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Chi dice donna dice danno: Scilla la bellissima ninfa, invidiata e trasformata in un mostro

La povera ragazza che sognava magari di partecipare a Miss Italia diventò una vera schifezza: sei teste, dodici piedi, nelle bocche aveva tre file di denti. Che brutta cosa l'invidia

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 8 febbraio 2021

Ci sono quelle mattine che iniziano proprio come vuole il Signore!

Il bagno è occupato da vostra figlia che quel giorno ha deciso di provare il nuovo makeup consigliatole dalla sua fashion stylist preferita, vostro figlio il piccolo ha già attaccato Youtube a tutto volume e parla un linguaggio fatto di parole tipo “killare, droppare, shoppare”, che l’aramaico è una passeggiata, e il vostro cane ha deciso un'altra volta di passare una nottata di passioni sfrenate con il peluche di Winnie the Pooh.

In più metteteci la moka che soffre di faringite e vi butta il caffè a singhiozzi, il tappo del dentifricio che decide di suicidarsi dentro il lavandino e vostra suocera che si sbafa i vostri biscotti preferiti sul divano che ancora state pagando.

Metteteci la pioggia, la batteria della macchina che ha il catarro e il telecomando del cancello automatico che vi siete scordati sopra e quindi dovete aspettare qualcuno che ve lo apra.
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Dulcis in fundo vi accorgete che non avete fatto la revisione della macchina e dietro avete una volante della polizia che giusto giusto fa il vostro stesso tragitto da casa a lavoro e, una volta arrivati, non potete nemmeno posteggiare perché c’è un trasloco in corso e la scala mobile occupa quella miserabile piazzola che vi siete sudati in anni di caffè offerti a tre generazioni di posteggiatori.

Ecco, ai tempi dei greci quando un marinaio sapeva che quel giorno avrebbe dovuto attraversare o navigare dentro lo Stretto di Messina, la giornata iniziava pressapoco alla stessa maniera e con le stesse paranoie.

In quella striscia di mare, dove già al tempo si parlava di un ponte sullo Stretto, navigare era praticamente difficilissimo perché le forti correnti vi buttavano un colpo a destra e un colpo a sinistra. Gli unici che ci riuscivano erano i politici perché (forse abitudine) come prendevano le correnti loro e come le sapevano cambiare all’occorrenza, non sapeva farlo nessuno.

«Passa, di qua! Passa dall’altra parte! Buttiamoci al centro!». Insomma navigare nello stretto di Messina era un vero inferno.

Bisogna dire però che i greci avevano questa cosa dei miti che era veramente troppo bella, perché quando si trovavano di fronte a una situazione camurrusa (fastidiosa, ndr), inventavano un mito, se ne uscivano belli puliti perché era colpa degli Dèi e loro non ci potevano fare niente.

Che è un po' quel modo di "reagire"che uno psicologo americano di nome Leon Festinger, aveva individuato in chi soffriva di quella che in psicologia è chiamata Dissonanza cognitiva, una "incongruità psicologica" dalla quale per uscirsene con le mani pulite - non me vogliano gli addetti ai lavori se la sto dicendo troppo terra terra - ci si crea un alibi.

E così succedeva che era Zeus che sparava fulmini quando era incazzato, ci colpava Eros per ogni paio di corna e, se scoppiava una guerra ovviamente era perché Ares aveva finito l’abbonamento su Netfix e in qualche modo doveva impegnare il suo tempo.

Nel caso del nostro caro Stretto di Messina ci colpavano due mostri spaventosi: uno siciliano che si chiamava Scilla e uno calabrese che si chiamava Cariddi.

Non si sa perché, questi due si sentivano infastiditi dalle navi che passavano. La prima se le mangiava, mentre la seconda succhiava l’acqua e la risputava tre volte al giorno per farle capovolgere. Ma insomma! - si lamentava Poseidone, dio del mare, per i comportamenti del figlio Cariddi -, è mai possibile che questo sta sempre a succhiare e sputare, succhiare e sputare? Ma da chi ha preso?».

«Non guardare me - rispondeva Gea, dea della terra - perché tuo padre Crono si mangiava voi bambini. Bella famiglia siete!» (Cariddi era figlio di Poseidone e nipote di Crono).

Comunque, se dalla parte della Calabria c'era Cariddi, dalla nostra parte, quella della Sicilia, ci stava l’altro mostro che però ha un’altra storia. Si racconta che Scilla fosse prima una bellissima Ninfa di cui tutti si innamoravano ed era figlia di Forco, che aveva pure lui le sembianze di mostro marino, e di Cratèide.

C'è da dire che di “mommi”, cioè i guardoni, in Sicilia non ne sono mancati mai. Così un giorno, mentre la bella Scilla si stava facendo una passeggiata nella spiaggia di Messina (che ai tempi si chiamava Zancle), il Dio del mare - Glauco - di fronte a cotanta bellezza annorbò e si innamorò di lei follemente.

«Gesù, Giuseppe e Maria, io a questa me la sposo!». Quello che dovete sapere è che Glauco non era sempre stato un dio, prima era un pescatore come tanti. E un giorno che buttò la rete piena pesci su un prato s’accorse che pesci mangiando quell’erba tornavano in vita e si rituffavano in mare.

«Due sono le cose», pensò subito Glauco, «o il prato in questione è della casa di Braccio di Ferro e questi sono spinaci, oppure - e qua si strofinò le man i- l’erba in questione cosa buona è...».

Come fu come non fu, Glauco quell'erba se la mangiò pure lui, gli spuntò la coda da sirenetta e diventò un dio (chissà che erba era). Ma attenzione, quando si parla di miti greci e questioni amorose le cose vanno spesso a finire a schifo: Glauco, per conquistare Scilla, andò così dalla maga Circe per farsi confezionare un filtro d’amore, ma la maga, beffa delle beffe, invece si innamorò follemente di lui.

La perfida Circe cominciò a fare avances ma Glauco la rifiutò perché innamorato troppo di Scilla. Cosa può succedere secondo voi quando una donna con un fucile incontra una donna con la pistola? Semplice, che la donna con la pistola è una donna morta. E così Circe mangiata dall’invidia la trasformò in un terribile mostro.

La povera ragazza che sognava magari di partecipaee a Miss Italia diventò una vera schifezza: sei teste, dodici piedi, nelle bocche aveva tre file di denti e al posto della cinta attorno alla vita aveva teste di cani che ringhiavano e abbaiavano.

Poverina... Da quel giorno, forse perché pensava che la nave non avrebbe più potuto portarla a Salsomaggiore, ogni volta che ne vedeva una se la mangiava di subito.

Era divenuta immortale Scilla e l’unico modo per potere passare dallo stretto era chiedere la raccomandazione a sua madre Cratèide che su di lei aveva buon ascendente: proprio in questo modo farà il famoso Ulisse per passare incolume.

Per tornare all’inizio, e nella fattispecie a vostra suocera che si mangia i vostri biscotti preferiti sul divano che dovete ancora pagare, io vi consiglio: la prossima estate portatela a fare un bagno da quelle parti...
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