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In Sicilia non c'è quiete dopo la tempesta: alluvioni, trombe d'aria (e atti eroici)

Abbiamo tutti negli occhi il salvataggio del motociclista trascinato dalle acque. Se il cambiamento climatico è un dato di fatto, forse sarebbe meglio fare manutenzione

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 21 ottobre 2024

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Acqua ovunque da nord a sud, ancora una volta, come tante altre e troppe volte, di nuovo scenari “biblici” incomprensibili per noi che ci sentiamo in grado di gestire gli eventi naturali. È un susseguirsi di richieste di aiuto, di ordinanze di evacuazione, di devastazioni di culture e cose.

È il 19 ottobre e anche in Sicilia, dopo un’estate estenuante durata fino al giorno prima che ha portato con sé una devastante siccità, sono arrivate acque torrenziali.

Teatro del disastro la parte Orientale che quasi seguendo la Statale, che porta questo nome, ha colpito Catania, Ragusa, Siracusa e Enna dove è caduto un costone di roccia arrivando da una parte sino a Capopassero dove si è formata una tromba d’aria e dal lato opposto sino a Messina.

Abbiamo tutti negli occhi il salvataggio di quel motociclista trascinato dalle acque che tentava di rialzarsi per non essere travolto, e il gesto sicuro e impavido di una ragazza nigeriana di 28 anni, Angela Isaac, che grazie al suo coraggio è riuscita a trascinare l’uomo sino all’entrata di un negozio salvandogli la vita, lei non ha ripreso con il cellulare è scesa in quella fiumana di detriti liquami e fango.
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Per niente facile quello che ha fatto. ve lo racconta chi è stata tanti anni in Protezione Civile e di esondazioni ne ha viste diverse, camminare in quella melma vischiosa richiede grande forza e soprattutto temerarietà.

Dovremo abituarci a questi eventi climatici che diventano sempre più violenti, se il terremoto non si può prevedere ma solo mitigarne gli effetti, attraverso la messa in sicurezza delle abitazioni, le esondazioni hanno invece precise responsabilità determinate dall’incuria dell’uomo, che con un disboscamento selvaggio, oltre al mai ascoltato controllo degli argini, la pulizia di caditoie e il controllo delle acque reflue determina un pericolo costante.

Se il cambiamento climatico è un dato di fatto con cui dovremmo convivere, forse sarebbe il caso iniziare con una coscienziosa manutenzione senza stravolgere il nostro sistema economico e sociale. Una cura preventiva per il nostro fragile “Paese”.

È da precisare che la Sicilia, al contrario di quanto si ritiene, è ricca di acque sotterrane, lo sapevano chi in Sicilia costruì i Qanat, lunghissimi cunicoli scavati nei “maestri d’acqua” nella calcarenite friabile.

Qanat sono stati rinvenuti a Catania, a Siracusa e a Palermo che ha diversi fiumi, il Kemonia, Papireto, Oreto, ed altri meno conosciuti oltre a innumerevoli corsi secondari che aumentano man mano che si scende in profondità.

Questi rivoli furono la causa di numerosi allagamenti in città con interi quartieri sott’acqua. Vi sono foto che raccontano una piena nel 1931 con una barca dietro il Teatro Biondo che naviga sulla strada, e una passarella predisposta per consentire il passaggio delle persone, come viene fatto a Venezia.

I Qanat captavano l’acqua che proveniva dalle colline circostanti attraverso questi cunicoli che con un’abile realizzazione ingegneristica basata su un sistema di pendenze, la ridistribuiva dove c’era bisogno. I Qanat a Palermo furono tra gli artefici della rigogliosa e mai dimenticata Conca D’Oro.

Questa nuova alluvione non ha fatto che ribadire le azioni da fare: controllo, manutenzione e realizzazione di nuovi allacci. È chiaro che un violento nubifragio appartiene a fenomeni eccezionali dove tutto questo potrebbe non bastare ma sicuramente si potrebbero controllare gli effetti ed agevolare una rapida ripresa.

È terribile vedere sommozzatori del Nucleo di Catania intervenire a Misterbianco per mettere in salvo diversi automobilisti rimasti intrappolati nelle auto, scene che si sono ripetute a Belpasso, a Calatino, a Gela e a Licata dove il fiume Salso è esondato in più punti dell’Agrigentino.

Lì gli abitanti dei piani inferiori non hanno potuto fare altro che salire sui quelli superiori o addirittura sui tetti delle macchine, una persona è stata trovata aggrappata ai pilastri di un ponte e salvata appena in tempo dai Vigili del Fuoco. Persino Stromboli è stata investita da un fiume di acqua e fango che ha invaso le stradine.

In tutto questo disastro bisognerà poi fare i conti con le colture danneggiate che dopo la sofferenza patita dalla siccità è stata sommersa d’acqua. I danni agricoli dovranno essere quantificati, e probabilmente sarà necessario valutare lo Stato di Calamità Naturale.

Questa volta in Sicilia la parte interessata è stata la zona Orientale rispetto a quella Occidentale dov’è più frequente, e se non vi sono state vittime è un vero miracolo. Ricordiamo l’esondazione avvenuta a Corleone pochi anni fa, dove perse la vita il pediatra dell’ospedale che volle a tutti i costi raggiungere i suoi piccoli degenti nonostante le avverse condizioni meteo.

Avendo documentato, purtroppo, varie alluvioni, in tutte ho visto le stesse scene di profonda disperazione, perché non c’è solo il momento della paura ma anche un tristissimo "dopo", fatto di oggetti e cose da recuperare e su tutto quell’ indimenticabile odore di putrido, di olii, carcasse di animali, muffa che fa girare la testa e non permette di respirare.

Tra le tante ho ricordato quella della Versilia, dove nel giro di un giorno andarono sott’acqua diversi comuni, una situazione che ricorda quella in Sicilia dove dopo una prolungata siccità arrivò il "diluvio".

Rammento in una notte freddissima di novembre un canto di uomini da una delle chiese seicentesche. Era una squadra di Protezione Civile proveniente da Siracusa, i volontari stavano ripulendo le mura dell’edificio religioso e verificando la tenuta del tetto, il freddo tagliava in due e loro per farsi coraggio cantavano con dolcezza le canzoni della loro terra.

Dovremo abituarci a tutto questo, dovremo ancora contare sull’aiuto di volontari e gruppi preposti alla tutela e salva guardia di persone cose, ma sarà necessario anche studiare e realizzare strumenti per contrastare la violenza di una natura “arrabbiata”.
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