CINEMA E TV
"Chicken Little", il galletto che fa ridere i polli
Chicken Little
U.S.A., 2005
Di Mark Dindal
Un certo interesse girava attorno a questo “Chicken Little”, primo lungometraggio d’animazione tridimensionale realizzato interamente dalla Disney senza appoggio della Pixar, che in America solo nel primo weekend ha incassato 40 milioni di dollari. I gloriosi studi dello zio Walt, infatti, abbandonano ancora una volta la veste classica e tradizionale che li ha consacrati per dedicarsi ad un progetto fresco e al passo con le nuove generazioni. Ecco allora una grafica più sghemba e colorata, con qualche debito verso lo stile della storica arcirivale Warner Bros, una storia fuori dai canoni fiabeschi e una sceneggiatura più incline alla gag, alla citazione e allo sberleffo, come da qualche anno si usa nell’universo dei cartoni 3D. Un’operazione dichiaratamente autoironica fin dai titoli di testa, che si fanno gioco dell’inossidabile patrimonio disneyano prendendo in giro vecchi e nuovi capisaldi come “Il re Leone” e “Biancaneve”. Tutto questo, però, rimane sulla carta, perché grattando la superficie iconoclasta ed eversiva, emerge quasi subito un nocciolo duro estremamente convenzionale e politically correct. Chicken Little è un polletto occhialuto e nerd divenuto lo zimbello dei suoi concittadini di Querce Ghiandose per aver una volta raccontato che un pezzo di cielo gli era caduto sulla testa.
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