Da artigiano ad artista, lontano dai riflettori: chi era Pino, il "Van Gogh" siciliano
La sua umiltà e il rifiuto di inserirsi nel mercato dell’arte l’hanno reso un artista sconosciuto, nonostante la sua sconfinata e affascinante produzione

Gli autoritratti di Pino Concialdi
A metà della sua vita decide di abbandonare il mestiere d’artigiano per dedicarsi interamente all’arte, un amore che non l’ha più abbandonato fino alla sua morte.
Lui era Pino Concialdi, un auto didatta che ha imparato a dipingere, ispirandosi ai maestri espressionisti e a Oskar Kokoscha. La sua peculiarità era quella degli autoritratti. Oltre alla sua intensa produzione artistica, Concialdi si occupò di promuovere l’arte aprendo negli anni Ottanta a Termini Imerese la galleria "La Tavolozza".
Dedicò la sua vita alla ricerca artistica, sperimentando nell’arte del disegno, della pittura e della ceramica, lasciando poco spazio alla ricerca della popolarità e della fortuna. La sua umiltà e il rifiuto di inserirsi nel mercato dell’arte l’hanno reso ad oggi un artista sconosciuto, nonostante la sua sconfinata e affascinante produzione artistica.
«Un intenso rapporto con se stesso, che trova nelle forme della pittura l’ideale strumento di espressione» così scriveva nel giungo del 2009 Salvo Ferlito in un dépliant realizzato in occasione di una rara mostra che si svolse a Palermo dal titolo Pino Concialdi Ego Et Mea Imago: «un dialogo serrato e concitato con la propria interiorità, che mai prescinde, però, da un’acuta e ben ponderata volontà di auto-analisi ed auto-conoscenza.
(…) L’arte di Concialdi senza alcun dubbio si inscrive a buon diritto, con questa sua articolata, e al contempo ossessiva, declinazione auto-ritrattista, nella tradizione dell’espressionismo tedesco di Die Brucke, ma anche dagli imprescindibili modelli di Schiele, Schonberg e Much e soprattutto dalla fonte d’ogni contemporaneo tumulto di tipo psico-virtuale: ovvero il violento cromatismo gestuale di Vincent van Gogh».
I dipinti di Concialdi sono un unico grande dialogo con sé stesso che è durato tutta la sua vita. Solo in pochissime occasioni il soggetto è qualcun altro o, ancor più raramente, un paesaggio.
La variazione negli autoritratti di Concialdi, realizzati tramite pennellate di colore quasi indipendenti, non è nel soggetto né nella composizione, che resta identica in tutte le opere: a variare sono i colori, le forme e la quantità di dettagli in un volto, in grado di restituire una rappresentazione sempre diversa ed unica.
I dipinti dell’artista, nella loro numerosità e unicità, sembrano suggerire che a cambiare, fra un autoritratto e l’altro, non fosse Pino Concialdi in quanto pittore, ma in quanto uomo. "Immergersi nella produzione di Pino Concialdi" dice un rappresentante della Casa degli Artisti promotore della conoscenza dell’opera artistica dell’artista termitano "significa attraversare un territorio il cui gesto pittorico si fa urgenza espressiva, tensione tra interno ed esterno, tra volto e materia.
«È nostro intendimento percorrere i passi di un vecchio sentiero restituendo a un territorio che lo aveva dimenticato e ignorato. La conoscenza di questo straordinario artista è avvenuta grazie a Cosimo Serio e Totò Gatto che, compagni di vita di Concialdi hanno insistito affinché ne visionassimo le opere stimolandoci a organizzare delle iniziative culturali a lui dedicate».
L’arte di Pino Concialdi è la conferma come la reale qualità e il fattivo valore d’ogni artista dipende assai poco da percorsi formativi "istituzionali". Le capacità di dipingere, infatti, appartengo ad un’inattesa alchimia, riconducibile, come per Concialdi, ad esclusive e premianti doti di natura autodidattiche coltivate con pervicace, spesso solitaria, e intensa determinazione.
«Mi ricordo di una frase del pittore Andrè Lhote che Pino mi ripeteva spesso perché aveva fatta sua» dice Totò Gatto anch’egli artista e amico di Concialdi «il classico si copia, il moderno si innova perennemente, il corpo continua a rinnovare le sue cellule, al di fuori non c’è quasi niente, salvo le regole essenziali: leggi dei contrasti delle forme e dei colori».
Sull’argomento gli fa seguito un altro amico di Concialdi, l’architetto Cosimo Serio che aggiunge: «Pino Concialdi quando dipingeva aveva un foglio su un cavalletto e uno specchio.
