CRONACA
Salvate in Sicilia finiscono su "Striscia": che è successo alle capre di contrada Ciuccafa
La storia delle capre di contrada Ciuccafa, nell’agrigentino, due delle quali salvate da Lav e Arca di Natalia. Un’altra dozzina almeno è ancora vagante
Le capre di Porto Empedocle
Il Comune aveva deliberato, quattro giorni prima, che si provvedesse a una «soluzione definitiva» per un gruppo di caprini che da anni, a partire da una collina, raggiunge il quartiere abitato di contrada Ciuccafa: in seguito a «interlocuzione con gli uffici sanitari dell’Asp», il piano prevedeva la cattura degli esemplari con telenarcosi (dardo anestetico) e il «trasporto presso una struttura che provveda al loro abbattimento» e al successivo «smaltimento» (sic).
Ciò attraverso l’affidamento diretto, rispettivamente, a un operatore economico armato di fucile a dardi e a una ditta specializzata per il trasporto verso il macello, ai costi di 4.150 e 3.489,20 euro più iva.
Così riportano le delibere 218 e 219 del Settore 3 – Lavori, urbanistica e igiene pubblica – del Comune di Porto Empedocle.
Il sistema della telenarcosi, ricavato secondo fonti dell’Asp da una tesi di laurea e quindi presente in letteratura scientifica, potrebbe essere risultato inadatto a causa della natura collinare del terreno: come si apprende, nei dieci minuti circa tra la puntura del dardo e l’effetto della sedazione, gli animali avrebbero avuto il tempo di muoversi su e giù per il pendio e porsi in posizione pericolosa per se stessi.
Al termine dell’operazione, di certo molto complicata, i soli due esemplari catturati, dichiarano i volontari della Lega antivivisezione, sono rimasti a bordo del trasporto per più di ventiquattro ore in attesa dell’uccisione – sia pure con paglia o fieno e acqua.
Uccisione sventata, infine, grazie alla pressione degli antispecisti, cioè degli animalisti, affinché il Comune prendesse in considerazione una soluzione alternativa.
Ricevuta la disponibilità di Arca di Natalia, santuario di Trecastagni (Catania), il gabinetto del sindaco ha quindi informalmente accettato che i due esemplari viaggiassero verso uno stallo temporaneo, in attesa degli esami dell’Asp e del successivo transito verso la destinazione finale, il rifugio.
È cominciata così la corsa contro il tempo affinché Lav e Arca di Natalia formulassero le richieste di affidamento delle due capre, il Comune le recepisse e le autorizzasse con il benestare dell’Azienda sanitaria, e la burocrazia non uccidesse i due animali.
Una vicenda raccontata diversamente nelle testate locali e in un quotidiano regionale, dove curiosamente – è sufficiente una ricerca on line per verificarlo – è prevalsa l’attenzione sulla volontà del sindaco di risparmiare gli animali – lo stesso sindaco che aveva emesso la delibera per la loro uccisione.
È curioso quindi come la narrazione – termine insopportabile e terribilmente in voga – prevalga sui fatti stessi. Curioso pure come un amministratore locale che compie il proprio dovere diventi oggetto di cronaca – considerato, ha sottolineato Lav Sciacca nel suo comunicato, che il Codice penale con gli articoli 544-bis e 544-ter punisce l’uccisione immotivata e il maltrattamento di animali.
Ancor più curioso come la burocrazia, invenzione dell’uomo, penda come spada di Damocle su altre specie, estranee per natura a delibere e autorizzazioni di sorta.
Anche questa, d’altro canto, è una forma di specismo (discriminazione di specie): nelle buone o cattive intenzioni l’uomo, con le sue convenzioni, pratiche e carte, con le sue istituzioni, decide di vita e morte di altri viventi. Ancor più (o ancor meno) in una regione dove l’incolumità degli animali raramente preme la politica o tantomeno la società civile.
