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È "figlio della Sicilia" ma non ci è nato: Alessio, che sogna l'Isola (da Norimberga)

Dagli anni alla scuola della Juventus fino al lavoro nell'impresa termoidraulica. Una storia sinonimo di riscatto e voglia di far conoscere la sua terra in tutto il mondo

Sara Abello
Giornalista
  • 5 aprile 2024

Alessio Bacchi

C’è chi in Sicilia è nato, chi vi è cresciuto, c’è poi chi la sogna, la ama e ne è legato più che a esserci nato e cresciuto.

Quella di Alessio Bacchi, nato a Norimberga quasi cinquantatrè anni fa da genitori saccensi, è la storia di un emigato di seconda generazione comune a tanti ma che, nonostante tutto, stupisce sempre leggere e non manca di riempire il cuore.

Lui poi quando racconta la propria vita in qualche maniera la mostra attraverso le parole, e questa è una dote poco comune. Oggi Alessio, dopo l'impiego nella scuola calcio della Juventus in Germania, si occupa dell'anziana madre e lavora nell'impresa termoidraulica del fratello maggiore dove gestisce acquisti, preventivi e amministrazione in ufficio.

È inoltre un uomo pieno di idee, impegnato da tempo con un progetto che incarna alla perfezione il suo rapporto con la Sicilia: Sons of Sicily. Always remember where you come from, che già dal nome chiarisce gli intenti.
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Nasce come continuazione della sua impresa precedente "Montekronio", nome che deriva dal vulcano estinto che si trova proprio a Sciacca, paese d'origine dei suoi genitori.

La mission di "Sons of Sicily" è quella di creare una realtà che possa valorizzare l'identità siciliana nel mondo, presentando il territorio dell'Isola in termini di opportunità e scelte che coinvolgano dal punto di vista culturale e sociale residenti e non, affinché si prendano cura del vasto patrimonio culturale, artistico ed ecologico di cui dispongono.

Alessio sogna di mettere in pratica questo progetto e per questo sta lavorando a un sistema per lo sviluppo industriale ed economico della sua terra d'origine, che dia un futuro a giovani e famiglie e sia la motivazione per restare o tornare, come nel suo caso.

Il suo obiettivo è infatti proprio questo, poter un giorno tornare in Sicilia e realizzare così il sogno purtroppo infranto del padre, scomparso da due anni, di trascorrere la vecchiaia sull'Isola.

Da sempre ogni occasione possibile per Alessio si trasforma in quella giusta per tornare a casa, di recente viene proprio per accompagnare la madre, ormai ottantenne, impossibilitata a viaggiare da sola.

Come vi dicevo la storia della famiglia Bacchi è tristemente simile a molte altre ma al contempo speciale nella sua unicità. Il padre di Alessio emigrò nel 1962 per mancanza di lavoro e prospettive nella sua terra.

Come primogenito fu il "prescelto" per il viaggio e, da Norimberga, dove lavorò sia come muratore che come elettricista, contribuiva inviando il denaro al resto della famiglia rimasta a Sciacca.

Non era facile all'epoca ambientarsi in Germania... l'uomo infatti arrivò con un regolare contratto di lavoro ma in estate, lasciando il tipico caldo in Sicilia e trovando il freddo tedesco, con un abbigliamento non propriamente adatto.

Dalla stazione del treno venne accompagnato subito insieme ai compagni di viaggio, come lui in cerca di fortuna, all’ufficio sanitario per i controlli, e da lì ai dormitori.

Nel 1965, si sposa in Sicilia e porta con sè la moglie a Norimberga. Negli anni Sessanta si respirava ancora una certa suscettibilità dei tedeschi nei confronti dei "gastarbeiter", i cosiddetti "lavoratori ospiti", a prescindere dalla loro nazionalità, e per questo non fu facile ambientarsi.

Per i coniugi Bacchi fu complicato persino trovare una casa in affitto, perché all’epoca non lo si faceva volentieri agli stranieri. Grazie a una famiglia di brave persone ottennero un alloggio in subaffitto e già nel 1966 nacque il primogenito.

Come era solito per molti emigrati dell’epoca, che vivevano in un luogo con l’unico scopo di metter da parte più denaro possibile per aiutare le famiglie rimaste a casa, e aver un gruzzoletto per il proprio futuro, anche i Bacchi decisero di mandare il figlio a vivere in Sicilia dalla famiglia di origine, dove rimase fino all'età di dieci anni.

In questo modo la madre avrebbe avuto più tempo per lavorare e racimolare il denaro da mandare a casa. Alessio ricorda i racconti della donna che, per risparmiare anche gli spiccioli che servivano per i mezzi pubblici, preferiva spostarsi a piedi per andare a lavoro.

La vita fu per entrambi i coniugi fatta di sacrificio e risparmi. Mangiavano quel poco che si trovava in giro, come le patate o le verdure che raccoglievano per strada, attirando lo scherno dei tedeschi.

