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Quei corpi che perdono consistenza

Le foto esposte, undici in tutto, non sembrano affatto scattate da una fotografa non professionista, ma appaiono piuttosto come il frutto di un lavoro attento e maturo

  • 29 gennaio 2004

Dal 22 gennaio al 28 febbraio, il Fiutastreghe taverna (Corso Alberto Amedeo 150, Palermo) ospita la mostra fotografica di Claudia Giorgio, dal titolo “CorpoReo” (aperta tutti i giorni escluso il lunedì dalle 20 alle 02, ingresso è libero) una esposizione di fotografie scattate in occasione dello spettacolo “Venduto” di Michel Ferraro (produzione Miranfilm), andato in scena lo scorso settembre nell’ambito della stagione estiva del comune di Palermo. Le fotografie, nate per caso durante le prove dello spettacolo, ritraggono corpi trasparenti, illuminati da luci quasi spettrali che li rendono impalpabili e irreali. Corpi che attraversano lo spazio teatrale, in realtà non mostrato come tale, che perdono consistenza, tanto da diventare altro: non più corpo solido ma luce.

Le foto esposte, undici in tutto, non sembrano affatto scattate da una fotografa non professionista, ma appaiono piuttosto come il frutto di un lavoro attento e maturo, data la loro perfezione dal punto di  vista tecnico e l’intensità del messaggio visivo che riescono a trasmettere. Abbiamo fatto qualche domanda a questa giovane artista, di origini messinesi, per conoscere e capire il percorso che l’ha portata dalla laurea in psicologia all’incontro con la fotografia e a questa sua prima  interessante personale.

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Questa è la tua prima esposizione personale. Cosa hai fatto prima?
«In realtà non ho fatto ancora molto. Essendomi laureata da poco in psicologia, ho deciso solo ora di dedicare più tempo alla fotografia, nonostante già in passato avessi partecipato anche ad una collettiva insieme ad alcuni ragazzi dell’Accademia delle Belle Arti.»

Come nasce la tua collaborazione con Michel Ferraro e come s’inserisce nel tuo percorso artistico?
«La collaborazione con Michel, nasce dall’amicizia che  mi lega a lui e che mi ha portato ad assistere alla sua rappresentazione: mi trovavo sul set e ho cominciato a fotografare. Le foto sono piaciute molto a tutti, tanto che Michel le ha volute esporre anche in occasione della rappresentazione, insieme ad altre foto di altri artisti. Questa collaborazione s’inserisce perfettamente in un mio percorso personale di ricerca sui corpi, che intendo ancora sviluppare.»

Perché hai scelto per titolo della tua mostra CorpoReo?
«L’ho scelto non solo in riferimento allo spettacolo teatrale, che metteva in luce dei corpi che avevano perso la loro corporeità, ma anche in riferimento alle tematiche della nascita e della narrazione attraverso la fisicità, che sono temi che mi affascinano particolarmente.»

Il corpo visto sul palcoscenico e il corpo fotografato: che tipo di relazione hanno?
«Parlano attraverso le immagini e anche se  complementari riescono a vivere e a essere percepiti indipendentemente. Per esempio, le mie fotografie sono indipendenti dallo spettacolo e riescono ad esprimere la loro unicità e particolarità al di là del contesto in cui le ho scattate.»

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