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I Dagnino a Palermo, dall’Extra Bar alla "fillata": un pezzo unico della nostra storia
Una famiglia di imprenditori che ha fatto storia: dall’American bar Pasticceria del Massimo all’Extra Bar, dalla conserva di pomodoro al primo panettone siciliano
L'esterno dell'Extra Bar di Palermo
«Ricordo ancora la carta trasparente della singola confezione dei cornetti e la scritta blu Dagnino: quanto erano buone quelle merendine! Non ho più ritrovato quei sapori», racconta il signor Fabio.
«Indimenticabile, per me ragazzino studente delle medie, fu la visita allo stabilimento Dagnino, dove dopo averci mostrato le fasi della lavorazione del famoso panettone, ci offrirono un rinfresco con fette di panettone e cedrata», dice invece il signor Carmelo.
In pochi sanno che la famiglia Dagnino aveva origini genovesi. Gli anni successivi all’unificazione della penisola furono infatti caratterizzati dall’arrivo di stranieri e di italiani del centro e del nord: inglesi e tedeschi, svizzeri (Caflisch) e francesi ma anche imprenditori lombardi e genovesi sbarcarono sull’isola e aprirono alberghi, librerie, caffè e ristoranti.
L’ex fabbrica di salsa di pomodoro e conserve alimentari Nicolò Dagnino, risalente i primi del Novecento, si trova in via dello Spasimo, nei pressi dell’Oratorio dei Bianchi, all’interno del quartiere della Kalsa. Grazie a un progetto di recupero e risanamento è stata trasformata in un complesso con case a schiera con giardino, alcune unità sono destinate ad accoglienza turistica.
Nel 1896 Nicolò Dagnino aprì la Pasticceria del Massimo in Via Ruggiero Settimo nel Palazzo Filangeri di Amorosa. L’ultimo trentennio dell’Ottocento e il primo del Novecento segnarono l’età d’oro dei Caffè palermitani.
A partire dagli anni Trenta la Pasticceria del Massimo e l'Extrabar Olympia ebbero un grande ruolo nella vita sociale e mondana della città. I Dagnino proposero tutti i dolci della tradizione siciliana esclusivi di alcune feste, ad esempio i Cannoli di Carnevale, la Cassata di Pasqua, i Pupi di zucchero del 2 Novembre, che si cominciarono a produrre tutto l'anno.
Il 13 Dicembre del 1955, l'apertura della Galleria Esedra a Roma fu l'opportunità per la Pasticceria Dagnino di creare un ponte tra Palermo e la capitale.
Gli eleganti locali vennero progettati e decorati dagli artisti che avevano già lavorato nella sede di Palermo: Giuseppe Corinto, Herta e Alfonso Amorelli e dal Mangiameli, autore delle sculture in legno dipinto, rappresentanti le Province siciliane.
La pasticceria del Massimo nel dopo guerra si trasforma in American Bar: si tratta di nuovi Caffè con un diverso ruolo e un più rapido servizio, in considerazione dei ritmi accelerati della vita moderna. I clienti frettolosi e di passaggio consumano in piedi, al banco, a volte durante le pause dal lavoro.
L’Extra Bar di Palermo, viene ristrutturato negli anni 50 su progetto dell'architetto Peppino Contino: è di concezione ultramoderna e s'ispira, in particolare nel movimento del soffitto, alla famosa pensilina "Dinosauro" della Stazione Termini di Roma.
Il bancone-bar è a sua volta di moderna concezione, sia per la sua notevole lunghezza sia perché i barman possono essere riforniti direttamente dal retro. Il locale ha una raffinata sala da te all’inglese, con i tavolini in marmo e arredi Ducrot; al pano superiore di trova l’elegante e sobria sala ristorante.
Tutto è di prima qualità, dalla golosa pasticceria (africani, cassatine, pastine savoia) alla sfiziosa rosticceria: le buonissime e rinomate arancine al pollo, le pizzette quadrate alte e soffici, le ravazzate, le rizzuole, i cartocci.
L’Extrabar è il primo locale a Palermo a proporre agli avventori le sfogliatelle ricce napoletane, scaldate in un fornetto per esser sempre calde e fragranti. Un cartello in vetrina recita: “Sempre calde come il cuore, sfogliatelle a tutte l’ore”. In estate il banco gelati, su Via Ruggiero Settimo, offre ai i clienti coni da passeggio, brioche con gelato, spongati con la panna e “ascaretti”.
