CINEMA E TV
Star Wars Episodio III: la fine del mito
Star Wars Episodio III: Revenge of the Sith
USA, 2005
Di George Lucas
Con Hayden Christensen, Natalie Portman, Ewan McGregor, Samuel L. Jackson, Ian McDiarmid, Frank Oz, Christopher Lee
“Ti stavo aspettando Obi-Wan, ci rincontriamo finalmente, ora il cerchio è completo”, dice Darth Vader in “Episodio IV”, ma per i fan il cerchio si chiude adesso, una trilogia indietro o, se preferite, ventott’anni dopo, alle pendici di un vulcano grondante lava dove si scontrano in uno storico duello il giovane Jedi passato al “Lato Oscuro” e il suo maestro di sempre. Con “Episodio III” George Lucas si carica di una responsabilità che avrebbe fatto venire i brividi a chiunque: spiegare il mito (cosa che, la maggior parte delle volte significa dissacrarlo), rivelare cosa abbia trasformato Anakin Skywalker nella nemesi più oscura e intrigante che la storia del cinema ricordi, raccontare la nascita di Luke e Leila e l’ascesa dell’Impero. Bisognava mettere tutti i tasselli al loro posto, ricongiungere ogni filo narrativo, non lasciare niente in sospeso. Lucas si è dimostrato all’altezza di tale compito? Adesso che finalmente abbiamo la possibilità di confrontare le due trilogie complete, quella “storica” e quella nuova, si può tentare un primo bilancio. Nel corso di questi ventotto anni si è perso qualcosa per strada. Per certi versi era inevitabile: viviamo in un’altra epoca, meno ingenua forse, e lo spirito originario non poteva restare intatto (è in genere per questo motivo che i prequel non sono mai all’altezza delle aspettative). Tuttavia, vi sono altre ragioni per cui i nuovi episodi, è il caso di dirlo, mancano di Forza. Quando “tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana”, negli schermi di mezzo mondo compariva la famosa scritta “Star Wars: A New Hope”, non ancora “Episodio IV”, Lucas pensava a tutto tranne che a costruire una saga. Il primo “Guerre Stellari” era un film a budget ridotto (appena al di sopra della serie B), molto scanzonato, molto improvvisato, molto naif e, proprio per questo, era riuscito in maniera libera e anarchica a reinventare i generi classici segnando una nuova frontiera nell’enterteinment.
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