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È scolpito nella pietra: cosa vedere (di sera) in uno dei borghi più belli delle Madonie

L’inverno sulle Madonie si impadronisce dei borghi e concede poco spazio (e fiato) alle passeggiate serali. Vi portiamo in un giro notturno tra le vie di Geraci Siculo

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 29 gennaio 2024

Geraci Siculo

È sera. Il sole, tramontato da alcune ore, lascia il passo alla luna. L’inverno madonita si impadronisce dei borghi e concede poco spazio (e fiato) alle passeggiate serali. Incastonato a circa 1077 m.s.l.m. si trova un gioiello scolpito in pietra: Geraci Siculo.

Giunto terzo al concorso dei Borghi più belli d’Italia nel 2021, il paesino si è "rifatto" una vita sociale, culturale e turistica. Le statali, tra curve e saliscendi, scandiscono il tempo lasciandosi alle spalle i comuni di Gangi, le Petralie e dall’altro versante, di Castelbuono.

Sin dalle prime battute gli ambienti trasudano di storia, profonda antichità. Dalla statale 286 è possibile raggiungere il Bevaio della Santissima Trinità. Poggia su una base rettangolare di 20 metri di lunghezza con due fontane in pietra ai lati (e 4 bocche che versavano l’acqua in coppe di arenaria) sormontate da una piramide.

Un tocco elegante è dato dalla cornice merlata del timpano. Geraci è la "patria" dell'omonima acqua e, un tempo - non molto lontano - era possibile salire verso la sorgente a circa 1500 metri. Tra stradine dissestate e divieti imposti, adesso è impossibile accedervi. Finalmente si entra nel piccolo comune. Il vento diventa il nemico dei curiosi senza intaccare la buona volontà.
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Le fonti storiche rappresentano "l’antipasto" ideale per il giro notturno. Le prime tracce fanno riferimento al 550 a.C. quando i Greci costruirono i primi insediamenti, "accovacciati" sulla sommità rocciosa.

Grazie alla florida posizione, il villaggio prese il nome di L£’pa£ (avvoltoio). Successivamente fu conquistata e abitata dai Saraceni. Accantonate (per un attimo) le vicende storiche, il cammino porta dritti in Corso Vittorio Emanuele.

Dopo circa 50 metri, alla nostra sinistra, ecco spuntare dal nulla l’angolo dell’amore. Se le coppie possono sfruttare il momento "intimo", i single provano a fotografare il campanile della Chiesa di Santo Stefano.

Per molti - soprattutto i turisti - rappresenta il simbolo di Geraci Siculo. Al suo interno è presente una scultura lignea (artista ignoto) del XVI secolo raffigurante Santo Stefano e una tela di Giuseppe Salerno. Trattasi della “prima conquista” in attesa - procedendo lungo le pendenze accessibili - verso nuovi obiettivi.

Cala il sipario nel paesino tra camini fumanti, odori squisiti e profumi accecanti. Corre voce siano li maccaruna di casa o li tagghiarini cu sucu di crastagneddu. L’odorato si arricchisce di nuovi piatti prelibati: la pasta ca fasola, i cuosti di crastagneddi, a sasizzunedda ca addauro o a pittrina ca fasola.

La cucina geracese "ti acchiappa" sul più bello ma indomiti, come i veri avventurieri, la camminata deve fare il suo corso.

Finalmente si raggiunge il centro storico con la piazza del Popolo. Circondati da uno scenario medievale, si ergono la Chiesa del Collegio di Maria e di Santa Maria Maggiore.

All’interno di quest’ultima sono presenti autentici capolavori come le statue di marmo raffiguranti la Madonna delle Neve, della Mercede e il Fonte Battesimale (opere realizzate dal Gagini). Inoltre, in puro stile ligneo, la chiesa custodisce il Monumentale Coro del 1650.

Nella cripta si trova il "tesoro" artistico costituito da suppellettili liturgiche d’oro e d’argento. I gioielli architettonici non mancano di certo a Geraci anzi, i vicoli stretti trascinano i curiosi "all’arrembaggio" verso nuove "scoperte".

Le viuzze buie nascondono qualcosa, un segreto. E se fosse il fantasma del conte? Basta percorrere un centinaio di metri circa - con un pizzico di coraggio - per provare l’ebbrezza del Salto del Ventimiglia.

Trattasi di un balcone in vetro e acciaio. Fonti storiche narrano che il Conte Ventimiglia (Francesco I) pur di non lasciarsi catturare dalle truppe reali di Pietro II d’Aragona (nel 1337), una volta chiesto aiuto ai suoi vassalli (indisposti a lasciarsi morire), si lanciò (alcune fonti citano di una caduta accidentale) in sella al suo cavallo.

È l’ultimo atto del giro notturno?

Mancano all’appello la Chiesa di San Bartolomeo dove si trova custodito un policromo intarsiato. Raffigura il santo, datato nel XVIII secolo. Mancano le chiese di Santa Maria La Porta, San Giuliano, San Francesco, San Rocco e il monastero delle benedettine che chiudono il cerchio di edifici religiosi. Inoltre, in condizioni diverse (la luce del giorno), la visita di Geraci si arricchisce di nuovi contenuti storico-architettonici e ambientali.

I ruderi del castello (antico maniero), la Cappella Palatina di Sant'Anna e la Chiesa di San Giacomo meritano una menzione a parte. Per gli appassionati della natura, nel territorio geracese si trovano le più antiche torbiere (specchi d'acqua alimentate dalle sorgenti).

Una lunga giornata da vivere insieme ai sapori della tuma frisca cu zuccaru, a fuma con le acciughe, li vuccunetta e i serafineddi.
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