In un comunicato stampa e in una nota successiva, Lav Sciacca ha chiarito il reale svolgimento degli eventi e manifestato gratitudine nei confronti dell’amministrazione comunale, e del dipartimento veterinario dell’Asp, per il cambio di rotta rispetto al piano «definitivo» e per la collaborazione dimostrata. Due capre sono al momento affidate ad Arca di Natalia e ricoverate presso uno stallo provvisorio ad Agrigento.
Silvia Clementi, responsabile di Arca di Natalia, in attesa dell’accoglienza ha offerto a Lav Sciacca, presente in loco con un volontario, una ininterrotta collaborazione a distanza. «Perché salvare queste capre?» ha commentato «Perché siamo nati per questo. Per strappare più vite possibile alla macchina dello sfruttamento e della morte».
Arca di Natalia è un’associazione antispecista nata allo scopo di creare un luogo protetto per animali “ex da reddito”, «per ridare loro la libertà e la dignità che l’uomo in questa società gli ha negato da sempre». Il santuario ha aperto le porte nel novembre 2021. «Al momento più di novanta animali vivono qui» conclude Silvia.
Cosa accadrà agli altri esemplari di Ciuccafa? Dopo l’intervento della sede nazionale di Lav, Bianca Boldrini, responsabile area animali negli allevamenti, ha commentato al telefono: «Esiste un’alternativa al piano di eradicazione e uccisione e deve essere perseguita.
È fondamentale un’operazione di sterilizzazione dei maschi per contenere e diminuire il numero degli animali. Gli animali che vagano sul territorio devono essere identificati e bisogna capire se appartenevano a qualcuno. Se si tratta di una quindicina di esemplari possono essere gestiti agendo tempestivamente».
«Il Comune deve intervenire in fretta» continua Boldrini «adesso che ha la collaborazione di Lav e di Rete dei santuari, con un piano di sterilizzazione che tenga conto del benessere degli animali, valutando la possibilità di darli in adozione».
Da osservare che il sindaco Calogero Martello, eletto nelle fila del centrodestra nel 2021, a oggi non ha interloquito ufficialmente con le due associazioni coinvolte. E non c’è traccia al momento di documenti ufficiali diversi dalle delibere di uccisione. La vicenda di Ciuccafa dimostra come la convivenza uomo-animale, ancora una volta, sia difficile.
In un momento di emergenza, la prima e la seconda soluzione sono state l’abbattimento, scongiurato, e poi la deportazione degli esemplari a 180 chilometri di distanza. Le capre sono nate e cresciute lì, a Ciuccafa.
Secondo le informazioni raccolte in loco, circa quattro anni fa un pastore avrebbe abbandonato quattro esemplari, che nel tempo si sarebbero riprodotti fino ai numeri attuali. E secondo quanto riportano A., G. e M. – G. e M. serenamente a spasso con i propri cani mentre le capre camminano a pochi metri da loro – questi animali non hanno mai rappresentato un pericolo.
«Al massimo abbiamo visto qualche piccolo salire sul tetto dell’auto per raggiungere le foglie di un albero», raccontano. La delibera del Comune, invece, motivando la necessità di una «soluzione definitiva», riporta che «la presenza degli animali in questione potrebbe arrecare nocumento per la pubblica incolumità di persone e danni a cose».
Due veterinari, a diverso titolo, hanno visitato le due capre recuperate – di due-tre anni di età – e durante il prelievo di sangue e la somministrazione del bolo (microchip) hanno constatato la loro natura «selvatica» ma non pericolosa. In attesa di una diversa risoluzione, sembra non ci sia posto per queste capre domestiche e rinselvatichite, non accanto all’uomo, non nei dintorni delle abitazioni e delle automobili, almeno al momento.
Bianca Boldrini ha osservato come «molti studi etologici anche recenti dicono che è importante non alterare in alcun modo un gruppo di capre, perché il gruppo si bioregola nelle dinamiche di popolazione».
Resta da osservare, quindi, se questi animali saranno destinati a restare o a essere sfrattati dalla propria casa.
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