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Scandiva le serate della Palermo bene: qual è la canzone che divideva "tasci" e "fighetti"

Dire che si trattò di un tormentone è davvero riduttivo: chi non c’era non può capire. Le note di questa celebre hit di casa nostra ci portano indietro nel tempo

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 23 gennaio 2024

Ogni tanto mi sveglio all’improvviso nel cuore della notte e mi sovviene un qualche pensiero del tipo: ma i tasci con le Hogan con le payette e il berretto sei misure più stretto, tipo zucchetto papale, dove li hanno portati?

Ma i palermitani laureati che usavano il passato remoto per indicare un’azione svolta cinque minuti prima, che fine fecero? Quel tizio di medicina che faceva l’organizzatore di serate house a Villa Scalea, ora che si è laureato, è diventato dottor House?

Ma Palermo alla fine Is Burning ancora o qualcuno l’astutò?

Per rispondere a questa serie di domande dobbiamo riavvolgere il nastro e tornare in un periodo inquietante ed enigmatico fatto di strane parole che racchiudevano dentro mondi oscuri e perversi: Skip, Pedalino, Hello Kitty, Barettu, vascio, Modì, eccetera eccetera… .

AVVERTENZE: “Questo articolo potrebbe contenere fatti, cose o persone che hai consciamente o inconsciamente rimosso nel corso degli anni al fine di proteggere e/o ricostruire il tuo profilo psicologico".
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Sono gli anni poco appresso al Millennium Bug, di quel tizio di nome Vladimir Putin nominato Presidente della Federazione Russa, della nascita di Wikipedia, della moneta unica, del Nokia 3310 e della Christmas Card, la promozione che ti permetteva di devastare di sms amici e parenti con funeste catene di Sant’Antonio che terminavano grossomodo per: «Domani sarà il giorno più bello della tua vita, solo se invii questo messaggio a 10 persone in meno di 7 minuti».

Palermo in quei tempi è spaccata in due parti come la Germania dell’Est e la Germania dell’Ovest all’indomani del terribile secondo conflitto mondiale: da una parte ci stanno i tasci e le loro divise De Puta Madre 69, dall’altra i fighetti e la singolare tendenza a trasformare le "o" in "u" chiusissime (ad oggi la scienza non è ancora riuscita a spiegare questo tipo anomalia nel linguaggio della specie).

A proposito: Maestro, musichetta di Super Quark, prego!

A differenza della tribù dei tasci, la lingua dei fighetti e più ricca e complessa. È la molla per lo sviluppo dell’arte e della cultura, permette agli individui di formare gruppi sociali più larghi, di scambiare le merci e di formare alleanze nei momenti di bisogno.

Il fighetto rincorre uno stile di vita dionisiaco cercando addentrarsi in micro-gruppi elitari al fine calcare i vari red carpet della città. Questa ricerca compulsiva lo porta però a sviluppare non di rado un disturbo narcisistico che tenta di sfamare attraverso lo shopping compulsivo di brand costosi e alla moda.

Frankin&Marshall, Trussardi, culi con la stampa Richmond (marchio che poi passerà al lato oscuro della forza), Diesel per chiù accelerati, Carhartt Wip, scarpe Nike Silver e Onitsuka Tiger (queste che finivano con "suka" a Palermo proprio andavano fortissimo).

All’angolo opposto col peso di 90 libbre invece rispondono i tasci a colpi: Frutta, Alpinestars, Joe Rivetto e Playboy e rosari Cesare Paciotti. Ricordo, qualche barbiere dell’epoca cambiò il nome da Tano Ballarò a Martin Le Coiffeur e con questa semplice operazione di marketing s’accattò una para di appartamenti.

Le femminucce portavano delle frange che ne occultavano il volto, un po' alla Cugino Itt; I maschietti invece avevano i ciuffi che coprivano quasi interamente un occhio come nei cartoni animati giapponesi e camminavano con il piastrino appresso. Com’è che non ci siamo estinti in quel periodo manco io lo so!

E così andavano le serate: file interminabili davanti ai locali in cui la gente si ammazzava per finire in qualche lista che gli per una qualche proprietà transitiva ti garantiva l’entrata, ma nessuno ha capito se fosse la lista della spesa, dei medicinali scaduti o chissacché.

E niente, sborsati dieci euro minimo alla cassa s’abballava, si mummiava e si beveva Vodka e Red Bull come i duri dei film d’azione. Se d’improvviso spuntava un amico, il tascio lo salutava con "sangù", il fighetto con "fiò", che ad occhio e croce dovrebbe essere una versione altolocata di figghiò.

La serata della Palermo bene scorreva così, fino a che poi il dj salutava e tutti si volatilizzavano, forse perché Red Bull gli metteva lei ali.

È proprio in quegli anni, precisamente nel 2007, che a seguito di "Milano is Burning" (o Frangetta Milano, come veniva chiamata) dalla community "Il Deboscio", e spinta fortemente da Nicola Savino e Linus a Radio Deejay, esplode in città "Palermo is Burning", versione nostrana della sopraccitata canzone, che, detta a pane e panelle, pigliava per il cool questa fetta molto cool della palermitana gioventude, elencando semplicemente tutti i must trend per essere uno di loro.

Dire che si trattò di un tormentone è estremamente riduttivo: chi non c’era non può capire.

Ogni tanto, in tempi odierni, dopo essermela presa con qualche giovanotto perché oggi sono tutti rincoglioniti, mi sveglio all’improvviso nel cuore della notte e mi sovviene un qualche pensiero del tipo: "Ho quattro cellulari, vado al Clubino del mare, vivo a Mondello, vivo in villetta, vivo in via Libertà…".
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