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Se a Palermo un monumento diventa cantiere: la triste fine del chioschetto Liberty

Qualche genio ha deciso di utilizzare il chiosco Ribaudo di Ernesto Basile (1914) come parte integrante del perimetro dei dissuasori del cantiere dell'anello ferroviario

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 3 ottobre 2018

Il chiosco Ribaudo in piazza Castelnuovo

Il Governo promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca, tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione: lo recita l’articolo 9 della Costituzione italiana ma a Palermo, la quinta città d’Italia, non vale.

Dal primo di ottobre infatti, nel cantiere dell’anello ferroviario della martirizzata piazza Castelnuovo, qualcuno ha deliberatamente deciso di utilizzare il secondo chiosco Ribaudo progettato dall’Architetto Ernesto Basile nel 1914 (lui il progettista lo sapeva fare), come parte integrante del perimetro dei dissuasori del cantiere.

Una storia di incredibile mediocrità progettuale a tutti i livelli. Impera in mezzo a tutto il degrado, la decisione di sigillare in maniera maldestra i punti di contatto della raffinata architettura Art Nouveau con i dissuasori, per mezzo di pezzi di legno chiodati e legati da fil di ferro, direttamente sui prospetti di questo manufatto tutelato dalla legge e per legge e trattato come un pezzo di latrina.
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Niente di più di un "cesso chimico" per lor signori. Chiodati? Si, qualche genio ha pensato, anziché di schermare l’edificio, per proteggerlo dal cantiere e da qualsiasi danno ad esso producibile prima e durante l’attività di questo cantiere degli orrori, di utilizzarlo come frammento perimetrale del cantiere stesso.

Palermo insomma, continua a fare scuola in materia di sicurezza e tutela del patrimonio artistico-monumentale e le istituzioni non sorvegliano pur essendo luogo più centrale ed in vista della città.

Ma esattamente la vigilanza del Comune dove risiede? La soprintendenza esiste ancora o è stata soppressa? Chi ha autorizzato un intervento così invasivo e volgare? L’alta sorveglianza di Italferr chi la sorveglia?

È davvero plausibile che debba essere un cittadino ad accorgersi dell’ennesimo scempio gratuito? Esisterà stavolta un colpevole?

Si perché, qualora non si conoscesse e non è un dovere assoluto, me ne rendo conto, la storia dell’arte italiana, ricordo che il secondo Chiosco Ribaudo rappresenta una pietra miliare all’interno della produzione basiliana segnando il passaggio dal modernismo del maestro palermitano che in quegli anni sta realizzando a Roma l’espansione di Montecitorio, alla sua fase di “Maniera” ma non solo.

Nel piccolo Chiosco c’è tutto il mondo delle acquisizioni estetiche della modernità, c’è l’eco decorativo delle fasce orizzontali di August Perret, ci sta il gusto viennese nel trattamento basamentale alla maniera di Josef Hoffmann, ci sono le membrature delle volute soprastanti che reggono la copertura superiore aggettante che sono vere e proprie talee architettoniche direttamente proveniente dalle volute delle scale di Montecitorio, quel palazzo dove il 20 novembre di 100 anni fa, si celebrò la prima seduta sotto l’egida del codice stilistico Art Nouveau del maestro di Palermo.

Persino il fascismo in termini di tutela del manufatto artistico, fece meglio che l’oggi repubblicano.

Intorno alla metà degli anni trenta quando si paventò la possibile demolizione, gli architetti “fascisti” si opposero e vinsero una battaglia di civiltà e salvarono questo frammento di bellezza.

Le istituzioni, tutte, possono davvero oggi, fare peggio dei cattivi fascisti?

Il mio appello allora è diretto al Sindaco e al presidente della Regione Sicilia affinché intervengano immediatamente per riparare al danno inferto oggi alla storia dell’Arte.

È imbarazzante e non può avere scusanti alcune, l’assenza totale di controllo da parte della soprintendenza i cui uffici distano dal chiosco Ribaudo meno di mezzo km. Vergogna.
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