Santa Caterina apre la "cucina della priora": il venerdì tra degustazioni e video mapping
La minna di vergine
C’era l’arancina piccante di Pasquetta, ripiena di carne di tacchino e peperoncino, oppure il baccalà fritto condito in agrodolce per conservarlo meglio. Nei monasteri carne rossa se ne mangiava pochissima, già la Regola prescriveva una grande frugalità, in più si pensava che potesse “risvegliare” i sensi (cit. Montanari): quindi tante verdure per accompagnare agnello, pollo e tacchino, poco pesce.
Ma non è che nei conventi si mangiasse male, anzi, le monache si ingegnavano per far nascere piatti saporiti, spesso pescando dai ricettari delle famiglie d’origine (se erano di nascita aristocratica) o addirittura inviando piatti sulle tavole dei parenti, in occasione delle feste (se si trattava di famiglie meno abbienti).
Fatto sta che, al fianco delle ormai famosissime minne di Vergini, mustazzola, cannoli e Trionfo di Gola, sono stati recuperati anche alcuni dei piatti più abituali.
A partire da venerdì 10 giugno e fino al 26 agosto, queste prelibatezze si possono assaggiare in versione mignon ogni venerdì dalle 19.00 alle 22.00 al monastero di Santa Caterina d’Alessandria, protagonisti di un nuovo progetto che non mancherà di attirare palermitani e soprattutto turisti.
Tutto al fresco, lontani dalla folla anche se nel cuore del centro storico, seduti comodamente e informalmente ai tavolini nell’antico chiostro silenzioso, nel cuore del giardino segreto del monastero illuminato da tante piccole luci.
La serata si può completare nella chiesa con la visione di Exstasis, il videomapping in 4k di Odd Agency, spettacolo immersivo di proiezioni e simboli che ha già raggiunto il bel numero di 10mila spettatori in poche settimane di vita. Per La cucina della priora sono previste diverse formule di coupon, con e senza lo spettacolo.
Tutto nasce da quella infaticabile "scopritrice di ricette" che è Maria Oliveri che ha già racchiuso dosi e racconti in un libro dedicato ai dolci nei conventi.
Ma scartabellando vecchi volumi, chiedendo ai pronipoti delle monache, indagando nei cassetti, spesso ha trovato anche ricette centenarie per piatti salati, gli stessi che le monache preparavano per la loro tavola o per inviarli alle famiglie d’origine in occasione delle feste comandate.
«Spesso preparavano piatti particolari per la loro “monacazione” – racconta Maria Oliveri che ha lavorato al fianco di uno chef per adeguare i sapori ai gusti attuali, cercando di restare il più possibile fedeli agli originali - e sono questi che noi stiamo ricostruendo, anche se spesso mancano le dosi».
Le monache erano gelosissime delle ricette e difficilmente le trascrivevano: qualche riferimento è stato ritrovato al Santissimo Salvatore, si scopre appunto che le monache mangiavano poca carne rossa («che in Sicilia fino ai primi del Novecento non è mai stata buona – spiega la Oliveri – si macellavano bestie troppo vecchie, la carne era dura e stopposa»), seguivano la Regola che prescriveva verdure e pesce, usavano moltissime spezie, anche per conservare meglio le pietanze.
Ma non è che nei conventi si mangiasse male, anzi, le monache si ingegnavano per far nascere piatti saporiti, spesso pescando dai ricettari delle famiglie d’origine (se erano di nascita aristocratica) o addirittura inviando piatti sulle tavole dei parenti, in occasione delle feste (se si trattava di famiglie meno abbienti).
Fatto sta che, al fianco delle ormai famosissime minne di Vergini, mustazzola, cannoli e Trionfo di Gola, sono stati recuperati anche alcuni dei piatti più abituali.
A partire da venerdì 10 giugno e fino al 26 agosto, queste prelibatezze si possono assaggiare in versione mignon ogni venerdì dalle 19.00 alle 22.00 al monastero di Santa Caterina d’Alessandria, protagonisti di un nuovo progetto che non mancherà di attirare palermitani e soprattutto turisti.
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"La cucina della priora" è una degustazione delicata e deliziosa, diversi “assaggi” - l’arancina piccante di Pasquetta, il baccalà fritto, i peperoni a sfincione con pomodoro, pangrattato, uva passa e pinoli (sapori della cucina ebraica che era riuscita a traghettare ricette del mondo islamico) e le polpette dolci fritte, quasi gattopardesche, che arrivavano dritte dritte dalla cucina dei Monsù: carne, formaggio e cannella, ricoperte da mandorle e cioccolata, roba da far “resuscitare i morti” – con un calice di vino siciliano o una birra della vicina abbazia di San Martino delle Scale.Tutto al fresco, lontani dalla folla anche se nel cuore del centro storico, seduti comodamente e informalmente ai tavolini nell’antico chiostro silenzioso, nel cuore del giardino segreto del monastero illuminato da tante piccole luci.
La serata si può completare nella chiesa con la visione di Exstasis, il videomapping in 4k di Odd Agency, spettacolo immersivo di proiezioni e simboli che ha già raggiunto il bel numero di 10mila spettatori in poche settimane di vita. Per La cucina della priora sono previste diverse formule di coupon, con e senza lo spettacolo.
Tutto nasce da quella infaticabile "scopritrice di ricette" che è Maria Oliveri che ha già racchiuso dosi e racconti in un libro dedicato ai dolci nei conventi.
Ma scartabellando vecchi volumi, chiedendo ai pronipoti delle monache, indagando nei cassetti, spesso ha trovato anche ricette centenarie per piatti salati, gli stessi che le monache preparavano per la loro tavola o per inviarli alle famiglie d’origine in occasione delle feste comandate.
«Spesso preparavano piatti particolari per la loro “monacazione” – racconta Maria Oliveri che ha lavorato al fianco di uno chef per adeguare i sapori ai gusti attuali, cercando di restare il più possibile fedeli agli originali - e sono questi che noi stiamo ricostruendo, anche se spesso mancano le dosi».
Le monache erano gelosissime delle ricette e difficilmente le trascrivevano: qualche riferimento è stato ritrovato al Santissimo Salvatore, si scopre appunto che le monache mangiavano poca carne rossa («che in Sicilia fino ai primi del Novecento non è mai stata buona – spiega la Oliveri – si macellavano bestie troppo vecchie, la carne era dura e stopposa»), seguivano la Regola che prescriveva verdure e pesce, usavano moltissime spezie, anche per conservare meglio le pietanze.
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