STORIE
Pensateci prima di posteggiare: un giorno (in carrozzina) a Palermo e la rabbia di Federica
Sono passati più di 4 mesi dal giorno in cui il Comune prometteva di rendere la città a misura di tutti, eppure non si vedono ancora i risultati sperati e ogni giorno è una fatica
Federica Ingrassia
Parliamo dei P.E.B.A., Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche. Introdotti in Italia nel 1986 con la Legge 41/86 e integrati con la Legge 104/92, oltre a classificare e monitorare le barriere architettoniche, i Piani contengono le proposte progettuali per l’eliminazione di ciascuna barriera, la stima dei costi di ogni intervento e le priorità su cui lavorare.
Sono passati oltre quattro mesi dal giorno in cui il Comune prometteva di rendere la città a misura di tutti, eppure non si vedono ancora i risultati sperati.
Lo sa bene Federica Ingrassia, una psicologa che da quando è piccola lotta contro una città che non le garantisce il diritto alla mobilità.
È lei l'autrice dell’appello che circola in questi giorni su Facebook grazie all’associazione Vorrei prendere il treno e con il quale lancia un grido d’aiuto dopo avere rischiato di perdere la vita.
Federica ha trent’anni e purtroppo non è nuova a episodi del genere. Già a tredici anni, durante una gita scolastica, è caduta a causa di una buca, rompendosi entrambi i femori e rimanendo ingessata per sessanta giorni, con conseguenze sulla scoliosi e sulle retrazioni. Non pensava però che, ben diciassette anni più tardi, avrebbe dovuto rivivere un’esperienza così dolorosa per una colpa non sua, costretta peraltro a interrompere anche i suoi progetti lavorativi.
«Ero in via Perpignano. I miei genitori mi avevano sconsigliato di svolgere il tirocinio in quella zona perché quella strada è davvero pericolosa, ma io non ho voluto rinunciare perché per me è un’opportunità di lavoro e lo reputo un mio sacrosanto diritto. Così ho rischiato.
E mi è andata male perché un’auto mi ha preso in pieno, facendomi ribaltare con tutta la carrozzina. Ho subito un trauma cranico, ho sbattuto tutto il corpo e mi sono rotta il pavimento orbitale, ma non posso sottopormi a un intervento chirurgico perché sarebbe rischioso. Così devo aspettare sei mesi e sperare che non ci siano ripercussioni visive ed estetiche».
Una scala, un gradino, una discesa troppo ripida. E poi ancora la mancanza di scivoli, di pedane per entrare nei negozi o per salire su un autobus, i camerini non a norma o pieni di merce che non ne permettono l’utilizzo, i marciapiedi assenti o divelti, stretti, con dei pali, cestini e aiuole in mezzo.
Ogni giorno per Federica è una fatica e quello che è quotidianità per molti, per lei non lo è. Non per via della sua condizione, cui è abituata fin da piccola, ma perché l’ambiente esterno le pone davanti ostacoli che a volte diventano insormontabili, minando ciò che dovrebbe essere garantito a tutti senza se e senza ma: il diritto a muoversi autonomamente.
Una sensazione che ha potuto provare soltanto a ventotto anni, quando si è trasferita a Padova per laurearsi in Neuroscienze e Riabilitazione Neuropsicologica e che, una volta tornata a casa, non ha mai più provato nuovamente. Lì è uscita da sola per la prima volta e per la prima volta ha sperimentato l’ebbrezza di prendere un autobus.
«Ricordo ancora la sensazione di libertà che ho vissuto» - racconta felice - «Una sensazione che mi ha fatto prendere aria perché mi sono sentita meno disabile, indipendente, ho capito che si fare una semplice uscita anche senza dover calcolare tutto in anticipo e nei minimi dettagli».
Già, perché Federica non può decidere all’ultimo momento se andare a fare una passeggiata, a comprare un vestito o prendere una birra con un amico. Non perché non voglia, ma perché Palermo glielo impedisce.
Glielo impediscono le Amministrazioni che si sono susseguite nel tempo e che non hanno pensato ai P.E.B.A. I concittadini che, noncuranti, parcheggiano sui quei pochi scivoli in città o nel posto riservato a chi ha una disabilità. I commercianti che non rispettano le norme rendendo il proprio negozio inaccessibile.
Glielo impedisce, insomma, un centro urbano che si trasforma costantemente in una trappola, con barriere architettoniche diffuse e insidiose. D’altronde, lei ne è convinta, «la disabilità sono gli altri che la costruiscono, non la disabilità stessa. Perché se la città fosse accessibile, non esisterebbe diversità e sarebbe tutto decisamente molto più semplice».
Non solo per Federica, ma anche per le persone che le stanno intorno e nei confronti delle quali spesso si sente «un peso».
Un peso che si trasforma in profondo fastidio quando sente frasi del tipo “Peccato, sta bedda figghia!” o si trova davanti a una madre che porta via il proprio bimbo curioso, quasi come se fosse una vergogna spiegare ai più piccoli che c’è chi ha le gambe e chi, come gambe, ha una carrozzina.
«La disabilità è ancora un tabù, e invece educare alla disabilità è importante. Bisogna parlarne e farlo il più possibile. Farlo nelle scuole con testimonianze dirette e insegnare alle nuove generazioni che esistono varie alternative», perché forse solo così si potranno creare città a misura di tutti.
Federica è sconfortata e arrabbiata allo stesso tempo, lo si percepisce dalla sua voce affranta. Non capisce perché «debba essere limitata nei movimenti e nella scelta delle cose da fare a causa di Istituzioni che non si prendono la responsabilità di cambiare le cose», perché abbia dovuto sudare più degli altri per costruire la propria vita, studiare, laurearsi e diventare chi è oggi.
Però non si arrende e lo fa per tutti quei bambini che non possono giocare in parco giochi con altalene accessibili o per quegli studenti che rinunciano a frequentare l’università perché le aule non glielo permettono. Non ha ancora pensato di andare via ma, dopo l’ultimo incidente, si è detta di «avere il diritto a essere felice» e per questo vuole trovare il posto che glielo permetta.
Ma perché non può essere Palermo? È quello che si chiede una ragazza che vuole soltanto poter camminare verso i suoi sogni e che spera che un giorno non troppo lontano l’Amministrazione agisca sul serio e non semplicemente a parole.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÙ LETTI
-
ITINERARI E LUOGHI
La chiamano Tahiti ma si trova in Sicilia: un paradiso di acque rosa e tramonti pazzeschi
-
ITINERARI E LUOGHI
Sembra la "Piccola Venezia" ma è in Sicilia: il tour tra canali (navigabili) e vicoli colorati