Ricorda con malinconia il signor Giuseppe: «Nella sala al piano superiore, più di 50 anni fa, ho festeggiato con una cena per 90 ospiti la mia prima comunione. Era il 18 Aprile 1971. Rammento ancora il menù: un antipasto, un primo di raviolini, un secondo di lacerto con contorno, macedonia di frutta, torta, spumante e caffè».
La signora Maria Grazia racconta con piacere: «Papà portava me e mio fratello a mangiare la brioche col cappello, gelato e panna, in estate o le sfogliatelle con la cioccolata calda se era inverno. Tutto questo quando papà prendeva lo stipendio e solo due volte all’anno».
Un’altra signora aggiunge: «Quante volte ci sono stata! Il sabato dopo il cinema con la mia famiglia a prendere una ravazzata o i primi panini con i wurstel. Il sabato era dedicato al cinema, con tutta la famiglia.
Posteggiavamo la giardinetta al "Politeama" e andavamo al Nazionale o all'Imperia a vedere il film che rigorosamente sceglieva la mamma e dopo lo spettacolo andavamo a mangiare all'Extra Bar dove c'erano le ravazzate. oppure l'ultima novità del momento: i panini con il wurstel viennese.
Ricordo che li tenevano in un contenitore con l'acqua calda e li pescavano con un forchettone.. il panino poi era buonissimo e il tutto spalmato di senape». L’Extra Bar ha chiuso purtroppo i battenti nel 2000. La pasticceria Dagnino di Roma è ancora in attività, ma non appartiene più alla famiglia.
L’industria dolciaria sita in via La Malfa, nata per volontà di Andrea Dagnino venne inaugurata il 3 Dicembre al 1966 produceva: panettoni, colombe, pandoro, cornetti, petit bon, baby cake, mezzaluna, pandorini, tortine, plumcakes, biscotti, latte di mandorla, sciroppi di frutta, confetti, torroni, frutta candita, pasticceria fresca.
La Dagnino era in anticipo persino sulla Barilla, che avrebbe inventato la Mulino Bianco solo nel 1974.
I cornetti caldi venivano venduti anche sulla spiaggia di Mondello dai venditori ambulanti. I prodotti dolciari che erano difettosi, poco gradevoli alla vista, venivano immessi ugualmente sul mercato ed erano venduti a prezzo scontato. Il panettone del Sole, il panettone di Dagnino fu il primo panettone siciliano.
Per riuscire a garantire la produzione industriale su larga scala, Andrea Dagnino fu costretto ad allearsi con l’ente siciliano per la promozione industriale (la Regione Siciliana), che contribuì per il settantacinque per cento del capitale, mentre il resto lo misero lui e i suoi soci.
Quando la Regione cominciò a chiedere un aumento del capitale, e visto che né lui né i soci possedevano quelle somme, Andrea Dagnino venne estromesso da ogni carica e si vide strappare dalle mani la sua stessa creatura che divenne pubblica. Infine, negli anni 80, i 400 dipendenti videro fallire l’industria.
Un capitolo a parte merita la famosa fillata di Dagnino. C'è anche l'esclamazione palermitana di meraviglia: "Ma chi? La fillata 'i Dagnino!" Il riferimento dovrebbe essere agli affettati in genere (o la mortadella in particolare) che Dagnino vendeva a prezzi esosi, ma si trattava di un altro Dagnino! La fillata, ossia l’affettato, si vendeva nella Salumeria Dagnino Venzano in Via Ruggero Settimo angolo Rosolino Pilo.
Antonio Dagnino Venzano, era un industriale e produceva salumi: un salumificio era a Villagrazia di Carini, un altro laboratorio a Palermo.
«Entrambi i miei nonni erano genovesi - racconta Marco Castellino, nipote di Antonio Dagnino Venzano - ed appartenevano a note dinastie imprenditoriali di Genova che in Sicilia hanno realizzato ad inizio secolo importanti attività (banche, assicurazioni, compagnie marittime, ristorazione, ecc).
Anche l'Extra Bar Dagnino di fronte al Teatro Massimo apparteneva ad alcuni parenti di mio nonno, che poi crearono anche l'industria alimentare Dagnino che produceva i famosi panettoni, colombe e cornetti (dove oggi c'è la Croce Rossa Italiana).
Infine, una curiosità: gli operai del salumificio Dagnino erano prevalentemente sardi, di un paesino della Barbagia, perché mio nonno sosteneva che i sardi sono i migliori produttori di salumi e formaggi».
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