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Quel mago burlone che forgiò un elefante dall'Etna: "u Liotru" ci racconta Catania

Il celebre elefante che domina sulla città e nei cuori dei catanesi cela l'incredibile leggenda di un uomo che rinnegò la sua fede per abbracciare la magia e le arti oscure

  • 16 marzo 2020

U Liotru di Catania

È risaputo che l'Elefante sia il simbolo della città di Catania, ma non tutti sono a conoscenza delle storie e delle leggende che vi si celano dietro, in particolare una che svela le origini del nome con cui lo chiamano i catanesi: u Liotru.

Nell'immaginario di un intero popolo campeggia da secoli una figura stravagante e misteriosa a metà tra verità e finzione, degna dei migliori racconti fantasy: parliamo del mago Eliodoro, chiamato anche Diodoro, Liodoro, Lidoro o Teodoro. Nomi che per inflessione dialettale si sono ridotti a Liotru, appunto.

Eliodoro è un personaggio realmente esistito nell'Ottavo secolo, quando Catania era sotto la giurisdizione dell'Impero Romano d'Oriente. Apparteneva alla nobiltà e inizialmente fu un fervente cattolico, tanto da essere in lizza per la carica di nuovo vescovo della Diocesi cittadina.

È da qui che la storia prende una piega inaspettata: si racconta che Eliodoro incontrò per caso uno stregone di origine ebraica, che gli diede in dono un manoscritto contenente una "formula magica" per evocare il demonio.
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Fu a quel punto che decise di darsi alla pratica delle arti magiche, affascinato dall'infinito potere che un patto col demonio gli avrebbe conferito: Eliodoro così rinunciò alla sua fede per abbracciare l'oscurità.

Non ci volle molto tempo prima che tutti venissero a conoscenza della nuova "passione" di Eliodoro che fu accusato di essere un negromante, uno stregone e un eretico, accusa che si tradusse di fatto in una condanna a morte formulata dal vescovo Leone II il Taumaturgo.

Non correva esattamente buon sangue tra i due ed Eliodoro di certo non faceva nulla per farsi voler bene. Erano tante le dicerie che gravitavano attorno alla figura di questo mago "burlone": si diceva che si divertisse a tramutare gli uomini in animali (specialmente quelli che non gli andavano a genio), che riuscisse a sparire e apparire ovunque volesse, a trasformare l'oro in pietra ingannando i mercanti e che potesse persino animare gli oggetti.

In virtù di questi poteri e assetato dalla sete di conquista e vendetta verso i suoi nemici, Eliodoro forgiò dalla lava dell'Etna un elefante (lo stesso che oggi si erge ai piedi dell'obelisco al centro di piazza del Duomo) per poi dargli vita con un incantesimo.

A quel punto iniziò a scorazzare per la città come un guerriero, cavalcando l'animale magico e burlandosi di tutti i distinti cittadini che gli capitassero a tiro, svelandone vizi segreti e nascoste virtù, disturbandone le funzioni religiose e compiendo scherzi di cattivo gusto.

Eliodoro riuscì a inimicarsi proprio tutti in quel di Catania, ma non solo: le sue terribili gesta giunsero fino alla capitale dell'Impero di Costantino. Giunto in visita nel palazzo dell'imperatore e dopo esser stato insultato dalla "regale" moglie si vendicò con un potente incantesimo: in città tutti i fuochi si spensero, a eccezione di quello che si accese sul fondoschiena della donna, l'unica visibile in quel buio pesto in preda alla vergogna.

A questo punto il destino del mago era segnato: dopo le ennesime e dissacranti nefandezze e dopo essere stato condannato a morte diverse volte, il vescovo Leone il Taumaturgo pose fine alla sua vita gettandolo, infine, tra le fiamme.

Eliodoro morì lasciando dietro di sé una scia di racconti tanto fantasiosi quanto inquietanti, e anche quell'elefante che oggi continua a dominare la città con il suo alto obelisco, portandone fiero il nome.

Forse in fondo Eliodoro, spirito ribelle, è riuscito nel suo intento: conquistare il cuore della sua Catania.
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