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Addiopizzo: “Ci rinnoviamo per tenere vive le coscienze”

  • 28 novembre 2005

Un riconoscimento al coraggio, alla coerenza e alla perseveranza. Il Comitato Addiopizzo ha ricevuto il premio “Rocco Chinnici” a Piazza Armerina, in provincia di Enna, come testimonianza dell’impegno svolto dal collettivo contro la mafia e il racket delle estorsioni. Per l’occasione, Balarm.it ha intervistato un rappresentante del Comitato, Francesco Galante.

Ripercorriamo un po’ la storia del Comitato Addiopizzo.
«Gli inizi risalgono al giugno del 2004, quando sono comparsi i primi adesivi che recavano la scritta più famosa: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Quella era la fase provocatoria della nostra strategia. Una strategia che abbiamo voluto chiamare “guerriglia comunicativa a bassa intensità”. Essa partiva dal basso, da gente ancora non associata in un comitato, in forma anonima e senza copyright».

All’inizio siete stati criticati per la scelta dell’anonimato.
«Non aveva senso rivendicare la paternità dell’azione quando il problema non riguarda né solo un gruppo, né una sola città. Dopo la prima fase abbiamo fatto un passo avanti, abbiamo fatto “outing”. Nel giugno di quest’anno ci siamo costituiti in un comitato, di cui fanno parte circa cinquanta persone, e abbiamo cominciato la raccolta firme per un progetto molto sentito, quello della campagna per il consumo critico. Esso è rivolto al sostegno di quei commercianti che non pagano il pizzo, che in questa maniera aderiscono alla lotta. Ciò avviene attraverso il comitato dei garanti, presieduto da Pina Maisano, la vedova di Libero Grassi. L’idea è quella di comporre una lista di commercianti per poi spostarci sul versante dei consumatori. In questo senso ci siamo mobilitati raccogliendo i dati e i recapiti di coloro che hanno voluto aderire all’iniziativa, per poi portarli a conoscenza di aziende, negozi ed esercizi commerciali che non pagano il racket, inviando loro una lista. Questa lista è ancora in preparazione. Finora seimila consumatori hanno sottoscritto l’iniziativa. In molti ultimamente ci hanno chiesto della lista, ma le cose vanno più a rilento di quanto pensassimo».

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Come si fa a essere certi che un commerciante dica la verità quando sostiene di non pagare il pizzo?
«Neanche noi ci arroghiamo il diritto di dirlo, per questo è stato costituito il comitato dei garanti. Essi attivano i loro contatti personali per arrivare a dare una parola di garanzia sui commercianti».

Avete avuto molto sostegno sia dalla società civile che dalle istituzioni, ricevendo tra gli altri i complimenti del procuratore Pietro Grasso. Voi come pensate che abbiano agito le istituzioni nella lotta alla mafia e al racket negli ultimi anni?
«Ci siamo accorti che il principale aspetto positivo della nostra campagna è che il movimento della coscienza civile viene dal basso. Sembra che tutto ciò che proviene dall’alto, dalle istituzioni, sia percepito come “altro”, come “estraneo”. Ci sono state persone che hanno fatto un passo avanti solo perché motivate dalle nostre azioni. Non c’è fiducia nei confronti delle istituzioni, e questo è un dato più che assodato. Questo avviene perché molte volte le persone si sono sentite abbandonate dalle istituzioni, principalmente dai partiti che, una volta saliti al governo, non hanno mantenuto le promesse. Le associazioni di categoria come Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, non percepiscono il problema alla stessa maniera. Le loro iniziative non attecchiscono».

Eppure, ad esempio, la Confcommercio si è dotata di uno sportello per la legalità per aiutare i commercianti.
«Non hanno ricevuto chiamate nel primo periodo di attività».

Dopo la prima fase di “provocazione”, il successivo outing e la partecipazione a eventi e tavole rotonde, non temete che svanisca l’effetto sorpresa che vi ha permesso di smuovere le coscienze? Come reagireste in questo caso?
«La fine dell’effetto sorpresa è un rischio che teniamo in grande considerazione. Il nostro proposito è rinnovare di volta in volta la campagna. C’è sempre qualche idea all’ordine del giorno per non fare perdere attenzione nei confronti della nostra strategia. Finora non abbiamo raccolto il risultato sperato in termini di adesione del corpo studentesco. Quest’anno i 64mila iscritti dell’università hanno ricevuto, con la documentazione per l’iscrizione all’anno accademico, anche il modulo per aderire alla nostra campagna. Ne riceviamo veramente pochi. L’unica ipotesi per spiegare questo fatto riconduce al discorso precedente sulle iniziative provenienti “dall’alto”, dalle istituzioni, in questo caso dall’università».

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