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Moque, un demo oltre il rock con linee vocali originali

  • 13 marzo 2006

Autore: Moque
Titolo: “Demo 2005”
Anno: 2005
Etichetta: autoproduzione

“Il rock è morto!”. Il rock è morto? Certo è che qualcuno, un duro colpo glielo ha inferto già da qualche tempo: una lenta e complessa “cospirazione” contro il “poveretto” è stata quella partita da Luisville con gli Slint (già nel 1987), passando per Glasgow con i Mogwai, toccando anche le gelide terre dell’Islanda con i Sigur Ros e giungendo fino allo Stivale con i Giardini di Mirò e gli Yuppie Flu. Ma il rock è davvero morto? Difficile questione. Secondo chi scrive, questo “dinosauro” sta vivendo un’era di profonda trasformazione, ma la definitiva “era glaciale” mi sembra ancora lontana dall’essere in atto. Ognuno la pensi come vuole, ma a mio parere, non è un caso, che ogni neologismo coniato per definire la nuova creatura, mantenga sempre al suo interno la parola “rock”: post-rock, alt-rock, indie-rock. Nonostante il paradosso, la questione resta aperta; è chiaro però, che la trasformazione di cui si parla è in corso da un po’, se oggi etichettare come rock un gruppo o un brano, è ambiguo, riduttivo, se non addirittura fuorviante.

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Anche la nostra Sicilia è terra di alcuni “sospettati” di questo vero o presunto “omicidio”, e un esempio stupendo è quello dei palermitani Moque: gruppo formatosi nel settembre del 2005 che esordisce con “Demo 2005”, registrato da Claudio Diprima (batterista dei Thy Majestie) e contenente tre brani. Lo scorso agosto, la formazione (Manfredi Lamartina: chitarra; Alessandro Maniscalco: chitarra; Alberto Pezzati: basso; Agostino Burgio: batteria) era in cerca di un cantante ed è grazie a un annuncio che Elena Fazio diventa subito la voce dei Moque. I due chitarristi e il batterista suonavano insieme nei Reves; anche il bassista era una vecchia conoscenza di Lamartina: già dalla fine dei novanta, infatti, erano insieme nei 2young2die. La loro proposta musicale è molto interessante, un sodalizio ideale tra i King Crimson di “Red” e i Mogwai. Sì, perché i Moque non disdegnano sincopi ritmiche né tempi dispari, e sanno abbandonarsi a lunghi momenti di rarefazione come a tirate noise.

Nonostante sia solo un “assaggio”, questo demo-cd ha una solida ossatura ed è ottimamente registrato. Già dalla prima traccia (che dura più di sette minuti), “Fari fendinebbia nel traffico di Palermo”, entriamo nel mood del disco e possiamo apprezzare le sonorità graffianti delle chitarre, da puliti taglienti a distorsioni muriatiche, nonché la bellissima voce di Elena Fazio, che si inacidisce verso la fine, con l’ausilio di filtri. Con “Senza Meta” capiamo da subito che la band sa il fatto suo in quanto a “math-rock”: il pezzo è aperto da una doppia trama di chitarra incalzante e martellante su cui si innestano basso e batteria alla perfezione, e anche qui la linea vocale è interrotta da continue irruzioni distorte. A chiudere è “Volume Dentro”, traccia - per alcuni versi - d’impronta più dark: dopo un immancabile riff ossessivo d’apertura, le modulazioni del ritornello creano un’atmosfera più cupa, per chiudere in un’irruenza noise finale. Nonostante alcuni schemi siano derivativi, i testi in italiano e le particolari linee del cantato contribuiscono molto all’originalità della proposta dei Moque: in questo senso una nota di merito va a Elena Fazio per la freschezza d’interpretazione e per l’intonazione.

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