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Palazzo Butera apre le porte di "casa": la rinascita culturale della Sicilia parte dalla Kalsa

Dopo anni di minuzioso restauro riapre l'imponente Palazzo del '700 di Palermo. Un progetto visionario e “germinativo” con un allestimento che cambierà nel tempo

  • 22 dicembre 2020

Allestimento di Palazzo Butera (foto di Giovanni Cappelletti)

L’arte come strumento per educare ad un nuovo sguardo, che possa accogliere e far comprendere le differenze culturali.

Non è utopia: è la visione che prende corpo in uno dei quartieri storici più emblematici di Palermo: la Kalsa.

Varcando il portone di Palazzo Butera (via Butera, 18) oggi si comprendono molto meglio - ma ancora non pienamente - le parole che Massimo Valsecchi usò, nel 2018, in merito al progetto che aveva in mente per lo splendido palazzo del ‘700 acquistato qualche mese prima.

Quando incontrammo per la prima volta il collezionista milanese, che ha scelto Palermo non solo come residenza ma soprattutto come possibile “laboratorio culturale” di “innovazione sociale”, ci colpì la fermezza con cui dichiarò che “l’arte è il migliore catalizzatore per creare futuro”, sottolineando come la Sicilia, con la sua storia millenaria, può rappresentare un punto di partenza per ripensare l’identità europea.
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Palazzo Butera oggi non è più il “cantiere aperto”, che tra l’altro ha ospitato la biennale Manifesta 12 nell’anno di Palermo Capitale della Cultura; oggi è una casa museo unica nel panorama europeo. Per diversi motivi.

In primis per la sua collocazione - con un fronte mare unico sulla città - e la sua storia, e poi, ma non è un dettaglio, per la consistenza della collezione che Massimo Valsecchi e la moglie, Francesca Francesca Frua De Angeli, vi custodiscono.

Palazzo Butera riportato all’originale splendore - grazie ad un minuzioso restauro conservativo interamente realizzato da maestranze siciliane, guidato dagli architetti Giovanni Cappelletti e Marco Giammona, arricchito da interventi artistici contemporanei (come quelli di David Tremlett o dei coniugi Poirier ad esempio) - è pronto, pandemia permettendo, ad aprirsi ai visitatori di tutto il mondo già dal 12 gennaio 2021.

Tutta la collezione Valsecchi - frutto di oltre cinquant’anni di ricerca e attività - è giunta a Palermo nei mesi scorsi (sono rientrati i prestiti dal Fitzwilliam Museum di Cambridge e dall’Ashmolean Museum di Oxford) e ha trovato “casa” nei diversi spazi espositivi del Palazzo che comunque, nel frattempo, ha realizzato esposizioni temporanee a tema, visite guidate e workshop di formazione internazionali.

L’eco di questo progetto visionario e “germinativo” (perché i frutti di questo grande dono alla città si vedranno a nostro avviso fra qualche tempo) ha superato i confini nazionali incuriosendo tra gli altri, gli addetti ai lavori delle principali realtà museali nel mondo.

«Palazzo Butera - ci ha detto Claudio Gulli, storico dell’Arte del team di lavoro di Valsecchi - non sarà un museo così come ce ne sono tanti nel mondo, non è mai stato questo l’obiettivo perseguito negli anni di lavoro. L’allestimento stesso si muove sui dettami che hanno guidato Massimo Valsecchi nella ricerca delle opere».

I princìpi sui cui ha sempre puntato Valsecchi, ieri come oggi, sono l’unicità, la qualità e la perseveranza.

L’allestimento, tanto per cominciare, non rimarrà lo stesso per sempre ma cambierà nel tempo, a seconda delle istanze che arriveranno dalla società e dal mondo per dare nuova forma al futuro.

“A seconda di come metti insieme delle cose crei la storia” è un po’ il mantra che si sente ripetere continuamente visitando le varie sale.

«Ogni luogo di questo palazzo è stato pensato per accogliere un dialogo attivo tra opere che, apparentemente, possono sembrare distanti ma che, in maniera più subliminale, raccontano, evocaticavamente o simbolicamente, di un periodo storico o di un rapporto tra realtà artistiche».

È in quest’ottica ad esempio che al piano terra si trovano opere che testimoniano, da un lato, 40 anni di esposizioni internazionali e dall’altro la possibile evoluzione dell’uomo rappresentata attraverso l’arte.

«Chi verrà a Palazzo Butera - ha continuato Gulli - non deve aspettarsi un percorso espositivo canonico, cronologico; qui il pensiero che vogliamo proporre è quello di chiedersi ogni volta come mai quest’opera si trovi accanto ad un’altra. Vogliamo fornire nuovi stimoli per nuovi contenuti, che saranno soggettivi e personali».

Ed è per rispondere a questa esigenza, nella fattispecie, che ogni opera non è accompagnata, volutamente, da didascalie che riportano nome dell’artista e titolo e non saranno disponibili cataloghi delle esposizioni.

«Speriamo che ogni visitatore accolga il richiamo anche di una singola opera a prescindere dalla quotazione o dalla fama dell’artista e che questo sia da stimolo per un approfondimento personale.

In quest’ottica una sala sarà predisposta per la consultazione di cataloghi e testi d’arte che metteremo a disposizione e, naturalmente, saremo disponibili anche a soddisfare richieste di informazioni o altro».

Un rapporto diretto, dunque, con le opere e gli oggetti in esposizione, un rapporto quasi di prossimità che garantisce una dimensione più di “casa” che non di museo, coadiuvata anche dalla presenza di mobili d’epoca e oggetti di arredamento.

Risulta, a questo punto, superfluo citare nomi di artisti che fanno parte della collezione - unica nel panorama internazionale - riservando il piacere della scoperta al lettore che vorrà visitare, appena possibile, l’esposizione.

Questa continua proiezione al futuro si riscontra anche al secondo piano dove si viene accolti con quelle che sono le “radici” storiche e artistiche (con l’allestimento “Città del Principe”) tanto del Palazzo quanto della Sicilia in generale che sono - come ha sottolineato Gulli - solo delle parentesi, una stratigrafia sulla storia del Palazzo, un punto di partenza per la rilettura contemporanea dello stesso.

La coerenza, di pensiero e di azione, risponde anche a quest’ultima considerazione: sempre al secondo piano, infatti, alcuni punti dei tetti affrescati volutamente non sono stati “sanati” .

Sono testimonianza delle ferite subite dall’edificio nelle passate gestioni, memento per quelli che verranno.

Se Palazzo Butera è pronto per aprire le porte ai visitatori un altro progetto è pronto a partire, ovvero il restauro dell’adiacente Palazzo Piraino. «È destinato a diventare il centro operativo delle ricerche, degli studi e delle attività di approfondimento - ci ha detto Claudio Gulli -, sarà un po' la mente del progetto che coinvolge Palazzo Butera, a sua volta, come sede espositiva».

Da gennaio, dunque, si potrà vedere realizzato, con i propri occhi, quanto proclamato nei mesi scorsi: l'allestimento di una grande collezione d’arte ma anche la fruizione di uno dei palazzi storici più importanti della Sicilia che offre, tra l'altro, la vista di un panorama eccezionale sulla città.

Un nuova alba sta per nascere - non solo per Palermo ma per la Sicilia tutta - che parte proprio dalla Kalsa.
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