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L'Etna raccontato dai poeti greci: tra ninfe e mostri, chi si nasconde sotto i terremoti

Un paradiso terrestre, divino e maestoso: gli antichi hanno conferito all'Etna tratti di donna e madre, prigione per mostri giganteschi e culla per ninfe e semidei

Balarm
La redazione
  • 30 dicembre 2018

Il terremoto del 26 dicembre 2018, iniziato alle 3.19 del mattino è stato uno dei più energetici mai registrati sull'Etna: sin dall'antichità però l'uomo è stato affascinato dalla potenza della natura, dalla lava infuocata e dalle eruzioni anche fumose.

Prima della scienza della vulcanologia e di quella della sismologia c'era la poesia, c'era la prosa, a raccontare a spiegare i fenomeni naturali più interessanti.

Nella mitologia greca si legge che è colpa di Eolo, il re dei venti, se l'Etna si sfoga con le colonne di fumo perché è qui che ha imprigionato i suoi venti, tra le caverne del vulcano.

Secondo i poeti Esiodo ed Eschilo la furia del vulcano è in realtà la rabbia del gigante Tifone, confinato nell'Etna, che secondo altri autori è invece un drago.

Tifone secondo Eschilo era un mostro mezzo uomo e mezzo belva, più grande di qualunque montagna, figlio di Gea e del Tartaro: con la testa colpiva le stelle e al posto delle dita delle mani aveva draghi, aveva vipere attorno alla vita e gli occhi lanciavano fiamme.

Il mostro attaccò il Cielo facendo scappare tutti gli dei tranne Atena e Zeus: il padre degli dei infine lo ha vinto, colpendolo con i suoi fulmini e schiacciandolo sotto l'Etna.

Secondo il mito descritto da Ovidio i terremoti sono infatti i suoi, vani, tentativi di liberarsi dal peso del monte.

E un altro gigante gli fa compagnia: è Encelado, sepolto da Atena sotto un enorme cumulo di terra e pietre che con il tempo sarebbe diventato la Sicilia, scrive Virgilio.

Il suo corpo, secondo sempre la mitologia, è ancora disteso sotto l'Isola e in corrispondenza del vulcano ci sarebbe la sua testa: quando il gigante grida è dall'Etna che esce la sua rabbia, sottoforma di lapilli e fuoco.

Non possono mancare i riferimenti al fabbro degli dei: Efesto (o Vulcano, anche dio del fuoco e della metallurgia).

La sua officina è quindi proprio dentro l'Etna che, sempre secondo la complessa struttura del mondo secondo la mitologia greca, è anche il "mondo dei morti" greco, il Tartaro.

Etna però è anche una dea, la figlia di Urano e Gea, che rispettivamente sono la personificazione del Cielo e della Terra, il vulcano dunque è il frutto dell'unione tra il cielo e la terra.

È anche un semplice arbitro durante le dispute tra il dio del fuoco Efesto e la dea delle messi (del grano) Demetra ed è anche descritta come la madre dei Palici.

I fratelli Palici sono figli di Zeus e della ninfa Talia, nacquero però sottoterra perchè la madre aveva paura che Giunone, compagna ufficiale di Zeus, potesse ucciderli.

Un mito molto noto è anche quello del rapimento di Persefone: Ade, zio della giovane e dio degli Inferi, l'attirò con un narciso e quando lei lo raggiunse si aprì, nel punto in cui erano, una immensa voragine nel terreno che li ingoiò.

Alla notizia del rapimento della figlia Demetra iniziò a cercarla con una fiaccola accesa nelle viscere dell’Etna. Persefone fu trovata dopo che si era nutrita del cibo degli inferi (chicchi di melagrana) e chi lo mangia non può più andare via.

Il vulcano della Sicilia è di fatto di una divina maestosità che da sempre ispira la letteratura: è un luogo in cui mito e natura si fondono.
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