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Da Palermo a Manhattan: il designer dei primi del '900 che stregò Coco Chanel e Dalì

Rampollo della casata palermitana Santostefano della Cerda, diventò il designer delle più importanti star del cinema e non solo, stregando per prima la regina della moda parigina

  • 21 ottobre 2020

uno scatto d'epoca di Fulco Santostefano della Cerda, Duca di Verdura

Cosa c’entrano la Sicilia, Coco Chanel e l’oreficeria? Se ancora oggi tra i gioielli più richiesti della maison, famosa in tutto il mondo, ci sono dei particolari bracciali un motivo c’è.

Il punto d'incontro tra questi improbabili punti ha un nome ed è quello del nobile Fulco Santostefano della Cerda, divenuto alla morte del padre duca di Verdura.

Siamo ad inizio ‘900, epoca d’oro per la nostra Isola e non solo: sullo Stivale, ma anche in Europa, aleggiava quel soffio del “bel vivere” fatto di creatività, mondanità e desiderio di scoperte, che riempì di nomi e vicende i libri di storia.

A Palazzo Niscemi a Palermo, residenza della famiglia Santostefano della Cerda, tra nobili, benestanti e artisti crebbe Fulco, cugino tra l’altro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in una dimensione idilliaca che, lo vedremo fra un po’, di certo fu fertile nutrimento alla creatività del giovane.
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Fu ad una serata a Venezia, durante uno dei suoi frequenti viaggi, che conobbe Gabrielle Coco Chanel, già affermata come stilista e nota per il suo stile anticonformista e visionario (fu lei che introdusse i pantaloni nel vestiario delle donne - ndr).

A presentarli una coppia di amici in comune e da quel giorno la bella amicizia tra il duca palermitano e la diva indiscussa della moda durò per sempre.

Il collante di quel rapporto speciale fu sì la predilezione verso il bello ma, soprattutto, la creatività.

Tra Palermo e Parigi Fulco cominciò a disegnare le stoffe per la maison Chanel ma quell’incarico durò poco: abituato alla luce della Sicilia erano gli ori e le pietre preziose che tiravano fuori tutto il suo eccezionale estro. Ancora oggi le sue creazioni conservano la perfezione e lo stile che ne fanno oggetti senza tempo.

Passò presto alla realizzazione di una linea di bijoux, sempre per Chanel ma la svolta fu la creazione di un paio di bracciali, nel 1934, che Coco indossò e non tolse mai più, facendone ben presto oggetto di punta delle collezioni di accessori e gioielli.

Ancora una volta fu l’azzardo la carta vincente dell’idea legata ai dei due bracciali, perché anche il gusto per la provocazione era un collante tra i due.

Coco ricevette in regalo da un suo amante due croci maltesi ricche di pietre colorate e, andando oltre i dettami del tempo, il rampollo siciliano li volle montare su due bracciali bianchi di smalto.

Fu un successo e la consacrazione della vena creativa di Fulco da dedicare, senza se e senza ma, alla gioielleria.

L’escalation di notorietà e popolarità fu immediata: i grandi nomi della società dell’epoca diventarono suoi estimatori da Harper's Bazaar a Diana Vreeland, fino a giungere a lavorare alla corte di Paul Flato, il gioielliere delle star richiesto. tra le altre, da Katharine Hepburn e Marlene Dietrich.

Fulco di Verdura diventò così il gioielliere che tutti volevano anche dal mondo del cinema e dell’arte; famosa la sua collaborazione con Hitchcock e Luchino Visconti, per le riprese del film "Il Gattopardo", e con il pittore Dalì, con il quale creò la prima collezione di gioielli surrealisti.

Poco più che quarantenne, nel 1939, aprì anche la sua prima boutique sulla Fifth Avenue a Manhattan che divenne “casa” per tanti artisti internazionali e che, ancora oggi, conserva decine di migliaia di bozzetti del designer e la coppia dei famosi bracciali di Chanel.

Dopo i fasti del successo, negli ultimi anni si dedicò alla pittura e alla scrittura - soprattutto un libro di memorie - ma l’ultimo pensiero fu per la sua Sicilia.

Lasciò scritto tra le ultime volontà che le sue ceneri venissero portate a Palermo e così fu; il cimitero di Sant’Orsola le custodisce nella tomba della casata dei Santostefano della Cerda, estinta con la morte di Fulco.
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