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Il crocifisso (miracoloso) sulla Via dei Frati: lo trovi in un borgo al centro della Sicilia

Chi porta un ex voto, chi un’offerta, chi il proprio dolore e la fede. Una fede che fa percorrere sentieri impervi pur di essere presente il 3 di maggio in questo luogo

Roberto Mistretta
Giornalista e scrittore
  • 3 maggio 2024

Il Crocifisso di Borgo Bilici

C’è un veneratissimo crocifisso custodito in un santuario al centro della Sicilia, lungo la Via dei Frati, dove un tempo sorgeva un castello.

Un crocifisso ritenuto miracoloso e dalle origini leggendarie che ogni anno, da secoli, il 3 di maggio, richiama migliaia di fedeli da vari paesi dell’entroterra che, con nastrino rosso al polso, percorrono chilometri e chilometri, anche a piedi, per impetrare grazie e inginocchiarsi ai suoi piedi.

Chi porta ex voto, chi un’offerta, chi soltanto il proprio dolore e la propria fede. Una fede che fa percorrere sentieri impervi e strade tortuose pur di essere presente il 3 di maggio a Borgo Bilici.

Il santuario appartiene alla diocesi di Cefalù, ma viene gestito dal parroco di Marianopoli, paesino collinare del nisseno. Borgo di Castel Bilìci infatti, pur ricadente nel territorio di Petralia Sottana, è situato a poca distanza da Borgo Vicaretto e dal Feudo Tudia, ma dista quasi cinquanta chilometri e serve oltre un’ora di auto per raggiungerlo da Petralia. Al contrario, è vicinissimo al comune di Marianopoli, che si trova a poco più di 6 km, e da dove lo si raggiunge in un quarto d’ora.
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Vicini sono anche i comuni di Villalba e Vallelunga Pratameno, che distano una decina di km o poco più, mentre rimangono leggermente più lontani Resuttano, 19 km, e Mussomeli, che dista oltre 20 chilometri.

Eppure proprio da Mussomeli, la capitale del Vallone, ma anche da altri paesi, ogni anno, il 3 maggio, di buon mattino, tanti fedeli si sobbarcano a piedi tale percorso, attraversando ex feudi e sentieri, fermandosi in questa o quella masseria, per raggiungere dopo alcune ore di cammino il santuario e poter partecipare alla messa solenne delle 11.30, a cui segue la processione e la benedizione dei campi.

In tale giornata viene distribuito un nastrino rosso che viene legato al polso come braccialetto. Altri lo legano alla croce di ferro posta sul Calvario, poco distante dalla chiesa.

Ma cosa rende così venerato ‘U Crucifissu di Bilici i cui festeggiamenti cominciano il 25 aprile e seguono un ricco programma religioso? La storia merita di essere raccontata perché ha origini secolari ed è circondata da un alone leggendario che richiama il nome di un pastore, Vanni Calabrisi, che viveva in una grotta non lontano dal castello di Bilici, visitabile tutt’oggi. Sarebbe stato lui, secondo la tradizione popolare ad avere scolpito il crocefisso, utilizzando un tronco.

Dopo avere intagliato il legno cavandone il corpo piagato del Cristo, Vanni Calabrisi non sarebbe però riuscito a scolpirne il viso. Incapace di dare fattezze umane al volto divino, si sarebbe addormentato in preda allo sconforto, ma ecco che al risveglio ritrovò il Crocifisso ultimato da ben altra mano.

Quel giorno era il 3 di maggio di un anno imprecisato e dopo avere gridato al miracolo, il Crocifisso sarebbe stato portato alla cappella del castello di Bicili dalla gente accorsa sul posto. Questa insomma la storia tramandata a voce dal popolino, una storia assai simile a tante altre che vengono narrate, forse troppe, per essere veritiera.

La storia ufficiale, invece, ci racconta ben altro. Eccola. Il Crocifisso di Castel Belice è opera di Fra’ Innocenzo da Petralia, scultore assai noto agli studiosi, nato a Petralia nel 1592 e morto a Palermo il 20 dicembre 1648. Fra’ Innocenzo era discepolo del celebre Fra’ Umile detto il Pintorno, autore a sua volta di mirabili crocifissi.

Fu il padre guardiano Michelangelo La Placa, del convento dei Frati Minori di Petralia, nel 1638, a donare alla duchessa Maria Fernanda Alvarez, proprietaria del feudo di Castel Bilici, il crocifisso ligneo di grandezza naturale, raffigurato nell’atto di rivolgersi a Dio Padre, prima di esalare il suo ultimo respiro.

Il crocefisso venne conservato nella cappella baronale.

Poi, il 3 maggio 1645, la statua venne solennemente benedetta con l’approvazione del vescovo ed esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesetta di Castel Belice. Nel XVII secolo nel castello fu ospitata una comunità di francescani, provenienti dal convento di Petralia, che davano assistenza spirituale anche ai tanti popolani che vivevano nel feudo.

Col passare dei secoli il castello andò in progressiva rovina. E nel 1918 sei devoti cittadini di Marianopoli lo acquistarono da Pietro Lanza Branciforti, principe di Trabia e di Butera, proprio per perpetuare il culto del SS. Crocifisso. Da allora viene trasferito da padre in figlio, sino ad arrivare a tanti comproprietari, man mano che le successioni continuano.

Tutti gli adempimenti che riguardano l’organizzazione della festa e le attività religiose vengono portate avanti da un comitato di eletti, in collaborazione con la Curia Vescovile di Caltanissetta, e l'assistenza spirituale dell'arciprete di Marianopoli.

Come già detto, infatti il territorio dove si trova santuario appartiene a Petralia Sottana, ma da sempre il centro montano nel cuore del Parco delle Madonie intrattiene rapporti di collaborazione con la comunità di Marianopoli e gli altri comuni del Consorzio "Cinque Valli".

Assai ricco e variegato ogni anno il programma degli appuntamenti che dopo i momenti di adorazione del crocefisso, trasforma il pellegrinaggio in una gioiosa festa campestre e ci si può immergere in luoghi incontaminati, dove il tempo sembra essersi fermato e basta appena chiudere gli occhi per sentire attorno a sé il silenzio pieno della natura e ritrovare un senso di pace profonda.
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