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“Le vite degli altri”, la libertà al Muro

  • 17 aprile 2007

Le vite degli altri (Das Leben der Anderen)
Germania, 2006
Di Florian Henckel von Donnersmarck
Con Ulrich Mühe, Martina Gedeck, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme

C’era una volta la Germania divisa dal Muro, quella nazione lacerata come poche altre dalle ambigue strategie politiche dei Blocchi contrapposti, dall’equilibrio precario che per decenni tenne sospeso il mondo intero sull’orlo di un baratro. E c’era una volta il Nuovo Cinema Tedesco, quello di Herzog, Fassbinder, Wenders, Kluge e altri autori capaci di evocare la Storia filtrandola attraverso poetiche personali ed esemplari. Dopo decenni di film dimenticabili sotto il segno di una medietà votata all’intrattenimento, sembra arrivata la stagione del risveglio per i cineasti di un Paese ancora tutta da raccontare. “Le vite degli altri” è un’opera prima molto tedesca ed assai fortunata, successo di botteghini patrii e vincitrice di numerosi premi fino alla consacrazione del più recente Oscar come miglior film in lingua straniera. Il suo autore, Florian Henckel von Donnersmarck, oltre a dirigerlo lo ha anche scritto documentandosi con scrupolo sul periglioso contesto della vicenda, ambientata negli anni tenebrosi della DDR, la Berlino Est dominata dal Presidente Erich Honecker, garante di un regime implacabile dove a dettare legge furono i caporioni della famigerata Stasi, la Polizia segreta di Stato. Uno dei suoi più efficienti funzionari, il capitano Gerd Wiesler riconoscibile attraverso il codice HGW XX/7 (ad interpretarlo è un magnifico Ulrich Mühe), viene incaricato dal suo superiore Anton Grubitz (Ulrich Tukur) di spiare il drammaturgo Georg Dreyman (l’attore Sebastian Koch visto di recente nel controverso “Black Book” di Verhoeven) reo solamente di avere per compagna di vita la seducente primattrice Christa-Maria Sieland (la bellissima Martina Gedeck).

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Di quest’ultima si è innamorato lo spregevole ministro della cultura Hempf (Thomas Thieme) che, dopo averla vista in scena, coltiva per lei un’irrefrenabile bramosia ed è disposto a tutto pur di riuscire a dividere la sofistica coppia ammirata quando non invidiata dall’elite intellettuale comunista. La condotta di Dreiman risulta però irreprensibile resistendo al malefico lavorio fatto di perquisizioni, appostamenti ed estenuanti interrogatori ad amici e conoscenti attuato dal mellifluo sistema di delegittimazione coatta messo in moto. Ma il gelido Wiesler, tentennante ed intelligente come certi personaggi di Greene e Le Carré votati al Male, si rivela un pervicace tessitore di complotti: una volta lanciata la rete, fatta di simulazioni e di tradimenti, non resta che sferrare i colpi più efficaci perché ingiustizia sia fatta. La trama è un pretesto utile a descrivere un clima kafkiano e ad attivare la metafora “noir” della trappola per innocenti. I boia della verità, capaci di agire solo nelle tenebre del liberticidio, sono il sale di ogni dittatura più o meno dichiarata. La logica del veleno distribuito attraverso malevoli insinuazioni e persino maliziosi motti di spirito (nell’esemplare, crudelissima scena della barzelletta sul presidente Honecker raccontata ad una mensa della Stasi), è una delle armi più efficaci per garantire l’esistenza di un sistema basato sulla corruzione e sulla coercizione ideologica (come mostra l’iniziale scena della lezione sui metodi d’interrogatorio, da gestire alla stregua di sedute di tortura, condotta da Wiesler di fronte ai suoi allievi).

“Le vite degli altri” prova ad esplorare la sostanza stessa di cui è fatta una dittatura, attraverso uno stile classico e raffinato al punto giusto. Il film di von Donnersmarck è ben scritto e splendidamente recitato, capace di dare consistenza specifica al dualismo che oppone i personaggi principali, il cacciatore e la preda, entrambi vittime di nevrotiche contraddizioni (le reticenze quotidiane del drammaturgo tranquillo, che non osa criticare il regime, sono forse meno colpevoli dell’ipocrisia condotta dal funzionario – spia sedotto dal verbo brechtiano e che in cuor suo disprezza ciò che, giorno dopo giorno, è costretto a sostenere col proprio crudele lavoro?). A spezzare il giogo provvede infine la Storia: la caduta del Muro, per una vicenda ambientata negli anni Ottanta e quindi alla vigilia della più incruenta rivoluzione del Novecento, prepara la spiazzante sorpresa che stravolge il destino dei personaggi. Un sigillo pirandelliano per un film nobile ed intrigante, come certi piccoli capolavori d’altri tempi.

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