maschili: «Essere un gruppo tutto femminile - concludono - è spesso visto con sospetto. A noi interessa poco, facciamo la nostra strada per passione, spirito di ricerca, piacere di stare assieme. Fra di noi ogni cosa è armonia e ogni materia si discute e si ricompone in benessere, ci interessa scrivere, musicare e comunicare».

Una divulgazione musicale, dunque, che riconnette gli ascoltatori a una narrazione passata, senza dimenticare i ricordi assopiti o dimenticati, che siano personali oppure di mondi antichi.

Un intento che le Klostès seguono come orientamento e, probabilmente, sarà anche nella trama del prossimo album, che promette intense emissioni sonore.
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