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"I facciuna" di Santa Chiara, il dolce con il viso d'angelo: la ricetta (segreta) di Noto

Vi sveliamo la storia e la ricetta ideata dalle clarisse del monastero dedicato alla santa. Realizzavano così queste prelibatezze che si possono trovare anche oggi

  • 16 settembre 2022

Facciuna di Santa Chiara

Capolavoro della pasticceria siracusana, i “facciuna" è una specialità dolciaria che gode di grande notorietà in vari luoghi della nostra isola.

Secondo le fonti pervenute fu sfornato per la prima volta dalle clarisse del monastero di Santa Chiara, a Noto. Tanto per aprire una breve parentesi storica, in Sicilia la tradizione pasticciera è intimamente legata ai conventi femminili.

Prova ne sia la gran moltitudine di dolci che tuttora allietano i palati di tutti i siciliani. Infatti, se non fosse stato per l’ingegno delle monache, probabilmente buona parte delle leccornie che oggi conosciamo non sarebbero mai esistite.

Inoltre, per chi non lo sapesse, un tempo le suore erano solite dedicarsi alla cucina per ricevere i proventi necessari alla gestione delle attività che quotidianamente erano tenute ad eseguire.

Una delle doti migliori che possedevano era senz’altro la capacità di realizzare gustosissime prelibatezze facendo uso di pochi e semplici ingredienti.
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Oltretutto, ogni “bontà” ideata prendeva il nome della località presso cui era stata inventata, divenendo simbolo della comunità religiosa stessa.

Questa particolare dedizione all’arte culinaria, oltre che assicurare una buona fonte di reddito, poteva risultare particolarmente utile per stringere dei legami importanti con medici, prelati e vescovi.

Ad ogni modo, col passare del tempo la cucina conventuale raggiunse un livello di specializzazione talmente elevato da segnare la nascita dei primi laboratori di pasticceria siciliana.

Ben presto, non a caso, ci si concentrò non solo sul gusto ma anche sull’estetica decorativa del “dolciume “ elaborato.

Un esempio calzante del connubio appena descritto è rappresentato proprio dal delizioso facciuna che, prestando fede a quanto detto in giro, fu soprannominato in tal maniera per via del grosso viso d’angelo raffigurato sull’involucro di carta.

Dal sapore sublime e irresistibile, nel versante siracusano è particolarmente apprezzato e gettonato. Per chi, però, volesse passarsi lo sfizio di prepararne una bella scorta in casa ecco qui di seguito una delle procedure più in voga: prima di tutto occorre abbrustolire le mandorle per cinque minuti in forno preriscaldato a 260 C° circa.

Successivamente si procede tagliando a pezzettini mezza buccia d’arancia. Eseguito pure quest’altro passaggio, bisogna sminuzzare le mandorle e mescolarle dentro una zuppiera.

È altrettanto fondamentale che tale operazione venga effettuata versando un po' di latte alla volta affinché l’insieme degli ingredienti si addensi a dovere e, al contempo, risulti ben amalgamato. A questo punto, non resta altro che coprire la zuppiera con la pellicola alimentare e far riposare il tutto per otto ore.

A seguire si aggiunge anche una discreta quantità di lievito. Una volta che il contenuto si compatta sufficientemente, arriva il momento di lavorarlo con le mani modellando delle palline appena più grandi di una noce da collocare ordinatamente all’interno di una teglia foderata con carta forno.

Fatto ciò si infornano ad una temperatura di 220 C°, attendendo che cuociano per una ventina di minuti. Trascorso il tempo necessario, bisogna solo aspettare che si raffreddino a temperatura ambiente.

Il procedimento si conclude immergendo le palline in una glassa che solitamente si prepara con gli albumi montati a neve, il succo di limone e lo zucchero a velo.

I biscotti, finalmente, sono belli e pronti per essere assaporati. Non di rado i buongustai usano accompagnarli con un bel bicchiere di vino "Moscato".
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