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C'era il Rais, la "camera della morte" e 'a levata: l'antica tradizione del tonno in Sicilia

Il tonno non è solo la scatoletta comprata al supermercato. Ha una storia di lavoro e di uomini, tecniche raffinate di cattura, qualità e prelibatezze da scoprire

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 30 agosto 2024

Una scena de "I leoni di Sicilia" in una tonnara

Il tonno non è solo la scatoletta comprata al supermercato, ha una storia di lavoro e di uomini, tecniche raffinate di cattura, qualità e prelibatezze che ho scoperto a Marzamemi.

Pescato e lavorato nella giornata, in tre turni da 8 ore, è il pregiato Tonno Rosso del Mediterraneo.

Chi lo lavora e vende da 5 generazioni, racconta che i tonni arrivano su questo litorale inseguendo i granchi di cui si cibano: "Li mangiano facendo così co 'u mussu", guardo stupita nel vedere mimato il movimento del muso di questi pesci, che risucchiano le loro prede.

La pesca del tonno è antichissima, arrivata con i popoli di là dell’Isola, furono gli Arabi, a insegnare le tecniche della pesca in Sicilia.

"In questa che gli Arabi chiamavano la Rada delle Tortore (mi dice spiegando il significato di Marzamemi), arrivarono cultura, civiltà e rispetto". Racconta che era il Rais, “il dominus”, a dirigere le operazioni coordinando il lavoro dei tonnaroti.
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Era lui che studiava la posizione analizzando le correnti, stabiliva le reti e la muciara, la "camera della morte". Le loro conoscenze derivavano da tradizione e istinto.

Era lui a determinare la fine della pesca, e lo faceva togliendosi la coppola, ringraziando Gesù, seguito dalle esclamazioni di tutti. Un antico rituale prevedeva anche il bagno di buon auspicio, nel mare rosso di sangue.

Le Tonnare, sistema di reti, potevano essere di diversi tipi: erano "fisse" le più antiche con uno sbarramento che partiva dalla spiaggia fino a 2 km, quella di andata che poneva le reti nel posto dove erano intercettati i tonni, di "ritorno" come in quelle di Vendicari.

La tonnara era composta di cinque camere, chiamate porte che erano aperte o chiuse dai tonnaroti per il passaggio del pesce.

La Camera della morte era l'unica ad avere sul fondo una rete chiamata “coppu” e qui avveniva la mattanza e "a levata". Questa era la fase più crudele e concitata della pesca, dove i tonni stretti sempre di più, non potevano far altro che salire in superficie, dove erano arpionati.

Terrorizzati, si dibattevano, i loro colpi di coda potevano essere micidiali. Erano necessari 8 uomini per issare i grossi pesci. Da qui poi arrivavano allo stabilimento, dove venivano lavorati. Nella rete spesso rimanevano anche squali, delfini e pesce spada.

Del tonno si dice che “non si butta via niente”, racconta, il rais di oggi di Marzamemi, che dopo le fasi della pesca, illustra quelle della lavorazione.

Sono 33 i tagli del Tonno Rosso, specialità la Bottarga e il Lattume (uova e sacca spermatica), la sua azienda che esporta in 54 paesi nel mondo, ha bisogno di una costante e continua relazione con chi cattura il pesce: “Per quanto riguarda il pesce, abbiamo un rapporto molto stretto con i pescatori di Marzamemi".

Fino a qualche anno fa eravamo proprietari di 12 pescherecci che pescavano a lampara: li abbiamo poi venduti proprio ai nostri marinai, l'ultimo nel 1994. Oggi continuiamo a comprare il pesce da loro, sapendo che pescano con quelle che furono le nostre barche e che sono i figli e i nipoti dei nostri "marinai".

L'azienda fu fondata dal bisnonno Paolo nel 1854. Il tonno all’inizio era conservato sotto sale, in barili di legno che veniva trasportato con dei carretti e venduto in tutta la Sicilia.

Spesso in cambio di denaro il pagamento avveniva con ortaggi e legumi, una specie di economia circolare. Poi fu ideato un macchinario che trasformò la conservazione dal sale in lattina, nel negozio è in bella mostra quest’antico prototipo.

Lo stagnino era parte integrante di questa innovazione, (a pieno regime ce ne furono ben 3), srotolava la latta e saldava alla fine il coperchio, che andava poi in pressione durante la pastorizzazione. "Quando arrivò mio padre, con l'energia elettrica, fu acquistata la prima macchina per chiudere le latte".

Seppur in maniera artigianale furono i primi a mettere nelle lattine il tonno, i Florio arrivarono dopo e avviarono a livello industriale la conservazione.

Abbiamo detto che il tonno più pregiato è quello rosso del Mediterraneo: è unico, versatile per diverse lavorazioni come per il salame, il prosciutto di tonno e il Garum.

Questo era un elisir, una salsina molto energetica adoperata dai Romani, (persino i gladiatori ne prendevano una piccola dose prima di combattere), afrodisiaca si basa sulla fermentazione dalle interiora del pesce.

"Abbiamo impiegato 5 anni per affinare la ricetta, lo produciamo con le carni più grasse del tonno e gli aromi: timo, finocchietto selvatico, rosmarino. Il prodotto è stagionato per 1 anno e mescolato ogni giorno a mano per almeno 1 ora, fino a quando diventa una crema. Si utilizza a gocce perché è molto saporito”.

L’origine del nome Garum deriva, forse, da un tipo di pesce greco il garon (γάρον) che fecero conoscere questa preparazione. Spesso viene associato alla famosa “Colatura di Alici” che ha all’interno altri piccoli pesci.

E’ particolare che assomiglia al Nước chấm vietnamita, elemento indispensabile di quella cucina. "Il fiore di Garum" chiamato Sanguinello, utilizza le interiora del tonno insieme a branchie, siero e sangue.

Ricordato da grandi autori latini come Plinio, Seneca e Petronio, Marziale parla del Garum nei suoi aforistici Epigrammi accostandolo all’alito di qualche ragazza con problemi d’igiene dentale. Certamente dall’odore particolare, sapendolo dosare, avvolge sensi e gusto, una squisitezza per chi considera il cibo non solo “una maniera per riempirsi la pancia”.

Dopo un intero pomeriggio trascorso a parlare di tonno e tonnare, passeggio a notte fonda sotto la magnifica luna alla Tonnara di Marzamemi, ormai chiusa e silenziosa.

Con un po' d’immaginazione, mi sembra di sentire ancora echi di voci e di frenetico lavoro, mentre i tonni, ignari e affamati, inseguono granchi e pesciolini, aprendo e chiudendo 'u mussu".
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