ITINERARI E LUOGHI
Fu decorata da un esercito di artisti: per tutti è Casa Professa ma non è il suo vero nome
Nel 1591, i gesuiti decisero che quella di Palermo doveva essere la più grandiosa casa di sacerdoti professi della Sicilia.
La chiesa di Casa Professa a Palermo (foto di Maria Cristina Castellucci)
All'esterno, il basolato variamente irregolare della piazza è quasi sempre ricoperto di nastrini colorati, petali di fiori e chicchi di riso lanciati all'indirizzo delle coppie e rimasti a testimoniare per giorni ai passanti l'entusiamo festoso dei parenti.
La prima cosa da dire, a questo punto, è che la chiesa di cui ci stiamo occupando non si chiama Casa Professa, bensì Chiesa del Gesù.
Il convento che le sta accanto si chiama così, ma si sa che i palermitani con i nomi non sono bravissimi (piazza Politeama, per dire, non esiste proprio, sebbene anche il navigatore si sia rassegnato all'uso fantasioso dei toponimi, tanto che reindirizza automaticamente a Piazza Castelnuovo).
Così se chiedete di Casa Professa tutti sapranno darvi indicazioni, se invece dite di voler andare alla Chiesa del Gesù... chissà.
Detto tutto questo, possiamo tornare al 1549, quando al porto di Palermo sbarcò un gruppetto di gesuiti, dodici sacerdoti guidati nientemeno che da Padre Diego Laynez, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola e con lui fra i fondatori, nel 1534, della Compagnia di Gesù.
Era stato il Vicerè in persona, don Juan de Vega, a volerli in Sicilia, perché interessato alla loro combattiva capacità di organizzazione e al sostegno religioso che quei preti giovani e focosi avrebbero potuto dare al suo potere (se poi ci mettiamo che il vicerè aveva in casa una fervente sostenitrice di Ignazio di Loyola, la moglie donna Eleonora, possiamo ben comprendere che la sua decisione fosse praticamente obbligata).
Al finanziamento del tutto provvide il Senato della città che, senza troppe discussioni, elargì un munifico contributo alla costruzione degli edifici necessari a ospitare la piccola comunità e a consentirne le attività di formazione ed evangelizzazione. L'edificazione, per la verità, iniziò solo nel 1564, su un poggiolo nel quartiere Albergheria.
Gli edifici che c'erano già vennero senz'altro incorporati nella prima Chiesa del Gesù che, col suo stile severo, doveva rispecchiare il rigore dell'ordine. Ci vollero circa 14 anni per ultimarla, un po' meno per decidere che, a conti, fatti, non andava bene. Nel 1591, i gesuiti convennero che quella di Palermo doveva essere la più grandiosa casa di sacerdoti professi della Sicilia e che la chiesa doveva essere segno tangibile del potere religioso e politico dell'Ordine. Stavolta i lavori durarono quasi mezzo secolo, la consacrazione fu fatta nel 1636.
Il risultato di tanto impegno e denaro è una delle chiese più sontuose della Sicilia, con l'interno decorato da un manto ininterrotto di stucchi, pitture e marmi intarsiati che lascia senza fiato. I rifacimenti hanno rispettato l';originale secentesco e oggi i nostri occhi possono apprezzare lo stesso spettacolo che per secoli ha incantato i fedeli ma li ha anche istruiti, proponendo innumerevoli, edificanti, episodi biblici.
Alla realizzazione della decorazione lavorò, anche ben oltre il 1636, un esercito di artisti e artigiani (fra i più famosi Giacomo Serpotta, Vito d'Anna, Ignazio Marabitti, Pietro Novelli) e descriverla è un'impresa alla quale sono stati dedicati ponderosi volumi.
I Gesuiti, dal canto loro, con le tante opere mettono insieme un cammino spirituale: consultando il sito Pietre Vive Palermo si trovano tutte le indicazioni per una passeggiata virtuale all'insegna della meditazione e dell'approfondimento.
Ci sono poi i richiami simbolici e culturali disseminati in tutta la chiesa, fra i quali perfinocitazioni di Dante Alighieri. Per apprezzarli, chiedete di poter partecipare a una visita guidata, che vi consentirà di districarvi nel lussureggiante manto di marmi, stucchi e affreschi che, senza soluzione di continuità, si estendono dal pavimento alla volta.
In particolare, le guide vi indicheranno la parte del presbiterio che, risparmiata dalle bombe, risale al 1637, dove spiccano i gruppi statuari di Gioacchino Vitaliano (David e Abigaille, laTrinità e David e Achimelech), a cui fanno da sfondo degli stupefacenti paesaggi realizzati "a marmi mischi", intarsiando cioè marmi di colori diversi.
Da qui una porticina consente di passare nel museo, piccolo e prezioso, allestito in alcuni ambienti, questi sì, di Casa Professa. Sono esposti paliotti d'altare ricamati e tempestati di coralli (e raffinati paramenti abbinati per i sacerdoti più “stilosi”) fra i quali ne spicca uno, affollatissimo di personaggi, raffigurante Il Trionfo della Fede (1626), majoliche, dipinti, arredi liturgici, statue.
Il percorso, su più livelli, comprende la sagrestia, dove dagli armadi di legno massiccio straripano reliquiari, candelabri, scarabattole (c'è perfino un ombrellino processionale ornato di campanelline); l'Oratorio del Sabato, decorato di stucchi candidi; la Cripta in cui un tempo venivano sepolti i padri gesuiti, ricavata in una chiesa ipogea di
epoca paleocristiana (secondo la tradizione qui viveva il Beato Calogero nel IV sec. d.C.).
Buona parte dell'antica Casa Professa, infine, è oggi occupata dalla Biblioteca Comunale, fondata nel 1760, con un patrimonio sterminato di 250mila volumi oltre a incunaboli, manoscritti e altre opere preziose, disitribuite nelle belle sale intorno al chiostro barocco.
Nuovi spazi e nuove opere in bella vista per chi vuole, attraverso l’arte, fare un percorso non solo turistico, ma anche di “cammino interiore” da credente o da laico. Il Museo di Casa Professa, all’interno della Chiesa del Gesù, in piazza Casa
Professa, a pochi metri dal mercato di Ballarò a Palermo, apre i suoi armadi, ampliando la sua offerta per i visitatori da tutto il mondo.
Da oggi, grazie a inedite e nuove letture mistagogiche, è possibile, sperimentare un’esperienza immersiva attraverso la contemplazione delle opere d’arte in essa contenute, realizzate dai più importanti artisti della feconda scena della seconda metà del Seicento palermitano: Gioacchino Vitaliano, Antonio Grano,Camillo Camilliani, Ignazio Marabitti e Giacomo Serpotta.
La parola diviene immagine e l’immagine ha il compito di rendere visibile l’invisibile, rendere presente l’assente. Entrare nella scena narrata equivale per il fedele a esserci.
Il patrimonio storico artistico del Museo di Casa Professa è costituito da opere Il museo di Casa professa è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 13,30. Il sabato: dalle 9,30 alle 13,30, dalle 15,30 alle 18,30 e dalle 20,30 alle 23,30.
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