STORIE
Fu il "tempio" della fotografia a Palermo: i fratelli Seffer e quel loggiato in ferro e vetro
Enrico Seffer aveva il suo studio nel cuore del centro storico di Palermo e nel tempo lo trasformò, anche grazie ai suoi figli, in uno degli atelier più moderni dell'epoca
Il loggiato in ferro e vetro sede dello studio fotografico Seffer a Palermo
Di questa corsa al "ritratto" quasi aristocratico ce ne parla dettagliatamente il dottor Dario Lo Dico nel suo articolo pubblicato sulla rivista Kalòs nel 2006 – anno XVIII n. 3 e ricollegandoci a quanto detto precedentemente mi è sempre affascinato un particolare loggiato a vetrate e ferro che si può notare tutt'oggi alle spalle della Chiesa di San Domenico, cioè in via Giovanni Meli, ed ora utilizzato da un'altra attività estranea alla originale destinazione e di cui vi voglio raccontare la storia.
La zona a cui faccio riferimento, come già avete potuto intuire, è quella limitrofa al mercato della Vucciria, la cosiddetta salita Giovanni Meli collegata alla via Bambinai e a Piazza Santa Maria La Nova, dove affaccia la chiesa omonima.
Enrico Seffer è il patriarca di una famosa famiglia di fotografi palermitani di successo e, come specifica l'autore dell'articolo, rimasto orfano di padre giovanissimo, viene allevato dalla madre, Lucia D'Alessandro.
Il nostro Enrico cresce e per aiutare la madre a sostenere la famiglia si lancia con il fratello Pietro (più grande e con famiglia) nel mondo nuovo della fotografia. La prima sede dei Fratelli Seffer si trova in Corso Vittorio Emanuele, civico 330, "nel Palazzo dei Conti di Capaci, presso la Casa Viola" per poi passare nel "Palazzo dei Principi di San Vincenzo" in vicolo Marotta n. 36 con il nome "Fotografia Italiana Fratelli Seffer".
Nel 1882 i fratelli si separano ed Enrico apre un nuovo studio (non ha risetto) in salita San Domenico (oggi Via Giovanni Meli), passando da un civico all'altro della strada fino a fermarsi, finalmente, - il signore glielo paga – nel loggiato che oggi possiamo ammirare.
Dobbiamo dire, come sottolinea Lo Dico, che tutta questa fase iniziale, comprese di continue "carriatine", fu finanziato dalla zia materna del Seffer, Donna Gesualda D'Alessandro che, onore al merito, ci ha visto lungo sulle capacità del nipote come fotografo, chiedendo in cambio, almeno per i primi anni, di mettere il suo nome accanto a quello del nipote nella denominazione dello studio fotografico.
Ma il nostro Enrico ormai si fa un nome di tutto rispetto come ritrattista e l'atelier divenne uno dei più importanti a Palermo, insieme a quello degli Intergugliemi e Incorpora, molto frequentato dalla media e alta borghesia di Palermo poiché il ritratto, sin dalla metà dell’ottocento, era molto richiesto come genere fotografico e molte di queste foto venivano realizzate proprio nel loggiato di cui discutiamo il quale ere ben illuminato ed adatto per la fotografia di genere, insomma, facendo un paragone con i selfitari di oggi possiamo affermare che all’epoca manco babbiavano.
Ma la vera fama di Seffer si consolidò quando eseguì diversi ritratti di briganti famosi; l'incarico gli venne commissionato nel 1877 dalla polizia come foto segnaletiche (collezione che a tutt’oggi si può visionare presso il Museo Etnografico Pitrè) ma che nelle mani di Enrico si trasformano in opere d’arte poiché con la sua bravura riuscì a trasformare i briganti ritratti in personaggi quasi nobili, mostrandoli al pubblico in pose eleganti e raffinate.
Enrico Seffer inoltre, ed è bene ricordarlo, venne premiato per il suo lavoro con un diploma di merito che gli venne consegnato in occasione dell'Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-1892.
Ma veniamo al prezioso loggiato; nel 1882 Enrico trasferisce il suo atelier in via Meli trasformandolo nel tempo, anche grazie ai suoi figli, in uno degli atelier più moderni dell'epoca, con eleganti stanze d’aspetto, una sala di posa e un gabinetto per i negativi e, soprattutto, la trasformazione e l’utilizzo della veranda artistica e sala di posa, notizie arrivate a noi grazie ad un atto notarile del 18 luglio 1908 che riporta la presenza della veranda artistica in legno e vetro secondo il gusto dell’epoca.
Dopo l'esposizione nazionale si affiancarono ad Enrico i suoi figli: Pietro, Michele e Achille e da qui nasce la nuova denominazione Studio Fotografico di Enrico Seffer e Figli.
L’autore riporta, inoltre, una interessante trascrizione dell’atto di compravendita dell’appartamento trascritto dal Notaio Gioacchino Petta il 18 luglio 1908 con la descrizione del loggiato e delle prescrizioni urbanistiche per eseguire i lavori di ammodernamento dell’appartamento, soprattutto si hanno notizie riguardanti l’utilizzo del sistema "ferro-vitreous art".
I lavori di ammodernamento vennero diretti dall'Ingegnere Ernesto Armò che firmò la conclusione dei lavori il 20 gennaio 1910, notizia importante che l'autore dell’articolo (il prof. Lo Dico) ci ha regalato, soprattutto perché sappiamo chi è l’ideatore del progetto di questa finissima opera in ferro e vetro, una delle più conosciute in Città ed anche, perché no, la più amata.
Cosa scrivere di più miei cari lettori, Palermo continua ad essere una miniera mista di tesori.
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