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Oneida: tra punk, disarmonie e psichedelìa

Come molti gruppi oggi è riduttivo definire la loro musica. Se volessimo fare qualche nome potremmo nominare gli MC5, i Suicide, per certi versi i Wire

  • 22 febbraio 2004

Non vogliono proprio scendere a compromessi questi Oneida, o in ogni caso è un lusso che si concedono molto raramente, non ci vuole molto a capirlo. La band made in Brooklyn (Fat Bobby Matador, tastiere; Hanoi "Baby" Jane, basso e chitarra; Kid Millions, batteria) salirà sul palco dello Zo-centro culture contemporanee di Catania (piazzale Asia 6) lunedì 23 febbraio alle 22.30 per un concerto organizzato dalla Electratribe di Carmelo Milea (ingresso 7/5 euro). La Grande Mela ci ha offerto negli ultimi cinquant’anni una scena malata e prolifera, ha partorito figli deformi, spesso mostruosi che nella loro paradossale diversità ci hanno sempre affascinati. La culla dell’“espressionismo musicale” se volete concedermi questo termine. Dai Velvet Underground alla New Wave, dai Suicide alle radici del nichilismo punk, l’acidità della No Wave. 

Mi viene da pensare alla replica di Bkowski nei confronti di Carl Sandburg. Quest’ultimo sosteneva “la gente si”. Il caro vecchio Charles rispondeva “la gente no” , “quella poesia mi ha sempre fatto incazzare” diceva. Ed ecco, quello che voglio dire è New York NO! Come battezzò quell’indimenticabile manifesto Brian Eno: “No New York”. E con gli Oneida, credetemi, siamo ancora in No New York, con le dovute differenze e/o novità. Perché No New York? Perché la musica di questo gruppo è un calcio in culo a tutta quella spazzatura che spesso e volentieri accatastiamo nei nostri porta cd che in alcuni casi non sono troppo lontani dai cassonetti agli angoli dei vicoli del quartiere delle lettere di Manahttan. La loro produzione è un sonoro calcio nel didietro a tutti quei gruppi che sembrano rappresentare la scena newyorkese come gli Strokes e i Yeah yeah yeahs, gruppi che pensano presuntuosamente di rappresentare la musica e le tendenze della propria città. Gli Oneida direbbero, rubacchiando una loro dichiarazione in una recente intervista (in quel caso riferite ad un altro gruppo ma credetemi, fa lo stesso), delle “rose che puzzano di cacca”.

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E così questi newyorchesi, che portano il nome di un’antica tribù canadese che si spinse fin nell’attuale stato di New York presso il lago omonimo, approda a Catania, dove porterà con se tutta la sua furia punk (l’approccio più punk dei live della band è risaputo), con una fin’ora brillante carriera, due EP e sei album alle spalle. Vorrei citare fra questi il martellante “Each one teach one” , un brillante ultimo lavoro intitolato “Secret Wars” che ha già fatto parlare molto di se dalla stampa e dal pubblico, un album di prossima uscita dal titolo “The Wedding”. Cosa aspettarsi? Sinceramente non ne ho la più pallida idea, si tratta infatti, come hanno già dimostrato, di un gruppo poco prevedibile. In ogni caso so di aspettarmi una bella sorpresa.

Come molti gruppi oggi è riduttivo definire la loro musica. Se volessimo fare qualche nome potremmo nominare gli MC5, i Suicide, per certi versi i Wire,  ma si, forse anche i Devo. Io parlerei soltanto di un ottima rock band, che è riuscita a staccarsi dalla proprie influenze, trovare un proprio suono fra punk, disarmonie e psichedelìa e, cosa oggi molto rara, è riusciata a trovare la propria originalità e si è guadagnata i propri spazi e la propria libertà. Un gruppo non classificabile!

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