La carne era un alimento da gran festa...ché a pensarci oggi sembra incredibile. Come accadde per il fratello, inizialmente anche Alessio fu mandato in Sicilia da piccolissimo, così da dare ai genitori la possibilitá di mettere qualcosa da parte e curarlo da patologie che apparentemente trovavano cure solo sull’isola.

A differenza sua però, tornò presto in Germania e così crebbe senza fratello e senza la tipica famiglia allargata siciliana, dal momento che erano soli in Germania, e vedeva poco anche gli stessi genitori... la madre lavorava su turnazione in fabbrica e il padre era nei cantieri.

Così, fino a quando iniziò l'asilo, Alessio fu sostanzialmente cresciuto da una coppia di anziani rumeno-tedeschi che abitavano nel palazzo, per lui quasi dei nonni acquisiti.

Con loro, abituandosi a diverse culture, non sentì mai di essere diverso dagli altri, se non per la lingua che ascoltava dai genitori. Il padre gli vietò di parlare l'italiano e ancor di più il siciliano, la lingua che veniva usata in casa.

Questa forma di negazione, oltre alla distanza, ha fatto sì che sin da piccolo si sentisse italiano, più precisamente siciliano. Paradossalmente, pur vietando di parlare la lingua, il padre inculcò da sempre nei figli un forte attaccamento alla loro terra.

Fu crescendo che iniziarono le prime difficoltà con la comunità tedesca, nulla di serio, ma la differenza era evidente nella cultura, nell'aspetto e nelle tradizioni.

Così, spesso i ragazzini figli di immigrati, pur proveniendo da paesi diversi, facevano comunità: italiani, turchi, greci, slavi, spagnoli erano un gruppo coeso. Tutti avevano qualcosa in comune, pur essendo molto differenti per culture e lingue.

Crescendo a contatto con diverse culture, avendo girato il mondo anche per lavoro, Alessio ha notato come tutti subissero le stesse problematiche, oltre a godere degli stessi vantaggi ovviamente rapportati al luogo di appartenenza. In più, questa multiculturalità, rappresentò un valore aggiunto per il suo sviluppo e l'apertura mentale, rendendolo l'uomo che è oggi.

Sottolinea che con il tempo l'astio subito da più piccolo si affievolì, forse anche grazie al fatto che l’Italia e la Sicilia nel tempo sono divenute meta vacanziera anche per i tedeschi.

La sua adolescenza è stata complessa, in Germania perchè figlio di immigrati, in Sicilia perchè visto come il tedesco che non parlava bene la lingua e con cui non ci si capiva.

Alessio racconta di come spesso in Sicilia si percepiva e ancora si percepisce un certo distacco verso loro figli di emigrati, come se non venissero accettati del tutto dai compaesani, non capendo che il loro attaccamento verso la patria molte volte supera quello della gente del posto e potrebbe essere invece un valore aggiunto per la comunità, grazie alle loro differenti esperienze pregresse.

Alessio, con il suo progetto, vorrebbe dare un contributo alla crescita del paese proprio perché ha imparato a sue spese cosa significhi andare via e stare lontano dal posto che si sente come il proprio.

Le differenze con i tedeschi le sente ancora, solo che se oggi si può parlare semplicemente di differenze, in passato erano vere discriminazioni. Si è inoltre spesso imbattuto in tanti immigrati italiani che proprio per la necessità di integrazione hanno quasi rifiutato le loro origini, non condividendo con i figli la cultura e la storia siciliana.

Un po' come il padre che gli impediva di prendere lezioni d'italiano, lingua che Alessio ha imparato da autodidatta mettendo insieme ciò che sentiva in casa e i libri del fratello che, dopo dieci anni trascorsi in Sicilia, dovette frequentare la scuola italiana per necessità.

Quell'apparente benessere guadagnato in Germania dai genitori di Alessio e da tutti gli immigrati dell’epoca, lontano da casa, in realtà era nulla rispetto al poco che le famiglie possedevano in Sicilia: gli affetti.

Eppure proprio da quelle mancanze, tra i connazionali si stringevano amicizie che duravano decenni, e poi quando in molti decidevano di tornare nella terra d'origine capitava di viaggiare per rivedersi, così come in più occasioni Alessio ha accompagnato i genitori ad incontrare amici in giro per lo stivale, perché l'amicizia supera ogni ostacolo.

Per i coniugi Bacchi quello di invecchiare a Sciacca era un pensiero ricorrente, poi però il destino ha scelto diversamente facendo ammalare e restare a Norimberga il padre di Alessio, seppellendo così il sogno di una vita.

Anche la madre, dopo la morte del marito alla fine del gennaio 2022, ha ormai abbandonato qualsiasi pensiero di ritrasferirsi in Sicilia, a differenza di Alessio che protegge e custodisce gelosamente questo sogno, per sè e per la memoria del padre.

Quello che Alessio descrive è un amore insolito per la Sicilia: «ci sentiamo abbandonati e quasi estranei nel nostro Paese, eppure non possiamo fare a meno di amarlo, quasi una forma di sindrome di Stoccolma che ti fa amare il tuo aguzzino».

Certo il paragone è fortino, ma non avrei saputo spiegare meglio questo inusuale e indissolubile legame.
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