CULTURA
Archivi labirintici e tesori di inestimabile valore: i misteri della Catena di Palermo
L'enorme patrimonio dell'Archivio di Stato di Palermo si compone di circa 50 chilometri di scaffali per 150 complessi di documenti divisi tra le sedi della Catena e della Gancia
L'interno dell'archivio di Stato a Palermo (sede della Gancia)
Sono stati giustamente definiti ""miniere di storia": patrimoni che vanno assolutamente custoditi e tutelati. Tra i diversi archivi presenti a Palermo, oggi vorrei porre l'attenzione sull'Archivio di Stato di Palermo di via Vittorio Emanuele, la cui sede si trova nell'antico monastero dei Teatini di Santa Maria della Catena, accanto all'omonima e nota chiesa.
Arrivati in città agli inizi del Seicento, i Teatini ottennero un sussidio economico dal Senato e, pochi anni dopo, la concessione della chiesa da parte della Confraternita di Santa Maria della Catena.
Il convento subì dall'Ordine diverse trasformazioni per destinazioni d'uso, comprese quelle di noviziato fra il XVII e il XVIII sec. e di ospedale nel 1812, forte dell'aggiunta di un prolungamento edilizio che si estendeva in direzione dell'ospedale di San Bartolomeo.
E così, nel giorno 11 febbraio del 1814, l'Archivio generale fu istituito tramite un dispaccio reale. Poi la legge organica del primo agosto 1843 stabilì che il complesso diventasse sede del Grande Archivio e, per tale ragione, furono avviati degli interventi per rendere l'edificio adatto per l'uso conservativo dei documenti.
Verso la metà del Novecento, il convento fu staccato dalla chiesa, eliminandone purtroppo lo scalone monumentale.
Per l'adeguamento ad archivio, le opere necessarie si svolsero magistralmente fino al 2010, ma già dal 1826 esso conservava i documenti delle antiche magistrature del Regno di Sicilia.
E, con il suddetto decreto dell'agosto 1843, l'Archivio generale venne inserito nel tessuto dell'amministrazione archivistica siciliana (che dipendeva dal Ministero degli interni di Napoli) insieme alla Soprintendenza generale ed agli archivi provinciali.
La prima aveva giurisdizione su "tutti gli archivi e depositi delle carte di Sicilia", mentre i secondi dipendevano dagli Intendenti e conservavano i documenti amministrativi di ogni città capovalle.
Il Grande Archivio di Palermo custodiva invece la documentazione degli organi centrali del Regno di Sicilia ed aveva la funzione di archivio provinciale per gli uffici statali della provincia.
La documentazione qui raccolta è antica e di grande pregio, ma quella che desta più interesse è una carta del 1109 in arabo e greco della Contessa Adelasia.
Tramite questo scritto, il più antico documento cartaceo europeo sul quale ancora si notano i segni del sigillo in cera rossa, ella impartiva uno speciale mandato ai Vicecomiti, Gaiti ed altri ufficiali delle terre di Castrogiovanni (Enna).
Ossia di "non molestare ma anzi di porre sotto la loro protezione i monaci del Monastero di San Filippo di Demenna, sito nella valle di San Marco”.
Se ti incuriosisce la storia approfondiscila con questo articolo dedicato al manoscritto di Adelasia del Vasto: è il più antico d'Europa.
Un paio di curiosità: in una sala sono raccolti dei documenti a firma di donne nei quali si può riscontrare quante di esse fossero già all'epoca indipendenti ed emancipate.
Inoltre nel complesso è stata rinvenuta una stanza dalle pareti di ceramica che mostrano dei motivi proponenti un contesto bucolico, forse realizzati negli anni 70, le cui maioliche del pavimento sono comunque originali.
L'enorme patrimonio documentario dell'Archivio di Stato di Palermo, costituito da opere pregevolissime e molto antiche, si compone di circa 50 chilometri di scaffalature per 150 complessi di documenti suddivisi nelle due sedi della "Catena" e della "Gancia".
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