Centinaia di autoritratti, tutti vibranti, tutti diversi, tutti senza mercato. Chi si comprava un autoritratto? Forse nessuno ma questo non era un problema suo!». Concialdi morirà nel 2015 nella sua casa a Termini Imerese, lasciandosi dietro il suo immenso patrimonio culturale.
Lui era Pino Concialdi, un auto didatta che ha imparato a dipingere, ispirandosi ai maestri espressionisti e a Oskar Kokoscha. La sua peculiarità era quella degli autoritratti. Oltre alla sua intensa produzione artistica, Concialdi si occupò di promuovere l’arte aprendo negli anni Ottanta a Termini Imerese la galleria "La Tavolozza".
Dedicò la sua vita alla ricerca artistica, sperimentando nell’arte del disegno, della pittura e della ceramica, lasciando poco spazio alla ricerca della popolarità e della fortuna. La sua umiltà e il rifiuto di inserirsi nel mercato dell’arte l’hanno reso ad oggi un artista sconosciuto, nonostante la sua sconfinata e affascinante produzione artistica.
«Un intenso rapporto con se stesso, che trova nelle forme della pittura l’ideale strumento di espressione» così scriveva nel giungo del 2009 Salvo Ferlito in un dépliant realizzato in occasione di una rara mostra che si svolse a Palermo dal titolo Pino Concialdi Ego Et Mea Imago: «un dialogo serrato e concitato con la propria interiorità, che mai prescinde, però, da un’acuta e ben ponderata volontà di auto-analisi ed auto-conoscenza.
(…) L’arte di Concialdi senza alcun dubbio si inscrive a buon diritto, con questa sua articolata, e al contempo ossessiva, declinazione auto-ritrattista, nella tradizione dell’espressionismo tedesco di Die Brucke, ma anche dagli imprescindibili modelli di Schiele, Schonberg e Much e soprattutto dalla fonte d’ogni contemporaneo tumulto di tipo psico-virtuale: ovvero il violento cromatismo gestuale di Vincent van Gogh».
I dipinti di Concialdi sono un unico grande dialogo con sé stesso che è durato tutta la sua vita. Solo in pochissime occasioni il soggetto è qualcun altro o, ancor più raramente, un paesaggio.
La variazione negli autoritratti di Concialdi, realizzati tramite pennellate di colore quasi indipendenti, non è nel soggetto né nella composizione, che resta identica in tutte le opere: a variare sono i colori, le forme e la quantità di dettagli in un volto, in grado di restituire una rappresentazione sempre diversa ed unica.
I dipinti dell’artista, nella loro numerosità e unicità, sembrano suggerire che a cambiare, fra un autoritratto e l’altro, non fosse Pino Concialdi in quanto pittore, ma in quanto uomo. "Immergersi nella produzione di Pino Concialdi" dice un rappresentante della Casa degli Artisti promotore della conoscenza dell’opera artistica dell’artista termitano "significa attraversare un territorio il cui gesto pittorico si fa urgenza espressiva, tensione tra interno ed esterno, tra volto e materia.
«È nostro intendimento percorrere i passi di un vecchio sentiero restituendo a un territorio che lo aveva dimenticato e ignorato. La conoscenza di questo straordinario artista è avvenuta grazie a Cosimo Serio e Totò Gatto che, compagni di vita di Concialdi hanno insistito affinché ne visionassimo le opere stimolandoci a organizzare delle iniziative culturali a lui dedicate».
L’arte di Pino Concialdi è la conferma come la reale qualità e il fattivo valore d’ogni artista dipende assai poco da percorsi formativi "istituzionali". Le capacità di dipingere, infatti, appartengo ad un’inattesa alchimia, riconducibile, come per Concialdi, ad esclusive e premianti doti di natura autodidattiche coltivate con pervicace, spesso solitaria, e intensa determinazione.
«Mi ricordo di una frase del pittore Andrè Lhote che Pino mi ripeteva spesso perché aveva fatta sua» dice Totò Gatto anch’egli artista e amico di Concialdi «il classico si copia, il moderno si innova perennemente, il corpo continua a rinnovare le sue cellule, al di fuori non c’è quasi niente, salvo le regole essenziali: leggi dei contrasti delle forme e dei colori».
Sull’argomento gli fa seguito un altro amico di Concialdi, l’architetto Cosimo Serio che aggiunge: «Pino Concialdi quando dipingeva aveva un foglio su un cavalletto e uno specchio.
Centinaia di autoritratti, tutti vibranti, tutti diversi, tutti senza mercato. Chi si comprava un autoritratto? Forse nessuno ma questo non era un problema suo!». Concialdi morirà nel 2015 nella sua casa a Termini Imerese, lasciandosi dietro il suo immenso patrimonio culturale.
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