CINEMA E TV
“Le vite degli altri”, la libertà al Muro
Le vite degli altri (Das Leben der Anderen)
Germania, 2006
Di Florian Henckel von Donnersmarck
Con Ulrich Mühe, Martina Gedeck, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme
C’era una volta la Germania divisa dal Muro, quella nazione lacerata come poche altre dalle ambigue strategie politiche dei Blocchi contrapposti, dall’equilibrio precario che per decenni tenne sospeso il mondo intero sull’orlo di un baratro. E c’era una volta il Nuovo Cinema Tedesco, quello di Herzog, Fassbinder, Wenders, Kluge e altri autori capaci di evocare la Storia filtrandola attraverso poetiche personali ed esemplari. Dopo decenni di film dimenticabili sotto il segno di una medietà votata all’intrattenimento, sembra arrivata la stagione del risveglio per i cineasti di un Paese ancora tutta da raccontare. “Le vite degli altri” è un’opera prima molto tedesca ed assai fortunata, successo di botteghini patrii e vincitrice di numerosi premi fino alla consacrazione del più recente Oscar come miglior film in lingua straniera. Il suo autore, Florian Henckel von Donnersmarck, oltre a dirigerlo lo ha anche scritto documentandosi con scrupolo sul periglioso contesto della vicenda, ambientata negli anni tenebrosi della DDR, la Berlino Est dominata dal Presidente Erich Honecker, garante di un regime implacabile dove a dettare legge furono i caporioni della famigerata Stasi, la Polizia segreta di Stato. Uno dei suoi più efficienti funzionari, il capitano Gerd Wiesler riconoscibile attraverso il codice HGW XX/7 (ad interpretarlo è un magnifico Ulrich Mühe), viene incaricato dal suo superiore Anton Grubitz (Ulrich Tukur) di spiare il drammaturgo Georg Dreyman (l’attore Sebastian Koch visto di recente nel controverso “Black Book” di Verhoeven) reo solamente di avere per compagna di vita la seducente primattrice Christa-Maria Sieland (la bellissima Martina Gedeck).
“Le vite degli altri” prova ad esplorare la sostanza stessa di cui è fatta una dittatura, attraverso uno stile classico e raffinato al punto giusto. Il film di von Donnersmarck è ben scritto e splendidamente recitato, capace di dare consistenza specifica al dualismo che oppone i personaggi principali, il cacciatore e la preda, entrambi vittime di nevrotiche contraddizioni (le reticenze quotidiane del drammaturgo tranquillo, che non osa criticare il regime, sono forse meno colpevoli dell’ipocrisia condotta dal funzionario – spia sedotto dal verbo brechtiano e che in cuor suo disprezza ciò che, giorno dopo giorno, è costretto a sostenere col proprio crudele lavoro?). A spezzare il giogo provvede infine la Storia: la caduta del Muro, per una vicenda ambientata negli anni Ottanta e quindi alla vigilia della più incruenta rivoluzione del Novecento, prepara la spiazzante sorpresa che stravolge il destino dei personaggi. Un sigillo pirandelliano per un film nobile ed intrigante, come certi piccoli capolavori d’altri tempi.
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