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"Ragazza mia, ti spiego gli uomini": il lato (bello) del web difende la donna di via Etnea

«Dai, siedi qui, accanto a me. Stai meglio?», inizia così il post pubblicato su Facebook che cerca di dare un senso diverso al gesto ripreso nei tanti video diventati virali. Il testo

Balarm
La redazione
  • 14 gennaio 2022

Vilipesa, derisa e offesa ma gli oggetti che lancia dal suo balcone, nella centralissima via Etnea di Catania, sono in realtà urla di un dolore che rimane inascoltato ma impresso nei tanti video pubblicati sui social.

La “difesa” del comportamento della ragazza arriva proprio sugli stessi social, attraverso un pensiero affidato a Facebook da Antonella Pavasili, poi condiviso su alcuni gruppi, che ha ricevuto il plauso di molti utenti.

«Per fortuna esistono persone come Antonella Pavasili e la poesia a lei dedicata. Hai la sensibilità come poche di andare oltre il gesto – scrive Rossella Papavero - magari altre donne lo hanno pensato, ma tu sei riuscita a metterlo in poesia, è un dono. Grazie».

Nel testo che Antonella Pavasili ha titolato “Ragazza mia, ti spiego gli uomini”, la parola "uomini", è usata nell'accezione di umanità, del lato oscuro di alcune persone e della «loro scorza, il loro egoismo, l’indifferenza dinanzi al dolore», scrive.
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RAGAZZA MIA, TI SPIEGO GLI UOMINI…

Dai, siedi qui, accanto a me.
Stai meglio? La doccia ti avrà scaldata immagino.
E adesso ci vuole una tisana.
Una tisana calda e profumata, da bere stringendo la tazza con entrambe le mani, come nei film americani.
Che poi, chissà perché, nei film americani c’è sempre una tazza grande e fumante che una donna tiene con entrambe le mani.
Spesso piange quella donna.
Un dolore antico, profondo, troppo difficile da spiegare e impossibile da capire.
Come il tuo, ragazza mia.
Un dolore così profondo da spingerti a stare nuda, in balcone, e gettare giù di tutto.
Vasi, mobili, oggetti di ogni sorta.
L’ho visto anche io quel video sai?
Anzi, ne ho visti tanti.
Da più angolazioni, con voci diverse in sottofondo ma con un’unica protagonista.
Tu, ragazza mia.
Bollata subito come “pazza”.
Che poi, diciamocelo, viene spontanea quella parola.
Pazza.
Una donna seminuda che dal balcone di un appartamento in via Etnea a Catania lancia oggetti colpendo vetture e rischiando di uccidere i passanti pazza è.
Che poi quella donna a tratti si interrompa e urli due nomi maschili, forse i figli, non importa a nessuno.
Pazza è.
Pazza sei, ragazza mia.
Completamente pazza.
Se, anche solo per un attimo, hai creduto che il mondo provasse compassione per te.
Se hai pensato di attirare l’attenzione per spiegare il tuo dolore.
Se la tua testa è scoppiata e hai gettato via tutto.
Tutto, ragazza mia.
Anche l’ultimo briciolo di dignità.
Quella che nascondiamo dentro ai vestiti.
Nuda e pazza, ragazza mia.
Il tuo corpo non più giovanissimo, con la pelle bianca striata ancora dai residui del nostro sole, il tuo guscio, la tua protezione.
Non è più tuo, ragazza mia.
In pasto agli occhi stolti di decine di videoamatori.
Il telefonino, il video, la condivisione, whatsapp, messanger.
E via.
Migliaia e migliaia di volte.
E i commenti, le orrende faccine che ridono, le battute di spirito scarso, scarsissimo.
E quella parola.
Pazza.
Senza pietà, senza misericordia, senza umanità.
Pazza.
Senza appello.
Vieni qui, ragazza mia.
Vieni che ti abbraccio.
E ti spiego gli uomini.
La loro scorza, il loro egoismo, l’indifferenza dinanzi al dolore.
Gli uomini, ragazza mia.
E non intendo solo i maschi, ma anche noi, noi donne.
Che forse non è vero che siamo stati creati a Sua immagine e somiglianza.
Perché nessun Dio può consentire un simile scempio di una persona.
Piangi, ragazza mia.
Ti prego, piangi.
Tutte le lacrime che hai.
Fa che scendano copiose sulle tue guance, lungo la tua anima.
Fa che lavino via tutto il dolore che la sporca.
E poi riposa, ragazza mia.
Nell’abbraccio virtuale di quanti, oggi, vedendo quel video, abbiamo sentito il cuore spezzato.
E scusaci, se puoi.
E poi dormi, ragazza mia.
Che domani è un altro giorno.
Forse…
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