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Si chiamava Bellanova, è un gioiellino: il borgo (dai due volti) vicino a Palermo

Da un lato mostra i segni del passato, mentre dall’altro, l’impegno moderno ha ringiovanito il territorio con l’arte (murales). Vi ci portiamo in un tour mozzafiato

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 4 ottobre 2024

Il ninfeo di Villa Reggio di Campofiorito a Palermo

Lungo la statale 188 si concentrano una serie di piccoli comuni. Fuori dal territorio agrigentino - una volta superato il bellissimo borgo di Sambuca di Sicilia - lo scenario palermitano apre le danze con i borghi di Giuliana, Chiusa Sclafani e Bisacquino.

Manca Corleone per chiudere il cerchio. E invece, tra curve, saliscendi e panorami a dir poco mozzafiato, ecco spuntare uno dei paesini meno conosciuti dell’intero arco regionale: Campofiorito.

Figura nell’elenco degli ottantadue comuni facenti parte della provincia di Palermo. Precisamente al settantatreesimo posto per numero di abitanti! Bellanova (secondo l’antico toponimo di origine araba) è il classico luogo dai due volti.

Da un lato mostra i segni del passato, con documenti storici interessanti, mentre dall’altro, l’impegno moderno ha ringiovanito il territorio con l’arte (murales). Giunti a destinazione, l’auto viene parcheggiata (nel vero senso della parola) in una delle stradine che abbelliscono il paese.
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La prima forma architettonica visibile è la statua in bronzo. Il silenzio è l’elemento esatto che contraddistingue il momento. Bono Filippo, D’Aloisio Calogero, Di Marco Andrea, Guagliardo Calogero, [...] rappresentano i caduti in guerra.

Ogni singola comunità ebbe le sue perdite gravi. Uomini al servizio della patria che non fecero più ritorno nelle loro rispettive famiglie. Il ricordo è doveroso e Campofiorito merita la giusta riconoscenza.

Di fronte al monumento si trova la “fontana d’ingresso”. Attualmente è in fase di restauro. Costruita in pietra, è uno dei fiori all’occhiello del paese.

La strada principale divide in due l’intera comunità, con abitazioni in ambo i lati. Alla nostra sinistra troviamo una serie di vicoli strettissimi, alcuni non percorribili con i mezzi. Tra questi, nel punto più alto, si trova il calvario. L’impervia salita provoca scossoni fisici non indifferenti! Una volta raggiunta la piccola vetta, il panorama sguazza sull’intero territorio.

Il respiro “assai affannoso" viene messo a dura prova dai testi storici, sorprendenti per certi versi. Greci, romani e arabi influenzarono il territorio.

Se i primi insediamenti si ebbero nel periodo greco, i secondi (romani) decretarono la “morte lenta” del centro, poi ridotto a piccolo nucleo di Ballanūba (o Ballanubah) con gli ultimi. I primi cambiamenti si ebbero nel 1246 grazie a Federico II di Hohenstaufen, con la fondazione di Casale Bellanova.

Dopo le numerose fasi ereditarie, finalmente il Casale passò in mano al principe Stefano Reggio. Correva il 5 dicembre del 1698 e stava per aprirsi uno dei periodi di massimo splendore. Nonostante il forte contrasto da parte dei vicini (Corleone e Bisacquino), il nipote del principe (Stefano Reggio - Gravina) riuscì ad adottare lo "jus aedificandi".

I feudi di Batticani e Scorciavacche vennero uniti. La crescita esponenziale (concessione dei terreni in enfiteusi) comportò l’aumento demografico (triplicato). Cosa rimane di tutto questo?

Dai documenti si passa ai rinvenimenti. Sul Monte Castellaccio e in zona Conteranieri (o Conte Ranieri) gli studiosi - dopo alcune spedizioni archeologiche - hanno trovato segni e ritrovamenti storici. Tra questi, a cinque km dal centro cittadino (Monte Castellaccio) è possibile ammirare la vecchia strada di accesso.

È intagliata nella roccia. Inoltre, gli scavi hanno dato alla luce un abitato che si compone di due terrazze artificiali. Invece, nel mezzo dei monti Trione e Tiracalenta - nella vallata sottostante - si trova un’antica fattoria romana. Altri scavi sono stati effettuati nelle contrade limitrofe. È tempo di riposo e ammirazione.

Lo sguardo prova a ricucire l’intero territorio in un’immagine. Scatti da non sottovalutare! La mente è annebbiata da un profumino avvolgente: le fave.

In occasione del primo sabato di agosto - durante la "Sagra delle Fave", la comunità prepara piatti prelibati accompagnati da un ottimo vino locale. Il tempo scorre inesorabile, alla visita mancano altri pezzi forti.

A partire dalle chiese. Quella di San Giuseppe fu costruita nel 1804. Nel 1870 venne costruito il campanile e sostituiti i mattoni in terracotta con quelli di marmo.

Fu utilizzata anche come cimitero (nel XIX secolo). Tra oggetti di valore spariti e nuovi restauri, l’edificio ha subito notevoli modifiche. La Chiesa di Santo Stefano fu fatta edificare dal principe Stefano Reggio. Di grande rilevanza sono i due altari (Addolorata e San Francesco di Paola).

La statua di San Leoluca, l’urna con il Cristo morto e la lapide in lingua latina compongono l’assetto dei beni preziosi. Da non perdere è l’ex lavatoio “Regina Elena”.

Nelle condizioni attuali, specialmente in una regione come la nostra a rischio siccità, il pensiero corre ai primi del Novecento quando le donne - in assenza di acqua nelle abitazioni - facevano uso della struttura per lavare la biancheria.

La passeggiata non si ferma "solo" ed esclusivamente agli scritti, ha necessità di toccare con mano il profondo cambiamento. Questo, in atto da decenni, ha reso il paese multiforme.

Le associazioni di "Street Art", grazie alla collaborazione con Pif (progetto iART), hanno riqualificato gli assetti di otto comuni e Campofiorito è parte integrante di uno “stile” al passo coi tempi.

L’obiettivo è rivivere il passato attraverso il disegno, i colori e la spontaneità. Nuovo e vecchio sono componenti spesso non accettati. Manca la cultura della creatività, senza dimenticare le opere antiche.

I mille e rotti abitanti del comune palermitano hanno saputo coniugare entrambe le cose, per offrire ai turisti un’occasione imperdibile. Perché se entri a Campofiorito da forestiero, dopo un’attenta visita, ne uscirai campofioritano a vita.
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